Gai AssulinGetty Images

"Il talento più forte della Masia", dal Barcellona alla Serie D: Gai Assulin, l'ennesimo "nuovo Messi"

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Al Reyno de Leon c’è il tutto esaurito quando, alla fine dell’ottobre del 2009, arriva una delle squadre più forti non solo del mondo, ma della storia del calcio: perché questo era, in quel periodo, il Barcellona di Pep Guardiola. Pura espressione del “bello” in uno degli sport più seguiti nel pianeta, resa pratica dai titoli vinti, che di lì a qualche settimana arriveranno a essere sei in un’intera stagione. Praticamente tutti quelli messi a disposizione dei blaugrana.

Contro il Cultural Leonesa, nella sfida d’andata del quarto turno di Copa del Rey, com’è prevedibile non ci sono tutti i protagonisti di quella formazione: non c’è Lionel Messi, ad esempio, ma mancano anche Xavi e Iniesta. Qualcuno, però, è in campo: Sergio Busquets è tra questi, Yaya Touré e Seydou Keita pure. Nel tridente ci sono Pedro e Bojan Krkic: l’attrazione principale, comunque, rimangono Pep Guardiola e la sua filosofia calcistica.

Se c’è un aspetto tra tutti che quella squadra ha saputo trasmettere senza filtri è stato senza alcun dubbio quello relativo alla produzione e alla crescita dei talenti della Masia: gran parte dei successi di quella generazione, in effetti, provengono dalla Cantera blaugrana. C’è poco da dire: forse è anche per questo motivo che andare a guardare una partita del Barcellona equivaleva a poter assistere alla nascita e all’esplosione di un nuovo Lionel Messi. Qualcuno ha sperato potesse accadere davvero qualcosa del genere con Gai Assulin, quella sera.

Ha 18 anni, quando Pep Guardiola lo schiera dal primo minuto in Copa del Rey, lasciandolo in campo per cinquantasei giri d’orologio: la corporatura non è proprio quella della “Pulce”. L’altezza è uguale, ma il fisico è meno strutturato: i capelli lunghi, raccolti da una fascetta, ricordano vagamente quelli delle prime immagini dell’argentino, chiudendo il cerchio dell’inganno con le movenze rapide, rese iconiche dai passetti di chi avrebbe riscritto la storia del calcio.

Gai è il prodotto di una generazione che comunque porterà a Luis Enrique, protagonista del mezzo miracolo con il Barcellona B, a far esordire tra i semiprofessionisti (in Segunda B) giocatori come Thiago, Nolito, Bartra, Sergi Roberto e Soriano: tutti profili che vinceranno il campionato, portando i blaugrana in seconda serie.

Gai Assulin Luka Modric Getty

C’è un però, in questa storia, ma non è l’ultimo della carriera piena di “ma” dell’israeliano classe 1991: Gai Assulin lascia il Barça proprio quando Luis Enrique centra la qualificazione ai Playoff per la promozione in Liga, poi ovviamente negati per l’impossibilità di coesistenza di prime squadre e squadre B in massima serie. Ha firmato con il Manchester City: è una sua scelta, dopo essere andato a parametro zero.

“Da quando ho visto il City ho deciso di trasferirmi: sono in un grande club, devo cogliere quest’opportunità. Parlo con Yaya Touré ogni giorno e spero giocarci insieme”, ha spiegato al suo arrivo in Inghilterra, riferendosi al suo ex compagno di squadra al Barcellona.

A Manchester, comunque, si tengono bassi: nessuno lo chiama “il nuovo Messi”, ma tutti citano il record siglato con la maglia della Nazionale israeliana nel marzo 2008, che lo ha reso, a 16 anni e 352 giorni, il più giovane debuttante della storia della squadra (nell’amichevole disputata contro il Cile).

Il fatto, comunque, è che Gai i Citizens li guarda da troppo lontano. Anche la squadra riserve non lo vede: ha del talento, questo non è in discussione, ma non è quella promessa che in tanti credevano fosse ai tempi della Masia. In fin dei conti erano passati solo due anni, qualcosa del genere, ma era tutto chiaro, ormai: per smentire gli scettici Assulin avrebbe dovuto prendere in mano la situazione, far le valigie e mettersi in gioco, cambiando aria. Lo fa nell’inverno del 2012 quando viene accolto da Gustavo Poyet al Brighton, in Championship: sette partite, due da titolare. Fine della storia.

“E’ il giocatore più talentuoso che abbia mai visto passare dalla Masia”.

A parlare non è il primo che passa, ma Thiago Alcantara, Uno che di strada ne ha fatta. Oggi Gai Assulin ha 33 anni, ma non è questo, ovviamente, l’aspetto più importante della vicenda: anche perché il calcio non ha età, a volte.

Vive a Manchester, dove è tornato con la famiglia parecchi anni dopo la sua esperienza ai Citizens: ha vestito le maglie di Racing Santander, Granada, Hercules, Mallorca, Hapoel Tel Aviv, tra le altre. Ha giocato nel Kairat Almaty, in Kazakistan, poi al Politehnica Iasi, in Romania. Insomma, ha girato il mondo.

Nel febbraio del 2021 si trasferisce a Crema: sì, a Crema. Gioca in Serie D, segnando un goal alla sua terza presenza contro il Vis Nova Giussano, mettendo a referto anche un assist (ne segnerà un altro contro la Casatese, più avanti). Ecco, l’assist fa capire il perché del passato al Barcellona: c’è un lancio lungo che aggancia magistralmente, come nessuno, o quasi, saprebbe fare tra i dilettanti. Poi mette in mezzo, rendendo facile la vita al compagno. La rete è una sintesi di tutto il resto: supera un avversario sulla trequarti, lasciandolo sul posto, poi si invola verso la porta e batte il portiere. Il passo non è quello di un tempo, questo si nota: è un peccato.

Rimasto svincolato a fine stagione, rimane fermo fino a gennaio del 2022, quando firma per l’Unipomezia, ma è troppo tardi: al termine del campionato è di nuovo senza squadra, e con una vita da portare avanti. Ha un negozio di abbigliamento per bambini, adesso: è questa la sua nuova sfida.

“Arrivi a un momento in cui non riesci a trovare un club e inizi a pensare: ‘Che faccio? Dovrei smettere?’. Per me non è un’opzione: il calcio è tuttto”, ha spiegato al Guardian oltre un anno fa. “Sono cresciuto in una piccola città in Israele e il mio sogno è sempre stato quello di giocare in prima squadra in un club professionistico: ho dato tutto per riuscirci, con mio padre che mi ha spinto perché credeva in me. Non avrei mai pensato, neanche in un milione di anni, che sarei riuscito a giocare al Barcellona. Mi sarei accontentato di un club normale, ma le cose sono andate meglio del previsto”.

Mette da parte i ricordi, tutti riposti in un cassetto, Gai, mentre riorganizza la sua vita: la sua famiglia lo vorrebbe sempre a Manchester, lui convive con l’etichetta di “nuovo Messi” che proprio non va via.

“E’ stato un gran complimento per me, perché Messi è il miglior giocatore della storia, ma le aspettative quando succede sono sempre alte. Vogliono che tu giochi alla Messi in tutte le occasioni, che segni 50 goal all’anno e questo non è positivo”.

Quella sera al Reyno de Leon, comunque, il calcio ha realizzato l’impensabile: far sperare i presenti di essere di fronte al nuovo talento del calcio mondiale. Un ragazzino che sembrava la “Pulce”, nella squadra più forte al mondo. Per una notte, ed è questo il bello di questa storia, è andata esattamente così.

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