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Chi era Andreas Brehme: dallo Scudetto dei record al Mondiale vinto segnando in finale

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Aveva un mancino fatato, con il quale sapeva effettuare cross al bacio per gli attaccanti, andare alla conclusione personale o battere con straordinaria efficacia i calci da fermo, sia che si trattasse di rigori, sia che si trattasse di punizioni o calci d'angolo, ma era in realtà ambidestro, e sapeva dunque farsi valere con efficacia anche con l'altro piede, oltre che giocare all'occorrenza da mediano. Alla duttilità tattica univa senso della posizione e una buona abilità nell'anticipo dell'avversario.

Andreas Brehme, scomparso nella notte tra lunedì 19 e martedì 20 febbraio 2024, è stato senza dubbio uno dei migliori terzini sinistri a cavallo fra gli anni Ottanta e gli anni Novanta del secolo scorso, e nella sua carriera, ovunque abbia giocato, ha quasi sempre inciso sulle squadre che di volta in volta ha rappresentato, segnando un'epoca del calcio tedesco. 

LA GAVETTA

Andreas Brehme nasce ad Amburgo, nel Nord dell'allora Germania Ovest, il 9 novembre 1960. Si innamora precocissimo del calcio, incentivato dal padre Bernd, ex calciatore dilettante, con cui condivide la medesima passione. A 5 anni entra nel Settore Giovanile del Barmbek-Uhlenhorst, squadra del quartiere dove è nato, e che milita in quel momento nella Serie B della Repubblica Federale.

Al suo fianco c'è sempre papà Bernd, che guida la Prima squadra, gli dà tanti consigli e lo sottopone a duri allenamenti per potenziarne le doti calcistiche. Quando giocava era soprannominato 'Eisenfuss', letteralmente 'Piede di ferro', dal giorno in cui aveva tolto il gesso al piede sinistro fratturato e lo ha sostituito con una fasciatura per poter giocare e beffare in quella gara, con un tiro da cinquanta metri, il portiere avversario. Salvo doversi nuovamente ingessare.

"Mio padre mi insegnò a calciare con entrambi i piedi. - rivelerà - Punizioni e cross, non a caso le mie specialità. Quando poi entrai a far parte del Barmbeck, passavo delle ore con i due portieri". 

Andy si allena quotidianamente a controllare la palla di destro, sinistro e col petto, nonché con la palla medica. Grazie all'abilità con entrambi i piedi, in fase di non possesso riesce spesso ad anticipare chi ha davanti, in quella propositiva diventa imprevedibile.  

A 15 anni inizia ad allenarsi con la Prima squadra e, non avendo proseguito gli studi, oltre a giocare a calcio fa l'apprendista meccanico, perché non si sa mai. 

"Mi è stato insegnato a programmare la mia vita su basi realistiche. - spiegherà - A sedici anni ho capito che avrei fatto il calciatore professionista. Appena potevo, scappavo e andavo a vedere gli allenamenti dell’Amburgo (che giocava ad alti livelli in Bundesliga, ndr). Mattina e pomeriggio, che invidia per quella gente che poteva dedicarsi completamente al calcio". 

Andy è inesauribile: nel fine settimana gioca due partite in un solo giorno, con i pari età degli Allievi e con la Juniores. Scherza spesso con i suoi compagni, ma c'è poco tempo per i divertimenti. La sera va sempre a letto presto.

Grazie ai duri allenamenti con papà, inizia a segnare da calcio di punizione e da calcio d'angolo. Nonostante l'allenatore sia suo padre, non riceve trattamenti di favore. Sono gli altri componenti della Prima squadra a supplicare il mister di dargli fiducia.

È la stagione 1978/79 e Brehme debutta in Oberliga-Nord, corrispondente alla Serie C italiana, a 17 anni. Sogna di giocare con l'Amburgo e riesce a fare un provino, staccandosi dal suo lavoro.

"La mia fortuna fu di avere per datore di lavoro un tifoso sfegatato dell’Amburgo. - racconta - Quando gli dissi del provino, mi lasciò andare: potevo tornare in officina in qualsiasi momento".

