Giovanni Trapattoni, una vita in panchina: il secondo allenatore italiano più vincente con i club

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In Italia nessuno o quasi (é stato superato recentemente da Carlo Ancelotti) ha vinto come lui alla guida di squadra di club. Giovanni Trapattoni da Cusano Milanino è una vera istituzione del calcio, che lo ha visto su una panchina per 40 anni, fra grandi vittorie e qualche immancabile delusione.

Nato a mezzanotte e 45 di venerdì 17 marzo 1939 nella cittadina a Nord di Milano, era il quinto figlio di Francesco, operaio alla Gerli, e Romilde Bassani. Il suo nome di battesimo completo era Giovanni Luciano Giuseppe, ma sarà da tutti conosciuto semplicemente come Giovanni, il nome del nonno paterno.

GLI ESORDI POCO FORTUNATI AL MILAN

Giuan dopo una carriera da calciatore che aveva visto conquistare due scudetti, una Coppa Italia, due Coppe dei Campioni, una Coppa delle Coppe e una Coppa intercontinentale con il Milan, la squadra con cui gioca per un quindicennio, e chiudere al Varese nel 1972, sceglie di diventare un allenatore e in estate fa ritorno al Milan, dividendosi fra il lavoro nel Settore giovanile e lo staff della Prima squadra, dove ci sono il suo maestro Nereo Rocco come Direttore tecnico e Cesare Maldini come allenatore in campo.

Il destino vuole però che l'esordio del Trap alla guida della Prima squadra del Milan sia a suo modo indimenticabile. È il 20 maggio 1973 e i rossoneri si giocano lo Scudetto a Verona. Ma Nereo Rocco è squalificato per i fatti di Lazio-Milan e Cesare Maldini si ammala e non può andare in panchina.

A guidare la squadra rossonera, reduce dalla finale di Coppa delle Coppe vinta contro il Leeds United è allora il giovane Trapattoni, che a soli 34 anni assisterà impotente al tracollo dei suoi giocatori per 5-3 in quella che è passata alla storia come la prima 'Fatal Verona'. La Juventus strappa al Diavolo il possibile Scudetto della Stella, con uno shock che i milanisti impiegheranno anni a superare.

"Capii subito che eravamo cotti", dirà l'esordiente tecnico rossonero.

A differenza della fortunata esperienza da calciatore, il rapporto fra il Trapattoni allenatore e il Milan del resto non sarà mai troppo fortunato. Dopo il breve ma intenso esordio, la stagione che vede il vero inizio della carriera in panchina del tecnico lombardo è il 1973/74. I risultati negativi portano la società a separarsi da Rocco dopo il girone di andata.

Nereo Rocco Gianni Rivera Giovanni Trapattoni Milan Serie A

Cesare Maldini a febbraio resta il responsabile unico della squadra, ma l'andamento dei rossoneri in campionato lascia a desiderare. Una nuova sconfitta a Verona il 6 aprile 1974, la quinta consecutiva, induce l'ex capitano rossonero a rassegnare le dimissioni. Il tecnico triestino telefona allora al suo vice, Giovanni Trapattoni, cui la società decide di affidare la guida tecnica della squadra.

"Lo chiamai a casa per dirgli che lasciavo la panchina del Milan - racconterà a 'La Gazzetta dello Sport' - e lui mi rispose: 'Ma sei sicuro?'. Si vedeva già che aveva il buonsenso di Rocco".

La prima gara è ancora una volta di quelle che non si dimenticano. Il Trap il 10 aprile 1974, appena 4 giorni dopo la sconfitta di Verona, porta il Milan a battere 2-0 in casa nelle semifinali di Coppa delle Coppe il Borussia M'Gladbach. Al ritorno limita i danni in Germania e riesce a portare la squadra in finale. Si gioca l'8 maggio a Rotterdam contro i tedeschi dell'Est del Magdeburgo, che fanno valere il loro strapotere fisico e si impongono 2-0 nel secondo tempo.

In campionato colleziona 4 pareggi, una sconfitta e una vittoria, con la squadra che chiude 7ª, e in Coppa Italia una nuova sconfitta nel Derby con l'Inter segna l'eliminazione nel Girone di semifinale. Trapattoni confida nella riconferma nella stagione successiva, ma non sarà così. A guidare il Milan nel 1975-76 è infatti Gustavo Giagnoni, con il Trap retrocesso nuovamente nel ruolo di vice. 

