Tudor Juventus LazioGetty Images

Igor Tudor alla Juventus, jolly in campo e vice di Pirlo in panchina

Il 12 marzo 2003 al vecchio 'Delle Alpi' si gioca Juventus-Deportivo La Coruna. I bianconeri devono vincere per assicurarsi la qualificazione ai quarti di Champions League ma le cose si mettono male, dopo l'iniziale vantaggio firmato da Ciro Ferrara infatti gli spagnoli dominano la partita e ribaltano il risultato con Tristan e Roy Makaay. La Juve trova il pareggio con Trezeguet, la svolta però arriva a tredici minuti dalla fine quando dalla panchina si alza Igor Tudor.

Il gigante croato è appena tornato da un infortunio (l'ennesimo), la condizione non è certo quella ottimale ma al minuto 92 il pallone respinto di testa dal futuro bianconero Jorge Andrade cade a campanile proprio davanti a Tudor, che non ci pensa due volte e lo calcia al volo di sinistro infilando il goal del definitivo 3-2 . La Juventus vola così ai quarti mentre Igor entra per sempre nel cuore dei tifosi.

Tudor è arrivato alla Juventus nell'estate del 1998 non ancora ventenne e l'avvocato Agnelli, a margine della tradizionale amichevole di Villar Perosa, lo presenta così: "Sono curioso di vedere quello jugoslavo alto".

L'identikit insomma è chiaro, anche se la Croazia in realtà era una nazione indipendente già da sette anni. L'altezza invece c'è tutta, per l'esatezza 192 centimetri che secondo alcuni articoli dell'epoca costringono lo staff bianconero a modificare gli attrezzi della palestra per consentirne l'uso al giovane Igor. Meno chiaro è il suo ruolo in campo: difensore, centrocampista, terzino?

Poco male perché Tudor, arrivato dall'Hajduk Spalato, durante le stagioni trascorse a Torino gioca praticamente dappertutto offrendo un contributo molto apprezzato dagli allenatori che si succedono sulla panchina della Vecchia Signora, che per assicurarselo ha dovuto battere la concorrenza di Real Madrid e Bayern Monaco. A causa di una lunga serie di assenze peraltro Tudor debutta subito da titolare al centro della difesa, in coppia con Mark Iuliano, in uno storico Perugia-Juventus del 13 settembre 1998 terminato sul risultato di 3-4 e bagna la sua prima in bianconero col goal del momentaneo 0-2 su corner di Del Piero. Nonostante la disastrosa stagione della Juventus, che deve fare i conti con le dimissioni di Lippi e si piazza lontanissima dalle posizioni di vertice, il giovane croato collezione ben 36 presenze.

Le cose andranno decisamente meno bene l'anno dopo quando Ancelotti gli concede poco spazio, mentre nella stagione successiva Tudor diventa praticamente un titolare inamovibile giocando prima come terzo di difesa e poi da terzino nella linea a quattro. Inoltre il croato si conferma implacabile anche nell'area avversaria tanto che i goal alla fine saranno ben 7, quasi tutti di testa, ma non basteranno per vincere il suo primo scudetto.

Scudetto che arriverà col ritorno di Lippi in panchina e in un nuovo ruolo, dato che il tecnico viareggino già durante l'estate del 2001 annuncia di voler utilizzare Tudor come centrocampista: "Credo abbia tutte le qualità per giocare bene anche in coppia con Tacchinardi: ha tecnica, rapidità nel breve, colpo di testa, calcio, prestanza fisica". Igor non ama quella posizione ma le prime uscite sono più che incoraggianti. I piedi, d'altronde, non gli mancano così come il fisico. Almeno finché gli infortuni non iniziano a tormentarlo. Durante una sfida di Champions League contro l'Arsenal gli cede la caviglia e di fatto Tudor non tornerà mai più quello di prima.

A fine stagione le presenze stavolta sono solo 14, ma segna comunque 4 goal di cui uno pesantissimo contro l'Inter. La sua importanza in campo d'altronde è riconosciuta da tutti, Lippi compreso: "Preferirebbe giocare in difesa, ma a centrocampo è un Desailly più tecnico". Mentre la sua assenza ai Mondiali del 2002 per infortunio preoccupa l'allora compagno Boban che arriverà a dire: "Tudor a questa Croazia manca più di me. Con lui, il vero padrone della difesa e anche della squadra, avevamo preso solo un gol in otto partite".

