Roy Makaay FC Bayern MünchenGetty

Un po' fantasma, un po' pistolero: Roy Makaay, il goleador che "vale cinque Beckham"

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Spesso i nomignoli sono il modo migliore per tracciare le caratteristiche un calciatore. Per capirci: è facile dedurre che uno che si fa chiamare el Pistolero ha un senso del goal decisamente superiore alla media. Oppure Das Phantom, il fantasma. Perché è un giocatore che magari si vede poco nello sviluppo del gioco e della partita, ma poi è lì, pronto a mettere in porta il pallone decisivo quando conta, comparendo all’improvviso come un fantasma. Nella sua gloriosa carriera, Roy Makaay è stato entrambe le cose. Pistolero in Spagna, dove ha trascinato il Deportivo la Coruna — e dove viene ricordato anche per essere il ‘sosia’ di Luis Suarez. Fantasma in Germania, dove ha vinto da protagonista assoluto con il Bayern Monaco. Paradossalmente, l’unico paese in cui non è riuscito a lasciare il segno è stata la sua Olanda, in termini di nazionale Oranje.

Nato nella provincia, si è fatto notare quando ha esordito al Vitesse, andando già in doppia cifra di reti nella sua prima stagione completa tra i professionisti, in Eredivisie. Un talento diverso, poco associativo, ma letale in zona goal con la palla tra i piedi, difficile da marcare per la sua capacità di segnare goal sempre differenti. Si è messo in luce come uno dei talenti più limpidi del calcio olandese, esordendo in nazionale a 21 anni con Guus Hiddink, sostituendo Jordi Cruyff in una partita di qualificazione mondiale contro il Galles. In precedenza deteneva il record di 15 goal in Under-21, polverizzato poi da Klaas-Jan Huntelaar una decina d’anni dopo. Per l’Olanda di certo era un periodo d’oro in termini di attaccanti, visto che la Nazionale poteva già contare su star del calibro di Dennis Bergkamp, Pierre van Hooijdonk o Patrick Kluivert, oltre ad un altra giovane promessa di quegli anni come Ruud van Nistelrooy.

Tutti talenti cresciuti, come Roy, col mito di Gullit e van Basten. Talmente tanto talento che Makaay è stato snobbato per il Mondiale del 1998, nonostante goal a raffica. Sia al Vitesse che al Tenerife, che aveva deciso di portarlo in Spagna. Su invito di Jupp Heynckes, che aveva mandato il suo assistente a visionare quell’attaccante che al Vitesse aveva fatto innamorare anche Louis van Gaal, allora tecnico dell’Ajax. Nel 1995 Makaay aveva rifiutato un trasferimento ai lancieri. Nel 1997 aveva scelto il Tenerife, ma proprio in quell’estate Heynckes ha accettato la corte del Real Madrid, con cui avrebbe poi vinto la Champions League.

Senza Herr Jupp, alle Canarie il classe 1975 non è mai riuscito a trovare quella continuità che lo distingueva al Vitesse, centrando anche una misera stagione da soli 7 goal, la peggiore della sua carriera. Conclusa con la retrocessione. Paradossalmente, per certi versi quell’annata storta si è rivelata una mezza fortuna. Perché gli ha permesso di andare al Deportivo La Coruna. Dove la sua carriera svolta definitivamente. Tripletta all’esordio, tanto per cominciare. Al primo anno, si è immediatamente laureato campione di Spagna, arrivando a segnare 22 goal, miglior cannoniere della squadra. Il club galiziano è stato in testa dalla 14ª giornata fino alla fine e i goal di Makaay, che nel frattempo era diventato per tutti il Pistolero, sono stati un contributo essenziale. L’olandese a 25 anni aveva trovato la sua dimensione. E si è fatto notare anche da Frank Rijkaard, che lo ha portato all’Europeo e gli ha concesso mezz’ora contro la Francia nel girone e contro l’allora Jugoslavia agli ottavi. Poco o nulla.