All'inizio di ottobre del 1975 però arriva la svolta per la carriera da allenatore del Giuan: Gianni Rivera, con il suo amico Vittorio Duina, diventa praticamente il padrone del Milan. Il tecnico sardo è rimosso dall'incarico e con il ritorno di Rocco come consigliere, la panchina viene affidata a Trapattoni, che ha l'ingrato compito di gestire in campo il numero 10 che è anche il suo datore di lavoro.

"Se c’era da togliere Gianni dal campo lo facevo, eccome…", sottolineerà anni dopo, a dimostrazione di una tempra e di un carattere da condottiero.

Quella stagione col Milan gli sarà utile per mettere in pratica gli insegnamenti di Rocco, e benché i rossoneri chiudano terzi a 7 punti di ritardo dal Torino scudettato, consegnerà al calcio italiano un allenatore pronto a dettar legge negli anni a venire. Non al Milan, però, che non lo riconfermerà e gli preferirà l'emergente Marchioro, ma con la Juventus dell'Avvocato Gianni Agnelli e di Giampiero Boniperti, desiderosa di riscatto dopo aver perso al fotofinish il titolo.

Giovanni TrapattoniGiovanni Trapattoni

IL DECENNIO D'ORO ALLA JUVENTUS

Proprio Boniperti, conquistato dalle sue idee e dalla sua concretezza, spinge perché sia lui l'erede di Carlo Parola alla Juventus, quando quest'ultimo è riportato ad allenare le Giovanili, lo convince a trasferirsi a Torino mentre riflettava sulle proposte presentate per lui da Pescara e Atalanta. 

Nasce così nel 1976/77 uno dei binomi in assoluto più vincenti del calcio italiano e il decennio d'oro della Juventus, con l'allenatore lombardo che porterà i bianconeri ai vertici del calcio Mondiale. Fin dai primi giorni il Trap inizia a sciorinare parole e frasi che oltre a riflettere la sua tempra e il suo modo di intendere il calcio resteranno per sempre .

Già in conferenza stampa si presenta con un'indimenticabile: "Sarò breve e circonciso", consegnato ad memoriam alla Gialappa's Band, che anni dopo gli dedicherà alcuni dei capitoli più esileranti della rubrica 'Ipse dixit' nel programma satirico 'Mai dire Goal'. 

"Il giorno gli ho messo un biglietto in tasca: 'Ricordati che da oggi se l'allenatore della Juve". - rivelerà Boniperti - Se n'è sempre ricordato".

Benché Rocco per alcuni mesi non gli rivolga la parola, Trapattoni inserisce due uomini d'esperienza, Benetti e Boninsegna, al posto di Capello e Anastasi, e conquista subito lo Scudetto dei record per i Campionati a 16 squadre, con i piemontesi capaci di raccogliere 51 punti su 60 e di vincere il titolo superando proprio i rivali granata, e la Coppa UEFA a spese dei baschi dell'Athletic Bilbao, grazie al successo per 1-0 nel match di andata a Torino e alla sconfitta di misura per 1-2 al San Mamés. 

L'allenatore di Cusano Milanino fa ricredere anche i più scettici, eredita da Rocco la capacità di plasmare lo spogliatoio e con il suo schema di gioco, la zona mista, in grado di coniugare all'italiana il catenaccio di Rocco e la zona pura degli olandesi, mantiene le marcature a uomo in difesa, non rinunciando però al libero, mentre in attacco i giocatori offensivi vengono disposti a zona, per non dare punti di riferimento agli avversari. Ne beneficiano i numeri 10, che con lui segneranno sempre tanti goal.

"Se non si può vincere bene, che almeno si vinca. - afferma il tecnico in una delle sue massime, sintetizzando il suo stile di gioco - le squadre spettacolari e le parole durano 24 ore".

Si dimostra molto bravo nella gestione degli uomini, trovando un modo per interfacciarsi sempre con tutti i giocatori, imponendo la sua legge, senza rompere con loro. 

"I giocatori - amava dire - sono liberi di fare quello che dico io".

