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Carmelo Imbriani e la tragica fine a 37 anni: "Ho lasciato qualcosa come uomo, la mia vittoria più grande"

"Il calcio finisce, la vita resta. Ho lasciato qualcosa come uomo e questa è la mia vittoria più grande".

Per capire davvero la storia di Carmelo Imbriani e come la sua vita - ancor più del ricordo del pur bravo calciatore - abbia lasciato una traccia profonda in quella di molte altre persone, bisogna partire dalla fine. Anzi, dal presente, visto che una fine in questa storia non c'è. C'è invece tanta vita che scorre ancora oggi.

E c'è un uomo di poco più di 41 anni che gira il mondo con pochi euro in tasca e una missione negli occhi. A guardarli bene, con la loro mitezza, quegli occhi hanno qualcosa di familiare: sono quelli di Gianpaolo Imbriani, il fratello di Carmelo. Dopo la sua morte, avvenuta il 15 febbraio di undici anni fa, ha creato un'iniziativa che non ha mai smesso di alimentare col fuoco di un amore che non è solo fraterno, ma anche per la vita. Lo scopo è raccontare chi è stato Carmelo Imbriani e al contempo realizzare iniziative di solidarietà, ovunque. 

Si chiama "Imbriani non mollare", come la scritta sulle magliette che furono mostrate su tanti campi italiani il 10 febbraio del 2013, giorno del compleanno di Carmelo, quando le notizie sulle sue condizioni si erano fatte drammatiche.

"Il mio primo obiettivo è far conoscere la storia di mio fratello. Ma sono convinto che un giorno riuscirò anche nel realizzare il sogno: avere cinque campi intitolati a Carmelo, uno in ogni continente - raccontava Gianpaolo l'anno scorso da Manhattan al 'Corriere dello Sport', dopo aver girato 111 Paesi e percorso 300mila chilometri in autostop - Un mese dopo la sua morte pensai che il mio compito doveva essere quello di viaggiare per raccontare a tutti la storia di un uomo buono, un ragazzo adorabile. Uso una app per trovare alloggio gratis, in sette anni ho pagato solo per cinque notti. Un giorno riuscirò a raccogliere soldi a sufficienza per creare un campo anche qui".

La storia di Imbriani inizia a Ceppaloni, piccolo comune in provincia di Benevento, dove Carmelo nasce il 10 febbraio 1976. Cresce calcisticamente nelle giovanili del Napoli, bruciando le tappe fino all'esordio in Serie A avvenuto a 18 anni appena compiuti il 27 febbraio 1994: è il Napoli ormai declinante del post Maradona, Marcello Lippi lo manda in campo contro il Cagliari a una decina di minuti dalla fine. La prima partita da titolare è invece un anno dopo: nel maggio '95 Vujadin Boskov lo schiera a Brescia in tandem con Agostini, vittoria azzurra per 2-1 e primo goal di Imbriani nella massima serie.

Già, perchè Carmelo nasce attaccante, di quelli che una volta si dicevano generosi: molto lavoro per la squadra, ma anche un paio di goal pesanti all'inizio della successiva stagione '95-'96, quando parte coi galloni da titolare a nemmeno 20 anni: segna all'Atalanta alla terza giornata, poi all'Inter alla quarta, facendo volare il Napoli al secondo posto in classifica. Boskov, diventato Direttore Tecnico del club, stravede per lui.

"Raccontavano che disse al presidente Ferlaino di non prendere Inzaghi dal Parma perché c'ero io - ricorderà poi Imbriani - I tifosi del Napoli erano meravigliosi, come quelli del Benevento. Arrivai al Centro Paradiso di Soccavo a 13 anni. Lasciai la famiglia e il mio paese per inseguire un sogno e l'ho realizzato".

Imbriani Napoli

Ragazzo serio che si porta nello zaino la profonda educazione ricevuta in famiglia, Imbriani è benvoluto da tutti, col suo sorriso timido e la voce pacata. L'attaccante campano sembra lanciatissimo verso una carriera di alto livello: viene anche convocato da Cesare Maldini in Nazionale Under 21, pur senza mai esordire. La stagione tuttavia finisce per il Napoli con un deludente decimo posto, preludio al crollo di due anni dopo che vedrà la squadra azzurra retrocedere in Serie B. Nell'estate 1996 Imbriani viene girato in prestito per due anni in Serie C, prima alla Pistoiese, poi al Casarano. Ritorno alla base per mezza stagione in B (una sola presenza), poi nel gennaio '99 la cessione definitiva dal Napoli al Genoa, sempre in cadetteria.

