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Gaizka Mendieta, da 'Mister 89 miliardi' a dj: il boom al Valencia e i flop con Lazio e Barcellona

Nella seconda metà degli anni Novanta stupisce tutti per costanza di rendimento e personalità in mezzo al campo, conseguendo importanti traguardi. Le sue prestazioni con il Valencia attirano presto su Gaizka Mendieta l'attenzione delle grandi di tutta Europa.

Fra i club più interessati c'è la Lazio di Sergio Cragnotti, disposta a far follie pur di portare il centrocampista basco nella capitale, sponda biancoceleste. L'imprenditore romano mette sul piatto 89 miliardi di Lire per sbaragliare la concorrenza e la resistenza del club spagnolo, e ci riesce.

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Le attese riposte in Mendieta, tuttavia, non saranno rispettate. Colui che nella stagione precedente era stato eletto 'Miglior centrocampista della Champions League', in Italia sarà irriconoscibile. Anche per gli equivoci tattici con gli allenatori che si succederanno sulla panchina della squadra, Dino Zoff e Alberto Zaccheroni, lo spagnolo dall' inconfondibile caschetto biondo 'alla Nino D'Angelo', giocherà poco e male, per poi essere rimandato in tutta fretta in Spagna.

Deluderà anche al Barcellona, chiudendo la carriera ritrovando un discreto rendimento in Inghilterra con il Middlesbrough. Dopo il ritiro ha sviluppato la sua passione per la musica diventando deejay di professione, è stato un testimonial di Euro 2020 e sogna un grande ritorno nel mondo dell'atletica e in quello del calcio.

GLI ESORDI: DAL MEZZOFONDO AL CALCIO

Gaizka Mendieta nasce a Bilbao, nei Paesi Baschi spagnoli, il 27 marzo 1974.  Da giovane ha un fisico asciutto e minuto e per questo viene avviato all'atletica leggera, in particolare al mezzofondo, dove ottiene brillanti risultati.

"Fino a 16 anni ho fatto atletica leggera. - racconterà a 'La Gazzetta dello Sport' - A 14 ho stabilito il nuovo record Nazionale spagnolo cadetti (Under 16, ndr) sui 2000 metri piani, che è durato 15 anni".

Ma il padre vorrebbe che giocasse a calcio, così a 16 anni si fa tentare dal Castellón, club spagnolo di Seconda Divisione.

"Cosa ti costa, ragazzo, venire fin qui a fare un provino? Male che vada, ti sarai fatto una vacanza", gli dicono dal club di Castellón de la Plana, capoluogo di provincia nella Comunità Autonoma Valenciana.

Lui accetta e a 17 anni, nel 1991/92, debutta in Prima squadra, mettendosi in luce da centrocampista centrale di grande dinamismo. Disputa 16 gare e viene prelevato dal Valencia. Con la maglia bianconera giocherà per 9 anni, facendo la storia del club. Inizialmente è però aggregato al Valencia Mestalla,  la seconda squadra, che milita in Serie C e diventa la palestra in cui il giocatore basco dimostra il suo valore.

Il suo moto perpetuo, unito alla visione di gioco, lo rende un titolare fisso della squadra B, e così Mendieta a fine stagione, oltre alle 31 presenze e  2 goal totalizzati in Segunda División B, può debuttare nella Liga.

L'esordio ufficiale con la Prima squadra del Valencia è datato 13 giugno 1993: è la penultima giornata e Guus Hiddink, non uno qualunque, lo manda in campo negli ultimi 5 minuti della gara in trasferta contro il Cadice al posto di Miograd Belodedici. Il giovane centrocampista va in campo anche nella gara successiva contro l'Oviedo, in cui entra al 44' al posto del futuro rossonero Leonardo.

Sono i primi passi di colui che diventerà presto una bandiera dei Pipistrelli e un protagonista della Liga e del calcio spagnolo. Ma prima c'è tanta gavetta. Per un altro anno, il 1993/94, si alterna fra Valencia B e Prima squadra, totalizzando altre 20 presenze e i primi due goal nella Liga. Il primo in assoluto lo segna al Mestalla contro il Lleida il 20 febbraio 1994.