Brehme nel provino dà spettacolo, rifilando due tunnel ad Hartwig e rimettendoci 4 denti perché quest'ultimo reagisce tirandogli una gomitata. Tutto sotto gli occhi del General manager Gunter Netzer, che probabilmente lo giudica frettolosamente come un presuntuoso. Per rimettere i denti a suo figlio papà Bernd deve spendere 800 marchi dal dentista, mentre dall'Amburgo tarda ad arrivare una risposta. 

Ottiene le scuse ufficiali, grazie all'intercessione di Magath e Kaltz, amici di suo padre, ma per il responso sul provino bisogna attendere 6 settimane: niente Prima squadra, se vuole può giocare con la Seconda squadra in Terza divisione. Prevale l'orgoglio e Brehme se ne va sbattendo la porta: "Tanto vale continuare a giocare con il Barmbek".

Così farà per due stagioni, disimpegnandosi inizialmente nel ruolo di libero. Le sue prestazioni in Terza Divisione sono così importanti da guadagnarsi l'appellativo di 'Beckenbauer di Uhlenhorst'.

Andreas Brehme Germany 25061986Getty Images

STELLA IN GERMANIA

Grazie all'amicizia fra suo padre e Magath, nel 1980 Brehme si trasferisce al Saarbrücken, nella Serie B tedesca. È utilizzato da mediano o da terzino destro e disputa una grande stagione, in cui colleziona 36 presenze e 3 goal ed entra a far parte della Germania Ovest Under 21.

Ma nonostante le belle prestazioni di Andy, il Saarbrücken retrocede in Serie C. Il club prova però a convincerlo a restare e gli offre una Porsche con un radiotelefono. Ecco che allora interviene papà Bernd:

"Se rimani in Terza divisione per una Porsche, - dice a suo figlio - vieni meno ai miei principi".

Non se ne farà nulla. Nel 1991 passa al Kaiserslautern per circa 65 mila euro attuali (127 mila marchi tedeschi) ed è amore a prima vista. Andy è impiegato prevalentemente da terzino e il suo rendimento è su livelli altissimi. Nei Diavoli Rossi compone con l'amico Hans-Peter Briegel un tandem di grande affidabilità. Il Kaiserslautern si piazza rispettivamente 4° e 6° nelle stagioni 1981/82 e 1982/83 e in Europa arriva in semifinale di Coppa UEFA il primo anno dopo aver eliminato il Real Madrid e ai quarti il secondo dopo aver estromesso il Napoli ai sedicesimi.

Il tecnico Karl-Heinz Feldkamp e Briegel lasciano la squadra, che non riesce più a piazzarsi nelle prime posizioni, ma Brehme è sempre grande protagonista in Bundesliga, e vive nel 1984/85 la sua stagione d'oro con 33 presenze e ben 11 goal.

Nel 1986, dopo i Mondiali in Messico, sfumata ancora una volta la possibilità di approdare all'Amburgo, Brehme si trasferisce al Bayern Monaco. Con Udo Latteck in panchina nel 1986/87 conquista il primo trofeo della sua carriera, la Bundesliga. In campo e fuori lega molto con Lothar Matthäus, astro nascente del calcio tedesco e leader di quella squadra.

Brehme è un vero jolly dei bavaresi, ma il continuo cambio di ruolo fra la fascia e il centrocampo, nella stagione 1987/88, sotto la gestione di Jupp Heynckes, non lo aiuta ad esprimersi al meglio. Pur conquistando con la sua squadra la prima edizione della Supercoppa di Germania, il giocatore di Amburgo è così scontento e non lo nasconde.

"Una settimana mi faceva giocare terzino sinistro, - dichiarerà - la settimana dopo centrocampista sulla destra. Certe volte ho avuto perfino timore di essermi dimenticato tutto quello che avevo imparato. 'Sei l’unico che può farlo', mi diceva. Ma io mi sento un terzino e resterò sempre un terzino".

Inoltre dall'Italia il suo amico Briegel gli aveva consigliato di trasferirsi in Serie A. La goccia che fa traboccare il vaso è la sconfitta in finale di Coppa dei Campioni contro il Porto, nella quale Andy gioca con un inedito numero 11 sulle spalle ed è additato dal tecnico come uno dei responsabili della debacle.

Troppo anche per lui, che dopo le vacanze in Italia assieme alla moglie Pilar, in dolce attesa, sarà acquistato dall'Inter. 