In panchina, per attirare la loro attenzione in mezzo al frastuono dei tifosi, ricc

Ne nasce una Juventus concreta e spietata, che con dei ritocchi negli uomini ogni anno, compete per vincere in Italia e nelle Coppe. Alla doppietta del primo anno aggiunge altri 5 Scudetti, fra cui quello della seconda stella, nel 1981/82, deciso da un rigore a Catanzaro all'ultima giornata dell'irlandese Brady, il primo degli stranieri dopo la riapertura delle frontiere a giocare per la Vecchia Signora, 2 Coppe Italia, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Europea e una Coppa Intercontinentale. Trasforma Tardelli da terzino a centrocampista e regala alla Nazionale azzurra l'ossatura che nel 1982 la porterà a vincere i Mondiali di Spagna.

Allena fra gli altri Zoff e Scirea, Gentile e Cabrini, Furino e Bettega, Causio e Paolo Rossi, per il quale aveva chiesto alla proprietà uno sforzo nel 1979, dopo il boom col Vicenza. Ma alle buste erano stati i veneti ad aggiudicarselo. Quando Trapattoni chiede all'avvocato Agnelli, che lo chiamava ogni mattina, il perché non lo avevano accontentato, si sente rispondere: "Perché siamo in cassa integrazione".

Giovanni Trapattoni Michel Platini Juventus Serie AWikipedia

Al primo ciclo, che si esaurisce con il 20° titolo, segue il secondo, che vede proprio il recuperato Rossi, assieme alle stelle Michel Platini e Zbigniew Boniek, le grandi novità. Il tecnico lombardo riesce a gestire al meglio il numero 10 francese, che con lui in panchina vince 3 Palloni d'Oro. Il rapporto fra i due, agli opposti come filosofie calcistiche, è di odio e amore reciproco: il Trap sa che ha bisogno della sua classe per vincere, Michel sa che ha bisogno della tattica del suo allenatore per esaltarsi.

"Mister, andiamo avanti, perché se teniamo la palla lontana dalla nostra area rischiamo meno", gli diceva il fuoriclasse francese. 

"Bravo, Michel. Ma intanto fammi vedere chi ce l’ha, la palla", replicava Trapattoni.

Piovono titoli, ma non mancano le delusioni. Come nella finale di Coppa dei Campioni del 1983 contro l'Amburgo. Magath beffa Zoff dalla distanza, poi i bianconeri non riescono a rimontare.

"Quel giorno ho scoperto la zona, - commenterà ironico Trapattoni anni dopo - quando ho visto uno dei suoi profeti, Happel, mettere Rolff fisso su Platini". 

Sul tetto d'Europa, dopo la Coppa delle Coppe e la Supercoppa europea del 1984, ci arrivano due anni dopo, ma quello dell'Heysel è un successo amaro, bagnato dalle lacrime, per le 39 vittime della tragedia dello Stadio di Bruxelles.

La Juventus però inizia a stargli stretta. Trapattoni si stanca di essere identificato con una sola squadra e sceglie di separarsi dalla Vecchia Signora nel 1986. Lo fa dopo il sesto Scudetto bianconero, che arriva in trasferta a Lecce. Saluta la Vecchia Signora lasciandosi alle spalle numeri impressionanti, che ama snocciolare sempre a chi sostiene che il suo calcio fosse difensivista: dieci titoli vinti, 969 goal segnati in 596 partite, subendone solo 478.

"Guardate i goal che hanno fatto le mie squadre, - ribatterà spesso ai critici - e poi giudicate voi. Chi non lo sa può guardare i libri".

Andreas Brehme Lothar Matthaus Giovanni Trapattoni Inter Serie A 1988/89Internet

L'ERA INTER

Il presidente dell'Inter, Ernesto Pellegrini, lo vuole per costruire il nuovo ciclo nerazzurro e il tecnico firma un contratto quinquennale. I primi due anni sono sofferti, anche per il crescente dualismo con il Milan di Arrigo Sacchi, il 'Profeta di Fusignano' che porta i rossoneri a giocare un calcio spettacolare, in contrapposizione al calcio 'all'italiana' della sua Inter. 

"I maghi non esistono - ironizza il Trap con chi critica il suo calcio - quelli li bruciavano nelle piazze del Trecento".