Nell'estate in cui si disputano i Mondiali negli Stati Uniti, la carriera di Mendieta è già un bivio: per poter essere confermato in Prima squadra il club gli chiede di  adattarsi al ruolo di laterale destro difensivo, visto che in rosa non c'è bisogno di altri centrocampisti.

Il giovane basco, che al servizio militare agevolato preferisce il servizio civile ("Fare il soldato è una perdita di tempo, io preferisco aiutare chi soffre" ) si impegna e dimostra di poter interpretare anche quel ruolo, grazie agli indubbi mezzi atletici e alla capacità di sapersi gestire nell'arco dei 90 minuti. 

Dopo un 1994/95 piuttosto deludente (13 presenze e un goal) Mendieta si prende definitivamente un posto da titolare nel 1995/96 . Il nuovo tecnico  Luís Aragonés lo rilancia e intravede in lui importanti potenzialità. Per due stagioni il basco gioca con continuità diventando uno dei pilastri della squadra. Ma la svolta definitiva coincide con l'arrivo in panchina del tecnico italiano Cladio Ranieri nel 1997.

GAIZKA MENDIETA Valencia 2000getty Images

GLI ANNI D'ORO COL GRANDE VALENCIA

Inizialmente, anche con Ranieri, Mendieta gioca da terzino destro, finché una casuale coincidenza non lo induce a spostarlo a centrocampo. Il Valencia deve giocare ad Alicante una partita di Copa del Rey, e avendo i centrali titolari infortunati, il tecnico romano opta per utilizzare il basco nell'inedito ruolo.

In quella partita nota la propensione del ragazzo a impostare il gioco scattando in avanti palla al piede. Così, dopo essersi consultato con Amedeo Carboni, vara il cambio di ruolo: da quel momento Mendieta sarà un centrocampista, di fascia o centrale a seconda delle esigenze.

E il rendimento ne beneficia, così come i risultati del Valencia, che nel giro di alcune stagioni sovverte le gerarchie del calcio spagnolo.  Il primo trofeo per i bianconeri e l'Intertoto del 1998, ma la vera consacrazione per Mendieta arriva nel 1999 con la conquista della Copa del Rey.  La squadra di Ranieri supera il Levante agli ottavi di finale (4-0 complessivo fra andata e ritorno) e il Barcellona di Louis Van Gaal ai quarti, al termine di due spettacolari confronti caratterizzati da tanti goal.

Mendieta, promosso a capitano, è uno dei grandi protagonisti: segna ai catalani sia nell'andata del Camp Nou, con una delle sue specialità, il tiro dalla lunga distanza, sia al ritorno al Mestalla su calcio di rigore. Un'altra delle sue qualità è del resto la freddezza dagli undici metri. Al 2-3 dell'andata segue così un 4-3 casalingo, per un complessivo 7-5 in favore dei Pipistrelli, che accedono alle semifinali contro il Real Madrid.

I Blancos, guidati dal gallese John Toshak, sono letteralmente travolti al Mestalla da Mendieta e compagni con uno storico 6-0. A nulla serve poi l Real la vittoria per 2-1 nella partita di ritorno del Bernabeu. È nato 'Il grande Valencia'. La finale della Copa del Rey è in programma il 26 giugno 1999 allo Stadio Olimpico de la Cartuja. 

L'avversario del Valencia è l'Atletico Madrid di Radomir Antic, Juninho Paulista e José Mari. Ma il Valencia è troppo più forte e si impone 3-0 con una doppietta del 'Piopo' Claudio López e un goal spettacolare del centrocampista di Bilbao. Mendieta serve l'assist al compagno per l'1-0 e poi si mette in proprio, mandando in visibilio i tifosi dei Pipistrelli.

Controlla il pallone spalle alla porta, si gira in mezzo a due avversari e se ne libera con un sombrero assurdo solo a concepirlo, prima di concludere a rete e trafiggere Molina sull'uscita. Un goal spettacolare che manda alle stelle la popolarità del centrocampista basco. Tanto da far dire al presidente Pedro Cortés, per sottolinearne l'importanza per la squadra, che Mendieta "es el murciélago del escudo del Valencia", ovvero "è il pipistrello dello Scudetto del Valencia".