A 23 anni è il tramonto delle ambizioni di grande calcio e l'inizio di una solida carriera che si snoderà tra Serie B e C, non più da attaccante. Perché nel semestre rossoblù Gigi Cagni lo trasforma in centrocampista esterno, intuendone la propensione alla corsa più che alla finalizzazione, e di lì in poi Imbriani giocherà sempre in questo ruolo, con le maglie di Cosenza, Salernitana, Foggia, Catanzaro e Benevento, casacca della sua città che indossa in tre archi temporali, assieme alla fascia di capitano quando ci torna per l'ultima volta nel 2006, dopo che il club sannita è fallito ripartendo con una nuova società dalla C2.

PS ImbrianiGoal

Col Benevento Imbriani prima centra la promozione in Serie C1, poi perde la finale dei playoff per salire in B. È il 2009, a 33 anni Carmelo appende le scarpette al chiodo ed entra subito nei quadri tecnici del club giallorosso, diventando allenatore degli Allievi Nazionali. Due anni dopo, nel novembre 2011, subentra in corsa a Gianni Simonelli sulla panchina della prima squadra, venendo confermato anche per la stagione successiva, in Lega Pro.

Siamo nell'estate del 2012, Imbriani ha 36 anni ma qualcosa in lui non va. Durante il ritiro estivo è costretto ad abbandonare la guida della squadra per motivi di salute e l'11 ottobre racconta in una drammatica intervista a 'Il Mattino' cosa gli sta succedendo: è un tumore, "un duro avversario, un brutto animale".

"Durante il ritiro precampionato avevo febbre, dolori in più parti del corpo. Soffrivo e cercavo di non farlo capire ai giocatori. Il 20 agosto sulla Sila a mille metri d'altitudine c'erano pioggia e freddo. Tornato in albergo, misurai la febbre: 40. Ne parlai con i dirigenti del Benevento e mi ricoverai in ospedale. Broncopolmonite, dissero. Ma c'erano forti dubbi. I medici di Benevento mi indicarono l'ospedale di Perugia per ulteriori accertamenti. Le analisi, poi la diagnosi. Quella. Hanno tolto un linfoma maligno all'adduttore e ho cominciato le sedute di chemioterapia. Sono alla terza. Va meglio. Questa è una battaglia dura che può essere vinta, segnerò un goal anche al destino. Forse la mia storia aiuterà altre persone che soffrono. Io sono stato fortunato, diciamo così, perché la diagnosi è stata fatta in tempo".

Quel giorno Imbriani è ancora fiducioso che la partita decisiva della sua vita possa essere vinta.

"I primi giorni sono stati tremendi. Non me l'aspettavo e facevo tanti pensieri: non avrei voluto farmi vedere senza capelli, così secco... Poi ho capito che non devi essere ossessionato e non devi vergognarti per una malattia, ma affrontarla con determinazione. Mi sono fatto forza pensando alle mie donne: Valeria, mia moglie, e Sofia, mia figlia, che ha due anni. E tra un mese nascerà Fernando: gli daremo il nome di mio padre. La prima chemio è stata una botta. Era importante farsi forza psicologicamente perché altrimenti affronti male la terapia. Me lo hanno detto altri ammalati e lo ripeto anche io: diamoci forza. La medicina ha fatto passi da gigante, c'è sempre la speranza. Bisogna crederci e non lasciarsi andare. Qualche giorno fa ho chiesto al medico di poter uscire e sono andato al campo per salutare la squadra e il mio collaboratore Martinez, che mi fa tre telefonate al giorno. Ho voluto rassicurare i ragazzi: mi curo, va meglio. Anche per loro è stata una mazzata. Siamo molto legati, abbiamo cominciato un bel lavoro quasi un anno fa. Non potrò tornare prestissimo, però tornerò. Ne sono certo".

Le parole di Imbriani generano grande commozione e il mondo del calcio si stringe intorno al ragazzo di Ceppaloni, con manifestazioni di solidarietà provenienti da ogni parte. Si muovono non solo ex compagni di squadra e colleghi, ma anche attori, cantanti e le curve di tutta Italia

Imbriani Banner San Paolo

"Il calore che sentivo da calciatore lo avverto anche adesso, da parte della gente e di ex compagni come Taglialatela e Pecchia. Pino mi ha telefonato tutti i giorni, chiamava anche quando mi sentivo a pezzi e non volevo parlare. Un grande uomo. Si dicono tante cose sul nostro mondo e sui rapporti tra i calciatori, però in questo momento i ragazzi mi danno forza".