Il rapporto con i senatori non è idilliaco: un giorno Altobelli, dopo esser stato sostituito con il giovane Ciocci, gli lancia in faccia la fascia di capitano. Trap, che sentiva che anni dopo da un altro centravanti interista gli sarebbe arrivata una bottiglia di plastica, fa finta di niente. Il rapporto con 'Spillo' ormai è logoro, e nel 1988 il centravanti va a Torino, mentre all'Inter arriva l'argentino Ramón Diaz, con i campioni tedeschi Brehme e Matthäus, cui nel 1989 si aggiunge anche Jürgen Klinsmann.

Se il Milan degli olandesi riesce a far sognare tutti con le sue vittorie in Europa, il Trap risponde alle critiche lavorando lontano dai clamori, facendo proprio un proverbio che sarà un po' il mantra del proseguo della sua carriera:

"Non dire gatto se non ce l'hai nel sacco".

Riesce a conquistare tutti e compie un'altra impresa delle sue, lo Scudetto dei record 1988/89. L'Inter vola in campionato, precedendo il Napoli di Maradona, e successivamente conquista una Supercoppa Italiana e la Coppa UEFA.

"Trapattoni è un grandissimo allenatore perché parla il linguaggio dei calciatori", spiegherà Lothar Matthäus, il trascinatore della sua Inter.

Grazie al titolo vinto con i nerazzurri, Trapattoni è l'unico allenatore a detenere il primato nei tornei a 16 e 18 squadre. Resta in nerazzurro fino al 1991, per poi far ritorno alla Juventus.

Giovanni Trapattoni JuventusGetty Images

IL RITORNO ALLA JUVENTUS

I bianconeri, per ripartire dopo il 'flop' della gestione Maifredi, si affidano ancora una volta al condottiero degli anni d'oro. Boniperti, tornato alla presidenza, ci punta ad occhi chiusi. Il calcio, però, sta cambiando, e ad accorgersene è lo stesso Trapattoni.

"Il calcio italiano sta cambiando e ha sempre bisogno di facce nuove. - dichiara quando torna a Torino - Ma soprattutto a Milano le cose vengono bruciate in fretta. È una frenesia che cogli nell’aria, che contagia tutti. Non c’è difesa. Anche Sacchi si è arreso allo stress, e vedrete che dopo me non ci saranno più cicli quinquennali all’Inter. Chi arriva resterà uno-due anni, e via".

Durante il suo secondo interregno in bianconero, che dura tre stagioni, vince soltanto una Coppa UEFA, la terza in carriera e la seconda in bianconero, ma ha il merito di rilanciare Vialli dopo gli infortuni e di gestire Roberto Baggio negli anni migliori della sua carriera.

Non è un caso che con lui in panchina il 'Divin Codino' vinca il Pallone d'Oro al termine del 1993 e che è con il Trap che il giovane Alessandro Del Piero muova i primi passi in Serie A. I tifosi però, non si accontentano e contestano l'allenatore che aveva costruito la grande Juve. "Trapattoni vattene", recita uno striscione esposto dalla Curva il 2 aprile 1994.

"Anche l’Avvocato mi ha telefonato. - rivelerà - Mi ha spiegato, con pacatezza, che bisogna dar spazio ai giovani. Anche io sono vecchio, mi ha detto. D’accordo, largo al nuovo che avanza, ma io non mi arrendo. Perché ho ancora l’entusiasmo di un ventenne".

C'è anche chi esagera e lo insulta, ed ecco allora che il tecnico di Cusano Milanino si sente quasi disgustato da un mondo che fatica a riconoscere.

"Ho dovuto sentire troppe volgarità, - spiegherà - a un certo punto avevo pensato anche di lasciare il calcio, di cambiare vita".

Così, pur con un secondo posto in campionato dietro al Milan, Giuan capisce che è giunto il momento per farsi da parte e cambiare aria. 

Giovanni TrapattoniBongarts

IL BAYERN MONACO E LE ALTRE ESPERIENZE ALL'ESTERO

Trapattoni nel 1994 decide allora di cambiare Paese, andando ad allenare il Bayern Monaco in Germania. Lo chiama il suo amico Franz Beckenbauer, passato dalla panchina alla presidenza dei bavaresi. Arrivano Papin, Kahn e lo svizzero Sutter, che si aggiungono a Matthäus. Ma Lothar a metà stagione si infortuna al tendine d'Achille, e anche il nuovo portiere si rompe il crociato e deve star fuori diversi mesi.