Kily González, Mendieta, Zahovic Valencia 2000Getty

Nell'estate 1999 però Ranieri lascia il club spagnolo per accasarsi al Chelsea, ed ecco che sulla panchina dei bianconeri approda l'argentino Hector Cuper.  La squadra parte forte, aggiudicandosi anche la Supercoppa di Spagna. Vittima dei Pipistrelli è ancora una volta il Barcellona, che è sconfitto 1-0 al Mestalla (goal del solito 'Piopo' López) e bloccato sul 3-3 al Camp Nou.

Per capitan Mendieta, trasformatosi in quello che oggi chiamerebbero 'tuttocampista', arriva il terzo trofeo della sua carriera calcistica. Gaizka non può sapere in quel momento che sarà anche l'ultimo da lui vinto con il Valencia.

Da quel momento in poi, infatti, la proverbiale 'sfiga' dell'eterno secondo si impadronirà di Cuper e dei suoi ragazzi: la squadra è forte e sarà grande protagonista anche in Europa, ma, nonostante un Mendieta monumentale, premiato  per due anni consecutivi, nel 1999/00 e nel 2000/01, come 'Miglior centrocampista della Champions League', arriveranno soltanto due finali perse contro Real Madrid e Bayern Monaco.

Il basco totalizza 14 presenze e ben 5 reti nella prima campagna, in cui punisce su rigore la Fiorentina nella Seconda fase e, soprattutto, timbra altre due volte il cartellino contro il Barcellona nelle semifinali. In finale però i Blancos dominano è travolgono gli avversari per 3-0, 'vendicandosi' della batosta di qualche anno prima.

Nella seconda segna di meno, con 14 presenze e 2 goal, ma ha pur sempre un rendimento molto elevato. Mette la firma col sinistro sul 3-0 nel ritorno delle semifinali contro il Leeds United, poi si ripete in finale al Meazza di Milano con la rete del provvisorio 1-0 per il Valencia. Un calcio di rigore perfetto con cui spiazza Kahn. Ma Effenberg pareggia i conti, sempre dal dischetto, e la gara scivola via ai calci di rigore all'insegna di un sostanziale equilibrio.

Si va ai rigori, Mendieta è il primo tiratore degli spagnoli e non sbaglia, dimostrandosi sempre molto freddo. Non così i suoi compagni, con Kahn che para 3 penalty e consegna la Coppa con le orecchie ai tedeschi. Per il tecnico Cuper e capitan Mendieta è l'amarezza più grande, solo in parte mitigata dal premio individuale per il centrocampista. 

Gaizka Mendieta ex Valencia playerGetty Images

MISTER 89 MILIARDI E IL FLOP CON LA LAZIO

Nell'estate 2001, con l'addio di Cuper, passato all'Inter, il Valencia cambia presidente: Cortés saluta e arriva Jaime Ortí Ruiz. Diversi elementi della rosa vanno via. Fra i giocatori più richiesti sul calciomercato c'è anche capitan Mendieta, la cui valutazione molto alta, tuttavia, spaventa diverse delle pretendenti.

Non il Real Madrid, cui però Ruiz non vuole cederlo, né la Lazio del patron Sergio Cragnotti, che si è appena privata in mezzo al campo di due pezzi da novanta come Juán Sebastián Veron, passato al Manchester United, e Pavel Nedved, la cui cessione alla Juventus per 75 miliardi di Lire ha fatto mugugnare non poco i tifosi biancocelesti. 

L'imprenditore romano, anziché risanare le casse in rosso della società capitolina, fa la malaugurata scelta di reinvestire il ricavato con altrettanti acquisti di grido: così arrivano Stam (48 miliardi), Fiore e Giannichedda (80 miliardi), Kovacevic (30) e César (12). Ma il grande obiettivo è proprio lui, Mendieta, per il quale Cragnotti ingaggia un lungo braccio di ferro con il Valencia.

Il 18 luglio 2001, giusto un mese dopo lo Scudetto vinto dalla Roma, il procuratore di Mendieta ed il presidente biancoceleste incontrano la dirigenza del Valencia. La giornata è frenetica e il club spagnolo non è disposto a fare sconti e tira sul prezzo. Ha capito che quella di Cragnotti per il centrocampista è quasi un'ossessione, e così fa lievitare la cifra, alludendo ad un inserimento (in realtà inesistente) del Real Madrid.