Andreas Brehme Lothar Matthaus Giovanni Trapattoni Inter Serie A 1988/89Internet

L'APPRODO ALL'INTER E LO SCUDETTO DEI RECORD

Il presidente nerazzurro Ernesto Pellegrini lo prende a prezzo scontato dopo che l'amico Matthäus ne caldeggia l'arrivo. Il club meneghino sborsa un miliardo e 800 milioni di Lire. In questo modo accontenta anche Giovanni Trapattoni, che vuole costruire una nuova Inter 'alla tedesca'.

"Lothar convinse in breve tempo la dirigenza nerazzurra affinché ingaggiassero anche me. - ha dichiarato a 'Mondo Sportivo' in un'intervista di agosto 2020 rilasciata al giornalista Fabio Ornano - Bastò una sua telefonata e mi misi subito dopo a preparare la mia valigia".

Per calarsi subito nella nuova realtà, Andy si presenta in ritiro addirittura in anticipo. I giornalisti italiani quasi lo snobbano, dedicando le prime pagine al suo amico Lothar. Lui non ci bada, lavora duro in estate e quando inizia la stagione ufficiale a fine agosto con i gironi di Coppa Italia, è già pronto.

Inizialmente il Trap pensa a Giuseppe Baresi, diventato capitano dopo la cessione di Altobelli, come terzino sinistro, con Brehme in mediana, Matthäus mezzala sinistra e Matteoli rincalzo di Lothar. Quando quest'ultimo però raggiunge la miglior forma, però, ha una grande intuizione: fuori Baresi, Brehme a sinistra libero di spingere, crossare per le punte e in particolare per la torre Serena, e di concludere a rete, e Matteoli regista basso.

La svolta arriva nella 2ª giornata di campionato, il 16 ottobre. I nerazzurri sono sotto 1-0 in casa contro il Pisa di Bolchi, e dopo l'intervallo Trapattoni rompe gli indugi e manda in campo proprio il centrocampista sardo al posto di Baresi, spostando Brehme nel suo ruolo congeniale di laterale mancino. La partita finisce 4-1 in rimonta per i nerazzurri, con il tedesco che sigla con un terrificante destro al volo da fuori area la rete dell'1-1.

"È chiaro che posso giocare dovunque, - dichiara l'ex Bayern - ma quando posso marcare e partire da lontano mi sento veramente forte. Trapattoni mi ha detto che mi farà giocare sulla fascia sinistra".

Dalla giornata seguente, Brehme giocherà sempre sulla corsia mancina. Nasce così l'Inter dei record, che frantuma ogni primato nei campionati a 18 squadre e a fine stagione vince meritatamente uno storico Scudetto, il 13° nella storia del club milanese. Brehme è protagonista con 31 presenze, 3 goal e tanti assist e cross, e diventa il miglior terzino sinistro di quel campionato.

Serve anche l'assist a Serena nella partita della vendetta di Monaco di Baviera in Coppa UEFA contro il Bayern, ma la sua uscita dal campo per infortunio nella gara di ritorno a Milano coinciderà con l'eliminazione dal torneo dei nerazzurri. La stagione 1998/89 è senza dubbio la più bella della carriera, e coincide anche con la nascita di suo figlio Ricardo.

Andy resta a Milano fino al 1992. Nella seconda stagione, caratterizzata dall'arrivo in nerazzurro del terzo tedesco, Jurgen Klinsmann, mantiene un rendimento molto elevato e vince la Supercoppa Italiana. Il terzo anno infine, l'ultimo con Trapattoni in panchina, solleva al cielo la Coppa UEFA superando la Roma nella doppia finale. Particolarmente travagliata è invece l'ultima stagione, il 1991/92, segnata dal flop in panchina di Corrado Orrico. 

Dopo 155 presenze complessive e 12 goal, Andy, assieme al suo amico Lothar, lascerà il club milanese che li aveva visti grandi protagonisti.

Matthaeus Brehme InterGetty

CAMPIONE DEL MONDO CON LA GERMANIA OVEST

Oltre che a livello di club, la carriera di Andreas Brehme è ricca di soddisfazioni anche in Nazionale. Dopo aver militato nell'Under 21 della Germania ai tempi del Saarbrücken, Andy partecipa alle Olimpiadi americane del 1984 con la Germania Ovest, che viene eliminata ai quarti di finale dalla Jugoslavia.