Senza due pilastri della squadra titolare, la squadra di Trapattoni naufraga in Bundesliga, dove si piazza sesta.  A inizio stagione, inoltre, il Bayern perde la Supercoppa di Germania con il Werder Brema ed esce al Primo turno della DFB-Pokal con i Dilettanti del Vestenbergsgreuth. Le cose non vanno bene e Trapattoni, nonostante la semifinale di Champions League, che lo vede sconfitto  dice arrivederci in anticipo.

Non sarà però un addio. Il tecnico di Cusano Milanino fa infatti ritorno in Baviera nel 1996/97 con l'obiettivo di riportare in alto la squadra. Si sforza di imparare un po' di tedesco, Rispetto alla Prima esperienza ci sono Klinnsmann e Rizzitelli, oltre al geniale Mario Basler. La rosa è forte e la squadra tira l'andatura in Bundesliga per tutta la stagione, conquistando a fine anno il Meisterschale.

Il Trap vince il suo primo titolo fuori dall’Italia e diventa il primo allenatore non di lingua tedesca conquista la Bundesliga. Per festeggiare, il giorno dopo il successo per 4-2 sullo Stoccarda di Löw, il 24 maggio, Trapattoni e i suoi giocatori si affacciano come da tradizione dal balcone del municipio, nella Marienplatz. Giovanni indossa i Lederhosen e intona “Volare”, insieme al bomber Rizzitelli.

Pur corteggiato dalla Roma nell'estate 1998, il tecnico lombardo decide di onorare il contratto con i tedeschi e resta in Germania anche l'anno dopo il titolo. L'avversario più insidioso è il Kaiserslautern di Otto Rehhagel, che, neopromosso in Bundesliga, avrà sorprendentemente la meglio nel duello con i campioni in carica.

Decisive sono 3 sconfitte consecutive fra febbraio e marzo, l'ultima delle quali contro lo Schalke 04. Trapattoni è furioso per l'atteggiamento di alcuni componenti della rosa e il 10 marzo 1998 si lancia in un celebre sfogo in conferenza stampa.

Trapattoni Bayern

Con un tedesco maccheronico, il Trap se la prende con alcuni giocatori, Mario Basler, Memet Scholl, e soprattutto Thomas Strunz, in una sfuriata epica che sarebbe passata alla storia del calcio.

"In queste partite ci sono stati due, tre o quattro giocatori che erano deboli come una bottiglia vuota. - si sfoga il tecnico italiano - Strunz! Strunz è qui da due anni e ha giocato 10 partite, è sempre infortunato".

"Was erlaubt sich ein Strunz?", esplode quindi in tedesco, battendo i pugni sul tavolo. Ovvero: "Come si permette uno Strunz? Questi giocatori dicono di essere malati e poi vanno a giocare a tennis".

E prima di alzarsi dalla sedia, la celebre frase passata alla storia: "Ich habe fertig!", ovvero "Sono finito", pensando però di dire: "Ho concluso!".

Tutti si schierano dalla parte di Trapattoni. Anche Rummenigge e Beckenbauer applaudono l'allenatore italiano: "Ora sì che ti riconosciamo", gli dicono. Non basterà a bissare il titolo tedesco, le parole di quella conferenza fanno il giro del Mondo e ne nasce addirittura il 'Rap del Trap', un pezzo da discoteca tedesco con musica inserita intorno alle frasi del tecnico. Vent'anni dopo, quando Uli Hoeness lascerà la società dopo 49 anni, userà la stessa frase che quel giorno usò l'allenatore italiano. 

La consolazione arriva in finale di Coppa di Germania, dove il Bayern supera il Duisburg 2-1 con goal nel finale di Mario Basler, uno di quelli che il tecnico aveva attaccato. È il 20° trofeo da allenatore per il Trap, che al fischio finale viene portato in trionfo dai suoi giocatori.