Cragnotti, temendo di vedersi sfuggire l'obiettivo, accetta: sono circa le 22 quando Mendieta, dopo 268 presenze e 51 goal fra Liga e Champions, passa alla Lazio per 89 miliardi di Lire.  Al giocatore è fatto firmare un contratto faraonico di 5 anni a 8 miliardi e mezzo a stagione.

Uno sproposito anche per chi è stato votato per due anni consecutivi 'Miglior giocatore della Champions', ma, almeno così pensa il numero uno biancoceleste, giusificato dalla qualità del giocatore. Nell'accordo è inserita anche una clausola anti-Real, con divieto di cessione ai Blancos.

Il 20 luglio l'ex capitano del Valencia è presentato in pompa magna a Formello.

"Voglio la Champions League, ma mi affascina l’idea di poter primeggiare in un campionato come quello italiano. Sono un difetto per i giornalisti e un pregio per gli allenatori. Mi considero un centrocampista completo che può giocare in mezzo al campo o sulle fasce, deciderà l’allenatore dove mettermi".

Il nuovo acquisto non sembra temere problemi di ambientamento.

"A facilitare il mio inserimento a Roma ci penserà Claudio Lopez, - afferma - mio ex compagno e grande amico ai tempi di Valencia: se sono nella Capitale è perché in Spagna avevo chiuso un ciclo. Un paragone con Nedved? Ognuno deve essere se stesso". 

E sulla sua permanenza nella capitale aggiunge:

"Non sono venuto con l’idea di andar via tra due o tre anni. Resterò a Roma almeno cinque anni".

Dopo i primi allenamenti anche Dino Zoff, tecnico biancoceleste, sembra convinto dei mezzi dello spagnolo.

"È un giocatore aggressivo, ma anche di grande qualità".

Mendieta LazioGetty Images

Il debutto ufficiale sembra incoraggiante e confermare la bontà dell'investimento fatto da Cragnotti. Mendieta è schierato titolare nel ritorno del playoff di Champions League, che vede la Lazio impegnata in casa contro i danesi del Copenaghen. 

I biancocelesti, reduce dal k.o. per 2-1 all'andata, all'inizio soffrono, ma poi travolgono i malcapitati avversari nel secondo tempo. Crespo fa doppietta e il terzo goal porta il marchio del colpo dell'estate: Mendieta, schierato da interno di centrocampo in coppia con Simeone nel 4-4-2, detta il passaggio filtrante con un inserimento in verticale, si presenta a tu per tu con il portiere e serve l'assist sul secondo palo per il 3-0 del 'Piopo'.

I danesi tornano però a far paura, con la rete di Zuma all'81' che riapre i giochi. Ma ancora Mendieta, autore di 2 assist, avvia l'azione che chiude i giochi: scucchiaiata morbida dalla propria metà campo per innescare il contropiede di Fiore, il quale, arrivato davanti al portiere, non sbaglia. Finisce 4-1 e pur con qualche dubbio l'ambiente è convinto che la squadra possa lottare per lo Scudetto e arrivare in fondo in Champions League.

Per i quotidiani è proprio il colpo dell'estate, Mendieta, il migliore in campo. Poi però qualcosa, inspiegabilmente, si rompe. Zoff ha problemi nel trovare la giusta posizione in campo al basco, abituato ormai da diversi anni a fare la mezzala. Così dopo il deludente pareggio interno col Piacenza al debutto in campionato il 26 agosto, per un mese lo alterna all'ala destra. E Gaizka si perde.

Le prestazioni sono del tutto deludenti, la Lazio non decolla tanto che Cragnotti investe altri 28 miliardi per prelevare dal Perugia Fabio Liverani. Zoff dà comunque fiducia, ma i tifosi iniziano a prenderlo di mira. Dopo l'ennesimo k.o. nel girone di Champions (il 3° stagionale) Cragnotti esonera Zoff e chiama in panchina Alberto Zaccheroni. Ci sarebbe tutto il tempo per raddrizzare una stagione nata male e per rilanciare l'oneroso acquisto estivo.