Nello stesso anno è convocato in Nazionale maggiore e partecipa agli Europei del 1984. Gioca ad alti livelli, e nonostante la precoce eliminazione dei tedeschi occidentali nel girone, Brehme è inserito nella top 11 del torneo. 

Ma l'anno del palcoscenico internazionale è il 1986, con il giocatore di Amburgo protagonista nei Mondiali messicani. Brehme gioca a centrocampo e segna un goal pesante alla Francia in semifinale, ma la Germania Ovest perde 3-2 la finalissima contro l'Argentina di Maradona. È in squadra anche negli Europei del 1988 che si giocano proprio in Germania Ovest (va in goal contro l'Italia di Vicini)

Ma similmente a quanto accade nell'Inter, la svolta di Brehme in Nazionale arriva quando il Ct. Franz Beckenbauer decide di utilizzarlo come terzino sinistro. È in quel ruolo che Brehme diventa uno dei pilastri della squadra che ai Mondiali di Italia '90 si rivela uno schiacciasassi.

Il 24 giugno, nel suo stadio, il Meazza di Milano, si prende la scena, battendo il portiere dell'Olanda Van Breukelen con un destro a giro chirurgico che si infila nell'angolino più lontano. È la rete della sicurezza per i teutonici, che nel finale subiscono il goal del 2-1 di Ronald Koeman su rigore e avanzano nel torneo.

La Germania Ovest elimina anche Cecoslovacchia e Inghilterra in semifinale, conquistandosi ai rigori il diritto di giocarsi il titolo contro l'Argentina di Maradona campione uscente, in un remake della finalissima di 4 anni prima. Rispetto alla finale dell'Azteca, quella di Roma è però molto diversa. Una gara molto tattica e noiosa, povera di grandi emozioni. A 6 minuti dalla fine accade però l'episodio che decide il match: l'arbitro concede un rigore ai tedeschi per un contatto fra Sensini e Völler nell'area argentina.

Andreas Brehme West Germany Sergio Goycochea ArgentinaGetty

Tutti si aspettano che calci capitan Matthäus, ma Lothar lascia l'onore e l'onere di decidere i Mondiali al suo amico Andy.

"Prendi il pallone e vai a vincere questo Mondiale", gli dice il numero 10, che ha dovuto cambiare la scarpa destra nel primo tempo perché gli si è rotta e non si fida a calciare con la nuova.

Mentre gli argentini protestano in modo vibrante, nella sua testa Brehme vive momenti molto delicati. Di fronte ha Sergio Goycochea, il 'killer' dell'Italia di Vicini in semifinale.

"Se ho avuto paura? La paura è un sentimento che non mi appartiene. Almeno in campo. - assicura il tedesco ricordando quella situazione - Quando pensi troppo è sempre difficile. E poi Goycochea ne aveva parati tanti. Ma io non ci ho pensato. Mantenere la calma… Concentrarsi sul colpo…".

Brehme è in grado di battere con entrambi i piedi, e questo può rappresentare un problema in più per il portiere avversario.

“Ma i rigori li ho sempre calciati di destro. - sottolinea - Eppure con il Messico nel 1986 avevo calciato con il sinistro. Battere i rigori è un’arte. Sembra facile, ma quando vai sul dischetto la porta diventa piccola piccola. La mia forza è la freddezza”.

Quando l'arbitro, calmati gli animi in campo, fischia, tutta la Germania trattiene il respiro. Brehme calcia con il destro e la mette angolatissima sulla destra di Goycoechea. Il portiere argentino, che fino a quel momento si è preso il palcoscenico dei Mondiali, intuisce ma non può arrivarci. È goal. L'Argentina non riesce a pareggiare, e al fischio finale la Germania Ovest è campione del Mondo grazie alla freddezza di Andy dal dischetto. Il terzino è inserito nella Top11 dei Mondiali e a fine anno si piazza 3° nella classifica del Pallone d'Oro.

"La vittoria della Coppa del Mondo rappresenta ancora oggi, dentro di me, il momento più bello della mia carriera da calciatore. - assicura Brehme - Nel luglio 2020 abbiamo organizzato un paio di eventi celebrativi in Germania, per ricordare insieme quel trionfo. Uno di questi si è tenuto sulla terrazza della mia casa".