Il tecnico classe 1939 negli anni successivi farà altre tre esperienze all'estero:  nel 2004/05 guida il Benfica in Portogallo, vincendo il campionato lusitano, nel 2005/06 fa una nuova esperienza in Germania con lo Stoccarda, e per due stagioni, con Lothar Matthäus come secondo, guida il Salisburgo in Austria, vincendo un titolo austriaco. Quest'ultimo è per lui il 10° titolo vinto in quattro Paesi diversi, un primato mondiale che il Trap condivide con Tomislav Ivić, Ernst Happel, José Mourinho, Eric Gerets e Carlo Ancelotti.

IL FLOP AL CAGLIARI

Un caso particolare rappresenta nella carriera di Giovanni Trapattoni l'esperienza con il Cagliari, che giunge nel 1995 al termine della prima avventura in terra tedesca. Per la prima e unica volta nella sua pluridecennale avventura da allenatore, infatti, il tecnico di Cusano Milanino accetta di guidare una cosiddetta provinciale.

A volere il plurivincente Trap nell'isola è il presidente rossoblù Massimo Cellino, che lo sceglie per il dopo Tabarez. Il giovane patron rossoblù è ambizioso e non si pone limiti, e dopo aver mancato l'Europa con 'El Maestro' nella stagione precedente intende riprovarci.

Inizialmente pochi credono alla notizia, pensando a una sparata. Devono ricredersi quando la sera del 29 giugno 1995 Trapattoni, con Cellino al suo fianco, è presentato in diretta tv su 'Videolina' nel programma 'Sport Club' del giornalista Valerio Vargiu.

Per preparare i tifosi alla grande novità, Cellino vara una campagna abbonamenti che si muove in una duplice direzione. Da un lato tappezza i bus cittadini del CTM con l'immagine del nuovo allenatore e la scritta "Trapattoni facci sognare", dall'altro affida ai comici Aldo, Giovanni e Giacomo il lancio vero e proprio dell'abbonamento, ribattezzato 'Pattagaio' con termine immaginario. Le due iniziative hanno successo e gli abbonati rossoblù passano dagli 8 mila dell'anno precedente ai dodicimila.

Fra Trapattoni e i sardi è amore a prima vista, il tecnico va addirittura nelle miniere del Sulcis per schierarsi accanto ai lavoratori che protestano. Nel mercato arrivano Mauro Bonomi in difesa e Giorgio Venturin, centrocampista, entrambi dalla Lazio, il secondo portiere Abate e Dario Silva in attacco, promettente uruguayano che ha il compito di non far rimpiangere la partenza di Dely Valdes. Il 'Poeta dell'Olimar on ci riuscirà, dimostrandosi, soprattutto all'inizio della sua avventura italiana, poco concreto sotto porta.

Il Cagliari, sfavorito anche da un calendario penalizzante, ha una partenza horror, e rimedia 3 sconfitte consecutive in avvio: 2 k.o. di misura, uno in trasferta e uno in casa, con Udinese e Lazio, e un pesante 4-1 al Franchi con la Fiorentina, che collocano la squadra rossoblù all'ultimo posto in classifica. Trapattoni, per la prima volta nella sua carriera da allenatore, si ritrova in fondo alla graduatoria.

La squadra sarda reagisce a partire dalla 4ª giornata, quando strappa un prezioso 0-0 con la Juventus, e da quel momento comincia un campionato diverso, pur fra continui alti e bassi che non rispecchiano gli ambiziosi obiettivi di Cellino. La prima vittoria arriva con la Sampdoria, alla 5ª giornata, un 2-1 al Ferraris targato Oliveira e Dario Silva, autore di un sorprendente pallonetto vincente.

L'uruguayano è presto ribattezzato, per il suo sbattersi tanto in campo, senza spesso produrre risultati concreti, 'Sa Pibinca', 'Il Pignolo', dal comico Massimiliano Medda. Intanto a novembre Cellino capisce che c'è bisogno di un innesto importante e regala a Trapattoni dal Nacionál di Montevideo Fabian O'Neill.

Giovanni Trapattoni Cagliari Serie AGetty Images

La squadra va a strappi, alternando sconfitte inattese ad exploit esaltanti, finché, il 17 dicembre, la vittoria al Menti con goal di Oliveira, 5° risultato utile consecutivo, che vale l'8° posto in classifica, sembra indirizzare la stagione verso gli obiettivi iniziali.