L'esordio del nuovo allenatore è con il Milan, e i biancocelesti perdono 2-0, con Nesta, Favalli e Crespo che si infortunano. Con una formazione rimaneggiata La Lazio affronta in trasferta il PSV Eindhoven in Champions. Come se non bastasse, salta il crociato di Diego Pablo Simeone. Mendieta si impegna e sfiora il goal con uno dei tiri dalla distanza visti tante volte con il Valencia: palo. Si perde 1-0.

Il centrocampista è sicuro di poter tornare al top, invece le prestazioni dello spagnolo continueranno ad essere profondamente deludenti. Fornisce un altro assist in Europa nella partita di ritorno con il PSV, vinta 2-1, in campionato non riuscirà mai ad avere un rendimento accettabile e dopo altre 2 sconfitte con Nantes e Galatasaray per i biancocelesti arriva anche l'eliminazione in Champions League. La pazienza nei suoi confronti da parte del tecnico romagnolo si esaurisce con la sconfitta con sonora bocciatura contro la Roma nel derby del 27 ottobre si esaurisce 

L'ex Valencia vaga come un ectoplasma per il campo senza riuscire a trovare la giusta posizione, l'indomani fioccano i 4 in pagella e come conseguenza viene spedito in panchina, dove resterà fino al termine della stagione, con le gare del girone di ritorno con Chievo, Atalanta e Fiorentina come unica eccezione. 

L'assetto definitivo della squadra vedrà una sorta di 4-1-4-1, con Castroman e Poborski esterni con in mezzo, ad alternarsi, Liverani, Stankovic, Giannichedda e, a fine stagione, il recuperato Simeone. Il 5 maggio 2002, mentre l'Inter del suo ex allenatore, Cuper, perde clamorosamente lo Scudetto, travolta 4-2 dalla Lazio, che andrà in Coppa UEFA grazie al 6° posto finale, Mendieta non è stato nemmeno convocato, e chiude anzitempo la sua avventura italiana.

In tutto, per 'Mister 89 miliardi',  31 presenze (20 in campionato) in tutte le competizioni e 3 assist, senza aver quasi mai lasciato il segno.  I tifosi della Lazio lo considereranno sempre uno dei più grandi  "bidoni" che abbiano mai indossato la maglia del club.

"Non pensavo - commenterà amaro - che il campionato italiano fosse così difficile".

Former Spain player Gaizka MendietaGetty

EUROPEI E MONDIALI CON LA SPAGNA

Dal marzo 1999 Mendieta, dopo aver giocato anche con le Rappresentative giovanili, indossa anche la maglia della Nazionale maggiore della Spagna . Disputati gli Europei del 2000, al termine dell'esperienza molto negativa a Roma con la Lazio, gioca tre gare dei Mondiali 2002: contro il Sudafrica (con goal) nel girone e con Irlanda (il suo è il tiro di rigore decisivo) e Corea del Sud nella fase ad eliminazione diretta.

Il cammino delle Furie Rosse in Corea e Giappone finisce ai quarti contro gli asiatici padroni di casa, che hanno la meglio sempre ai calci di rigore, non senza polemiche. Dopo i Mondiali Mendieta gioca ancora qualche partita in Nazionale, l'ultima il 20 novembre 2002 con un bilancio di 40 presenze e 8 goal.

LA PARENTESI BARCELLONA

Senza un deciso rilancio ai Mondiali, per la Lazio non è semplice trovare un acquirente senza compromettere l'investimento fatto. Alla fine si fa avanti il Barcellona, dove il basco viene mandato in prestito. Con la maglia blaugrana gioca una stagione modesta, con 49 presenze e 6 reti, ritrovando almeno una certa continuità.

Nel frattempo i problemi economici della Lazio diventano sempre più importanti, tanto che per salvare il debito ingente contratto con il Valencia, l'Aquila cederà agli spagnoli nell'estate 2003 Fiore e Corradi, ottenendo in cambio anche un mini conguaglio. Il tutto per aver accettato la fanta quotazione di 89 miliardi per Mendieta.

E Mendieta? Cambia nuovamente Paese, trasferendosi ancora a titolo temporaneo, in Inghilterra con il Middlesbrough.