Ma la battaglia col linfoma di Hodgkin - rivelatosi particolarmente aggressivo - diventa sempre più dura ed a dicembre la situazione peggiora improvvisamente. Nonostante il coraggio dimostrato e l'oceano di affetto che lo sostiene - con tantissime telefonate di persone comuni in ospedale - Carmelo Imbriani si spegne a Perugia all'alba del 15 febbraio 2013. Ha compiuto 37 anni cinque giorni prima. Al suo capezzale i genitori, il fratello e la moglie, che lo hanno assistito fino all'ultimo. "In tanti anni raramente mi era capitato di vedere delle persone così splendide profondamente unite, assistite da valori umani fortissimi", dice la caposala della clinica di Ematologia del nosocomio umbro.

Nei giorni precedenti c'erano stati la dedica di Hamsik dopo il goal segnato al Catania al San Paolo, il pensiero rivoltogli da Agazzi a nome di tutto il Cagliari dopo il pareggio col Milan, i messaggi di tanti colleghi e quelle maglie, "Imbriani non mollare", mostrate ovunque, a cominciare dal Napoli e dal suo tecnico Walter Mazzarri. Un soffio d'amore che scorre limpido nelle lacrime di Pino Tagliatela quando apprende la notizia.

"Piango un amico. L'ho visto crescere nel settore giovanile del Napoli. Era un ragazzo dai modi gentili e molto educato. La famiglia gli ha dato valori importanti. Carmelo, prima che calciatore, era soprattutto un grande uomo. Del Napoli abbiamo parlato per quattro ore anche a Capodanno, quando andai a trovarlo a Perugia dove era ricoverato. La maglia azzurra era sempre nel suo cuore. È  stato un buon calciatore, ma voglio ricordare soprattutto la persona. Mi è stato vicino in un momento difficile della mia carriera, quando ebbi problemi al ginocchio: mi accolse come un fratello a casa sua e non lo dimenticherò mai. Non aveva grilli per la testa. Sono devastato, il dolore è immenso. Se ne va una parte di me".

Mazzarri ha la voce rotta quando si presenta davanti alle telecamere: "Non trovo le parole per esprimere quello che provo. La morte di Imbriani mi ha colpito molto, era un ragazzo eccezionale. L'ho conosciuto per un periodo quando ero il vice di Ulivieri. Sono vicino alla moglie, ai suoi bambini e all'intera famiglia". Non meno toccanti le parole del tecnico della Juve Antonio Conte ("Perdo un amico") e del capitano della Roma Francesco Totti ("Carmelo ha lottato con grande dignità").

Il giorno dopo, il feretro di Imbriani è portato sotto la Curva Sud dello stadio Vigorito a Benevento, dove migliaia di tifosi gli dicono addio. "Carmelo vive", "C'è solo un capitano", cantano commossi. Sulla bara due sciarpe, quella giallorossa del Benevento e quella azzurra del Napoli, i club della sua vita.

Otto anni dopo, nel 2021, Gianpaolo Imbriani è momentaneamente costretto ad interrompere il suo giro del mondo a causa della pandemia, ma sa già cosa farà in futuro.

"Appena sarà possibile riprenderò sicuramente a viaggiare - spiega a 'Anteprima24' - Il mio obiettivo è quello di veder costruiti 5 campi da calcio nel nome di Carmelo in tutti e 5 continenti. Dopo quelli di Benevento e quello in Africa, ora vorrei riuscire a terminare un progetto proprio in Argentina. Ho conosciuto i membri di un'associazione che aiuta i bambini poveri, e mi ha colpito la sua storia e l'impegno profuso dai membri nel sociale. Non ci fermeremo".

Carmelo in questi anni è sempre stato presente nelle coreografie e negli striscioni che i tifosi del Benevento gli hanno dedicato al Vigorito (del quale gli è stato intitolato l'antistadio) e proprio la vista di uno di questi ha ispirato l'argentino Adolfo Gaich, che ha deciso di cambiare il suo numero da 23 a 7 per omaggiare lo sfortunato giocatore sannita.

Benevento Fans Banner ImbrianiGetty Images

Imbriani davvero non si sbagliava quando tirava le somme della sua vicenda terrena: "Il calcio finisce, la vita resta e voglio sempre dare come uomo un ricordo importante. L'affetto mi è venuto da tutta Italia, il che vuole dire che ho lasciato qualcosa come uomo e questo è la mia vittoria più grande, la mia gioia più grande".

Sì, Carmelo vive.

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