Roy Makaay DeportivoGetty Images

Per convincere il manager Oranje, che in lui non vedeva le caratteristiche giuste per adattarsi al concetto di ‘calcio totale’ olandese, doveva fare ancora meglio. Nel 2003, così, ha vinto il titolo di Pichichi della Liga segnando la bellezza di 29 goal. Uno score che gli è valso anche la conquista della Scarpa d’Oro. Più di van Nistelrooy, il suo connazionale e concorrente. Più di Vieri, di Ronaldo. E anche più del bomber del Bayern Monaco Giovane Elber. Del quale, in quella stessa estate, si è ritrovato a prendere il posto. Oltre 20 milioni di euro investiti dai bavaresi, battendo Chelsea e United. A 28 anni, la grande occasione della carriera. La maglia più importante a livello di club. Un pass sicuro, per l’Olanda. Uli Hoeneß nel giorno del suo acquisto ha scomodato paragoni importanti.

“Vale cinque volte Beckham, ha fatto 29 goal nel campionato più difficile del mondo”

Al Bayern lo conoscevano bene, visto che nella fase a gironi della Champions League 2002/03 aveva segnato una tripletta all’Olympiastadion di Monaco. Avevano provato sulla loro pelle cosa fosse il suo senso del goal. E lo ha dimostrato subito anche con la sua nuova maglia. Anche se, nonostante 23 goal nella prima stagione, il club bavarese ha dovuto cedere il passo al Werder Brema, che si è aggiudicato il Meisterschale proprio in casa del Bayern. La coppia con Claudio Pizarro si stava collaudando. L’anno successivo, finalmente, i titoli. La Bundesliga e anche la DFB-Pokal, con 34 goal stagionali complessivi di Makaay, nel frattempo già diventato Das Phantom. Con i 21 di Pizarro e i 20 di Ballack a completare il quadro. L’anno successivo, un altro double. Con qualche goal in meno (20) dell’olandese, ma lo stesso risultato finale.

Roy Makaay, Bayern - Ajax, 09282004Getty

Eppure, nonostante i goal, nonostante il numero 10 di una delle migliori squadre d’Europa, la nazionale continuava a snobbarlo. Aveva giocato l’Europeo, sempre da subentrato, sempre dietro a Ruud van Nistelrooy. Sempre dietro, mai in coppia. Si è tolto la soddisfazione di segnar un goal, l’unico in un grande torneo dei 6 realizzati in 43 presenze (soltanto 15 da titolare). Prima di essere definitivamente accantonato da Marco van Basten. L’ultima presenza in Oranje è stata il 17 agosto 2005, guardacaso proprio contro la Germania dei suoi compagni Kahn, Deisler, Ballack e Schweinsteiger. Il suo ciclo a Monaco termina nel 2007, quando la squadra è stata ristrutturata con gli arrivi di Luca Toni, Miroslav Klose e Ribéry.

Prima di andarsene, ha trovato il modo di scrivere la storia il 7 marzo 2007, segnando il goal più veloce nella storia della Champions League nell’ottavo di ritorno contro il Real Madrid. I Blancos avevano battuto il calcio d’inizio, ma Roberto Carlos aveva controllato male il retropassaggio. Salihamidzic gli ha rubato palla, poi ha servito Makaay che dopo 10 secondi e 12 centesimi ha depositato alle spalle di Iker Casillas. Un goal decisivo per permettere al Bayern di ribaltare il 3-2 subito al Bernabéu e ottenere la qualificazione.

Un ultimo lampo. Il suo tempo, però, era finito. Makaay è tornato in Olanda, al Feyenoord, per la coda della sua carriera. Ha vinto una coppa d’Olanda al primo anno da capocannoniere, ha raggiunto i 20 goal complessivi per altre due stagioni, prima di decidere di ritirarsi nel 2010. Ha salutato facendo ciò che gli riesce meglio: goal. Tripletta nel suo ultimo match. E pazienza se non tutti, soprattutto in Olanda, lo hanno apprezzato per questo. La sua eredità oggi, oltre che nei numeri (300 goal in carriera) e nella divisa delle leggende del Bayern che indossa in occasione di eventi ufficiali del club o nelle amichevoli, si traduce nei talenti che ha cresciuto al Feyenoord nell’ultimo decennio, da allenatore delle giovanili e in alcuni casi da vice della prima squadra. Il modo di lasciare il segno.

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