Mendieta ex Barcelona playerGetty Images

IN INGHILTERRA AL MIDDLESBROUGH

Con il Boro il centrocampista basco giocherà le ultime 5 stagioni della sua carriera, tutte in Premier League. Pur senza fare cose eccezionali, colleziona in tutto 81 presenze e 5 reti in tutte le competizioni. Al termine della prima stagione 2003/04 contribuisce alla vittoria della Coppa di Lega .

In finale il Boro ha la meglio per 2-1 sul Bolton e conquista il primo (e finora unico) trofeo della sua ultracentenaria storia. Il risultato conseguito convince la dirigenza del club ad acquisire il cartellino di Mendieta a titolo gratuito dalla Lazio.

Nel 2005/06 gli inglesi, guidati da Steve McClaren arrivano anche in finale di Coppa UEFA, ma Mendieta non gioca i turni finali della competizione. A livello personale il momento di maggior gloria lo ottiene il 29 ottobre del 2005 quando per una volta torna il giocatore ammirato al Valencia: doppietta e assist per mandare al tappeto il Manchester United di Alex Ferguson con uno storico 4-1.

È il canto del cigno di una carriera che avrebbe potuto essere ben più prestigiosa. Nel 2008, all'età di 34 anni, il basco dice basta e lascia il calcio giocato. 

LA SVOLTA MUSICALE: MENDIETA DJ DI SUCCESSO

Dopo il ritiro, l'ex centrocampista si è stabilito a Yarm, vicino a Middlesbrough, dove è diventato un dj di professione, coltivando la passione per la musica che nutriva fin dai tempi di Valencia.

"La passione per la musica - racconta a 'La Gazzetta dello Sport nel 2019 - mi ha sempre accompagnato, insieme a quella per il calcio. Dopo aver smesso di giocare ho avuto l’opportunità di farlo sempre di più. Ho fatto il deejay prima nei piccoli club sempre in Spagna, poi ho iniziato a fare i festival internazionali, anche a Londra: è diventato qualcosa che mai avrei pensato che avrei fatto dopo la carriera da calciatore".

"Mi piace tanto, me la godo, e c’è anche gente a cui piace. - assicura l'ormai ex centrocampista -  riesco a dedicarmici di più d’estate, con i festival, che durante l’anno per gli impegni che ho con la tv e la Liga. Ho cominciato a Valencia, dove ho un amico che fa il dj: io lo raggiungevo sul palco nascosto sotto un cappellino e proseguivo le sue serate, e così ho iniziato a coltivare questa passione che è diventata per me una professione".

Nel 2016 l'ex biancoceleste ha suonato anche a Milano in occasione della finale di Champions League. Oltre a lavorare nel mondo della musica, Mendieta fa l'opinionista in tv per Sky Sport ed è proprietario di alcuni negozi in Inghilterra. Nel 2020 l'UEFA lo ha scelto come testimonial degli Europei.

Mendieta

Quando si presenta l'occasione, non disdegna di mettersi di nuovo gli scarpini da calcio per giocare partite con le Vecchie glorie, nelle quali riesce spesso a mettersi in evidenza grazie ad una forma fisica ancora invidiabile.

"Mi è rimasto il motore da atleta. - assicura -  Adesso vado in bici, faccio corsa: ho cominciato la preparazione per la maratona e per il triathlon, ho fatto quello olimpico e voglio provare l’ironman”.

I tifosi della Lazio, ancora oggi, si chiedono se Gaizka non abbia scelto da giovane lo sport sbagliato.

"A Roma non è andata come pensavo e speravo, - ammette - e sicuramente neanche come il club e i tifosi volevano. È stato un anno difficile, anche fuori dal campo, con cambio dell’allenatore, tanti giocatori nuovi con necessità di tempi di adattamento… È quello che per me è stato più difficile e sicuramente non è arrivato: l’adattamento al calcio italiano, a una squadra nuova e tanti compagni nuovi. Non è stato quello che volevo. Pensando positivo resta un'esperienza da cui ho imparato, e che mi ha dato la possibilità di giocare in Italia, aiutandomi a crescere come persona e giocatore".

In futuro, chissà, Mendieta non esclude un ritorno da dirigente o allenatore dopo essere già stato direttore tecnico del Pafos, a Cipro.

"Ho il patentino - sottolinea - e anche la licenza per fare il Direttore sportivo. Adesso sono felice con tutto quello che sto facendo: vediamo, speriamo" .

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