Vinti i Mondiali, che lo consegnano alla leggenda, Brehme gioca un'ultima amichevole con la maglia di quella che è denominata Germania Ovest, più 28 presenze e un goal con la Germania unita, per complessive 86 partite e 8 goal. Nel 1992 partecipa al terzo Europeo della sua carriera (2° posto dietro la rivelazione Danimarca), e nel 1994 ai suoi terzi e ultimi Mondiali negli Stati Uniti, che vedono i tedeschi eliminati ai quarti. 

GLI ULTIMI ANNI, IL POST CARRIERA E I GUAI

Nel 1992, dopo una stagione travagliata, culminata con le dimissioni di Corrado Orrico e l'affidamento della Prima squadra a Luis Suarez, nonché con un deludente 8° posto finale in classifica e la mancata qualificazione alle Coppe europee, Brehme e Matthäus lasciano la Milano nerazzurra. 

Andy tenta la fortuna in Spagna con il Real Saragozza, ma in Aragona vive un anno negativo (24 presenze e un goal), che fa pensare a un imminente ritiro. Invece la carriera gli riserverà una seconda giovinezza: il terzino sinistro segue il cuore e torna nel suo Kaiserslautern, dove resta addirittura per altri 5 anni e ritrova un rendimento molto elevato.

La squadra retrocede in Serie B nel 1995/96, ma Brehme, con la fascia da capitano al braccio, la riporta in Bundesliga assieme ai suoi compagni nella stagione successiva e nel 1997/98 corona una carriera straordinaria vincendo di nuovo il massimo campionato tedesco a, distanza di 11 anni dalla prima volta, con i Diavoli Rossi.

Al termine di quel campionato, nel quale è sceso in campo appena 5 volte (più una in Coppa di Germania) all'età di 37 anni, si ritira ufficialmente dal calcio giocato. L'avventura al Kaiserslautern termina con 319 presenze e 53 goal complessivi in 10 anni di militanza. 

"Lo conosco da 20 anni e ancora non so se è destro o mancino", ha detto parlando di lui Beckenbauer. 

"È stato il miglior calciatore con cui ho giocato", lo incensa l'amico Matthäus.

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Appesi gli scarpini al chiodo, guida il Kaiserslautern dal 2000 al 2002, quindi l'Unterhaching dal 2002 al 2004. È infine vice di Trapattoni allo Stoccarda nella stagione 2005/06, poi sparisce totalmente dai radar. E per l'ex Inter iniziano i guai.

Prima un'indagine per guida in stato di ebbrezza si risolve in un nulla di fatto, poi il suo matrimonio con Pilar va in frantumi e nel 2010 la coppia divorzia. Andy deve pagare gli alimenti all'ex moglie e iniziano per lui anche i problemi economici. Non si conoscono esattamente le dinamiche, ma nel giro di pochi anni il suo patrimonio è praticamente azzerato, deve ipotecare la casa di Montecarlo e ha contratto debiti per oltre 200 mila euro.

Partecipa allora a un reality televisivo nel tentativo di guadagnare qualche soldo. Avrebbe bisogno di aiuto ma non ha il coraggio di chiederlo. Per lui lo fa allora Franz Beckenbauer, che invita ufficialmente la DFB a dargli una mano.

"Dobbiamo aiutare Brehme, abbiamo il dovere di restituirgli qualcosa di ciò che ha dato al calcio tedesco".

Il baratro della vita è a un passo. C'è persino un ex compagno di squadra, Oliver Straube, che provocatoriamente gli offre un posto nella sua ditta come addetto alla pulizia dei bagni.

Andy resiste, prende tempo. E a offrirgli un'ancora di salvataggio è quel Bayern Monaco con cui, da calciatore, non aveva avuto un grande rapporto. Grazie al presidente onorario Beckenbauer, cui aveva regalato la gioia del titolo Mondiale, è assunto come osservatore del club bavarese. Svolge questo ruolo per alcuni anni, nei quali può ripagare tutti i suoi debiti.

Negli ultimi anni il peggio era finalmente scivolato alle spalle. L'eroe della Germania a Italia '90, che ogni tanto era tornato in campo con le leggende del Bayern e quelle dell'Inter. Con i colori nerazzurri sempre nel suo cuore:

"Mi sono innamorato dell'Italia, quell'Inter era una squadra fantastica".

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