Neppure un intervento chirurgico riesce a risolvere definitivamente il problema alla caviglia, anzi Tudor sembra avere sempre più paura anche solo nel correre. Nonostante i continui infortuni arriva così la partita contro il Deportivo La Coruna e quel goal che vale la qualificazione: "Per me è la fine di un incubo. C’è stato un momento in cui mi sono sentito tagliato fuori da tutto, ma adesso sono finalmente felice. Ho riscoperto la felicità. Davvero, non pensavo di poter essere così felice. La sofferenza non basta un goal per cancellarla. Ma non mi sentivo così da tanti mesi".

Sembra un nuovo inizio, invece sarà solo una parentesi tra un infortunio e l'altro. Lippi gli concede fiducia anche nella finale di Manchester contro il Milan, stavolta come difensore, ma dopo quaranta minuti si fa male in un contrasto con Shevchenko ed è costretto a lasciare il campo. Nella stagione successiva il calvario continua e come se non bastasse Tudor vede sventolarsi in faccia le famose quattro dita da Francesco Totti, che lo invita a stare zitto e tornare a casa durante un Roma-Juventus terminato sul risultato di 4-0. Un episodio rimasto nell'immaginario dei tifosi giallorossi ma dimenticato dal diretto interessato, che qualche tempo dopo da allenatore dell'Udinese dirà: "Le quattro dita di Totti? Cose da campo, di 20 anni fa. Se resto qui il prossimo anno e gioco contro la Roma, quando lo vedo gli do un bacio. Totti è uno dei più forti di sempre".

L'avvicendamento in panchina tra Lippi e Capello convince il croato a restare in bianconero in quella che sarà di fatto la sua ultima stagione alla Juventus, almeno in Serie A. Viene ceduto in prestito al Siena, dove resta due anni giocando con una certa continuità. La Signora così lo riporta alla base puntando anche sulla sua esperienza per risalire dalla Serie B dopo la retrocessione per i noti fatti di Calciopoli: "Sono tornato alla Juve per sfruttare questa grande opportunità. Adesso voglio giocare in difesa, accanto a Kovac. Con la Nazionale croata abbiamo fatto un buon Mondiale, anche se io, tanto per cambiare, giocavo a centrocampo. Nella Juve possiamo ripeterci. Ho parlato con Deschamps, mi ha detto che mi vede bene e che ora tocca soltanto a me".

Ancora una volta a mettersi di traverso sarà la sorte, Tudor infatti si fa male al menisco già durante il ritiro. Alla naturale scadenza del contratto quindi torna all'Hajduk Spalato, dove chiuderà la carriera da calciatore l'estate successiva a soli 30 anni e inizia quella da allenatore. Prima come assistente di Edy Reja, poi guida la formazione Under 17. Quindi ecco la chiamata della Croazia di cui diventa vice-commissario tecnico. E ancora Hajduk, con cui vince la Coppa di Croazia, PAOK, Karabkuspor, Galatasaray fino al ritorno in Italia dove allena a più riprese l'Udinese.

Tudor JuventusGetty Images

In pochi però ipotizzano che un giorno possa sedersi sulla panchina della 'sua' Juventus. Cosa che invece avviene nell'estate del 2020 quando rescinde il contratto che lo lega nuovamente all'Hajduk Spalato per accettare l'offerta di Pirlo e diventare il suo vice. Le cose però non andranno come sperato, sia in campo che fuori, dove il rapporto col Maestro non decolla tanto che Tudor finisce presto nelle retrovie mentre Pirlo preferisce fidarsi del fido Roberto Baronio. Una situazione di cui il croato parlerà a 'Sportske Novosti' solo al termine della stagione, durante cui la Juventus alza comunque al cielo Supercoppa Italiana e Coppa Italia. E sono parole di fuoco nei confronti della società ma anche di Pirlo.

"È stata una stagione dura, ma alla fine siamo riusciti a qualificarci per la Champions League, abbiamo anche vinto la Coppa Italia, eppure ci hanno cacciato. Mi dispiace e non lo trovo giusto. Ho deciso una cosa: non sarò mai più l’assistente di nessuno. Alla Juventus mi ha chiamato Pirlo. È andata così: c’era una lista con cinque nomi compilata dalla Juventus e Paratici ha lasciato a Pirlo la decisione. Lui ha scelto me. Pirlo mi ha chiamato, con Nedved che era accanto a lui. Mi ha offerto il posto da assistente e ho accettato, perché era la Juve. Ma visto che è molto amico di Baronio, ha preso anche lui e un altro, un analista, e ci ha messi tutti sullo stesso livello. Non era giusto, perché dopo tutto io sono un allenatore".

Parole a cui Tudor ha fatto seguire i fatti a Verona, dove il croato è subentrato con ottimi risultati a stagione in corso al posto di Di Francesco, nonchè a Marsiglia, fino ad un presente chiamato Lazio. Una bella rivincita, insomma.

Pubblicità