Il Trap prova ad alzare il livello del gioco, ma con giocatori che pur validi non sono i campioni che lui è abituato a guidare, l'anno si chiude con un k.o. al Meazza con l'Inter e si apre con una clamorosa sconfitta in casa con il Padova, ultimo in classifica, cui segue un 4-0 senza attenuanti a Parma. Trapattoni ha una delle sue celebri sfuriate, e attacca i calciatori, accusati di scarsa volontà.

"I tifosi hanno ragione a fischiare, - dice alla stampa - non c'è impegno. Servono quelle cose che abbiamo tutti, perché siamo uomini, finché muoriamo".

Alcuni dei calciatori si lamenteranno in tutta risposta, anni dopo, degli allenamenti a loro giudizio troppo blandi, con il Trap, ormai cinquasettenne, che vuole condurre il gruppo nonostante l'età cominci ad avanzare anche per lui. I rossoblù battono l'Udinese alla prima di ritorno, ma cadono nuovamente contro la Lazio e il 13 febbraio il 4-1 subito a Torino dalla Juventus segna il capolinea inatteso per Trapattoni in Sardegna.

Cellino però non se la sente di essere il primo a licenziare il tecnico di Cusano Milanino. Così ricorre ad un espediente: la sera del rovescio con i bianconeri fa circolare la voce di volerlo esonerare, e quest'ultima viene raccolta puntualmente dalla stampa locale. Videolina la dà nel Tg della notte, verso le 23. Visto l'orario, si pensa che nessuno a livello nazionale possa riprenderla. Invece a Mezzanotte il giornalista sardo di Italia Uno, Cesare Corda, la riporta dando al presunto esonero del Trap rilievo nazionale.

Il tecnico, che si trova a casa sua a Varese, apprende di essere stato esonerato senza che nessuno glielo abbia detto. Furioso, chiama immediatamente il presidente e arriva a Cagliari già di lunedì per chiarire la situazione. Cellino, alimentando la sua fama di 'mangia allenatori', gli fa capire che c'è un problema da risolvere.

Il Trap prende atto che non c'è più fiducia nei suoi confronti e rassegna le dimissioni. Il sogno di un Cagliari europeo svanisce nel modo più sorprendente. Sette vittorie, 3 pareggi e 11 sconfitte, con 24 punti in 21 gare, segnavano il magro bilancio del tecnico milanese nell'isola. I rossoblù, affidati a Bruno Giorgi, riusciranno comunque a rialzarsi chiudendo alla fine con il 10° posto.

LA FIORENTINA DI BATISTUTA

L'ultima esperienza italiana con un club sono per Trapattoni le due esaltanti stagioni vissute alla Fiorentina dal 1998 al 2000. Con una squadra che ha nel bomber Gabriel Omar Batistuta, nel numero 10 Rui Costa e nel portiere Francesco Toldo i suoi giocatori più forti, arricchita dagli arrivi di Luis Oliveira proprio dal Cagliari e del brasiliano Edmundo, l'esperto tecnico sfiora subito lo Scudetto nel 1998/99.

"Rocco diceva sempre: il mondo sta cambiando, no xe el mi mondo. - replica a chi dice che ormai sia vecchio - Io dico che questo è ancora il mio mondo, che chi resta indie tro diventa patetico. E mi sono abituato a non dire mai 'ai miei tempi' ".

Ma a febbraio prima la partenza di Edmundo per il Carnevale di Rio, quindi un infortunio occorso al centravanti argentino, faranno scivolare i viola in classifica, che alla fine devono accontentarsi di un 3° posto che porta comunque i toscani in Champions League. L'anno successivo, la squadra del presidente Vittorio Cecchi Gori arriva fino alla Seconda fase a gironi, con la 'gemma' della vittoria a Wembley contro l'Arsenal di Wenger.

In campionato la squadra si piazza 6ª, cogliendo una qualificazione in Coppa UEFA, ma le critiche ricevute dai tifosi, talvolta anche pesanti, inducono l'allenatore lombardo a chiudere nel nuovo Millennio la sua avventura toscana.

Giovanni Trapattoni Alessandro Del Piero Italy Euro 2004 trainingGetty

LE NAZIONALI: ITALIA E IRLANDA

Il 6 luglio del 2000 la Federcalcio offre a Giovanni Trapattoni la panchina dell'Italia, reduce dal 2° posto con Dino Zoff ad Euro 2000. Il Trap accetta, vestendo per la prima volta i panni del Commissario tecnico. Le aspettative sono alte, e gli Azzurri si qualificano per i Mondiali 2002 con una rosa di alto livello.

Tuttavia l'esperienza in Corea e Giappone sarà pressoché fallimentare, con un'eliminazione che ancora brucia contro i padroni di casa della Corea del Sud agli ottavi di finale, segnata anche dall'arbitraggio di Byron Moreno, che diventa un vero incubo per il povero Trapattoni.

Il fischietto ecuadoriano ne combina più di Bertoldo: non espelle due coreani per falli molto duri su Zambrotta e Coco, annulla un goal regolare di Tommasi e quando Totti è messo giù in area, estrae il secondo giallo nei suoi confronti per presunta simulazione e lo espelle.

"Credo che tutto il mondo abbia visto la partita - commenta il Ct. azzurro dopo l'amara eliminazione - questo Mondiale è cominciato con questo andazzo ed è proseguito nello stesso modo”. 

Dopo aver scontato un periodo in carcere per detenzione di sostanze stupefacenti, nel 2019 l'ex arbitro difende il suo operato ai microfoni di 'Futbol Sin Cassette' e attacca pesantemente il Ct. italiano: "È stato un codardo, perché espulso Totti, ha messo Tommasi, l'unico capace di attaccare era Del Piero. È stato un codardo come sempre".

Il Trap, incredulo, replica con eleganza su Twitter, dove è approdato di recente: 

"Essere chiamato codardo da Moreno mi mancava! Che dire? Io lo reputo invece molto coraggioso (o folle) per essere tornato a difendere quell'arbitraggio. Caro Byron, la prigione e gli anni non sembrano averti trasmesso un minimo di umiltà".

Con l'Italia Trapattoni si qualifica anche agli Europei del 2004, ma nella fase finale in Portogallo ha ancora poca fortuna: pur con il miglior Cassano mai visto in Nazionale, la squadra azzurra esce al Primo turno per due pareggi con Danimarca e Svezia e un'unica vittoria sulla Bulgaria, vanificata dal 'biscotto' fra le due rappresentative scandinave.

trapattoni tardelli italijaGetty Images

Nel 2008 Trapattoni ci riprova, accettando l'incarico di Ct. dell'Irlanda. Si porta al suo fianco Marco Tardelli come vice e si lancia nell'obiettivo di portare la squadra ai Mondiali 20 anni dopo l'ultima volta. L'Eire si piazza 2° nelle qualificazioni dietro l'Italia di Lippi, costretta due volte al pareggio, ed è abbinata alla Francia agli spareggi. Ma dopo la sconfitta di misura in casa per 1-0, nel ritorno i Blues passano soltanto grazie a un goal di Gallas su assist di Henry, che aveva controllato la palla con la mano. Un'altra beffa arbitrale dopo quella dei Mondiali del 2002.

Gli va meglio nel 2012, quando, dopo aver accettato la decurtazione dello stipendio, porta l'Irlanda agli Europei dopo 24 anni, benché la squadra, finita nel girone con Spagna, Italia e Croazia, chiude all'ultimo posto il girone con tre sconfitte. Trapattoni resta anche per le qualificazioni ai Mondiali di Brasile 2014, ma dopo due sconfitte con Svezia e Austria per la seconda e ultima volta della sua carriera rassegna le dimissioni.

Dal 1973 al 2013, sono 40 anni di una carriera leggendaria che non avrà ulteriori code soltanto per amore di Paola, sua moglie, a cui è legato dal 1964 e da cui ha avuto due figli, Alberto e Alessandra.

"La voglia di allenare è ancora tanta, - assicurava nel 2016 il tecnico lombardo - ho avuto proposte in India e in Africa, ma me l'ha proibito mia moglie".

Per lui parlano i titoli vinti in panchina, ben 22 complessivamente, e i grandi campioni allenati, da Rivera a Cassano.

"I più grandi sono stati Matthäus all’Inter e Platini alla Juventus. - dice il Trap - Giocatori determinanti. Anche se nella grande Juve erano un po’ tutti decisivi, da Zoff a Causio, da Tardelli a Bettega. Ma Michel diede un carattere alla squadra, in quel periodo. Era un leader".

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