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Juan Sebastián Verón, 'La Brujita' di La Plata: gli esordi in Argentina, l'affermazione in Italia, l'esperienza in Premier

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"Verón, Verón, tira la bomba Verón, Verón..."

Con questo coro, al ritmo di 'El Porompompero', la Gradinata Sud, rendeva il suo tributo a Juan Sebastián Veron appena si accingeva a calciare una punizione al Ferraris con il suo destro al fulmicotone. Puntualmente la conclusione centrava lo specchio della porta e spesso si infilava in porta alle spalle del portiere, mandando in visibilio i tifosi blucerchiati.

Centrocampista offensivo argentino di gran classe e visione di gioco, 'La Brujita', 'La Streghetta', soprannome che eredita da suo padre, anch'egli calciatore, detto 'La Bruja', 'La Strega', nella prima parte della sua carriera si mette in evidenza per l'esplosività e la potenza del suo tiro, che gli permetteva di essere spesso decisivo sui calci piazzati anche dalla lunga distanza.

Dopo gli esordi in patria con Estudiantes e Boca Juniors, nel 1996 approda in Europa in forza alla Sampdoria, e diventa subito un beniamino dei suoi tifosi. Passa successivamente al Parma e alla Lazio, completando la sua crescita tecnica e tattica e vincendo tanto in Italia e nel Vecchio Continente. Per due stagioni si trasferisce quindi in Premier League, con il Manchester United, vincendo anche un campionato inglese. 

Il finale di carriera lo vede quindi, dopo una breve esperienza al Chelsea, riabbracciare la Serie A con l'Inter, e vincere ancora giocando prevalentemente da regista in posizione più arretrata. Nel 2006 fa ritorno in patria, e diventa un idolo dell'Estudiantes, la squadra con cui tutto era iniziato. Vince 2 campionati e nel 2009, a 34 anni, disputa una grande stagione e conquista con i biancorossi anche la Copa Libertadores. Continua a giocare, facendo anche qualche esperienza con squadre delle serie minori, fino a 42 anni, ritirandosi nel 2017.

Con la Nazionale argentina vince l'argento alle Olimpiadi di Atlanta del 1996, poi partecipa a tre Mondiali, fra grandi prove e critiche, e ad una Copa America. Pelé lo ha inserito nella FIFA 100, la lista dei 125 migliori giocatori al Mondo viventi, e per due volte è stato Pallone d'oro sudamericano, venendo votato come Calciatore sudamericano dell'anno nel 2008 e nel 2009.

GLI ESORDI IN ARGENTINA

Nato a La Plata il 9 marzo 1975, Juan Sebastián Verón è un figlio d'arte: suo padre, Juan Ramón Verón, era stato un pilastro del grande Estudiantes, a cavallo fra gli anni Sessanta e gli anni Settanta del secolo scorso.

Capello corto, baffetti e fisico asciutto, il ragazzo ci sa fare con la palla fra i piedi: così abbandona la scuola ed entra nelle Giovanili dei Pincharratas nel 1993. La sua ascesa è rapida e nel 1994 si ritrova già in Prima squadra. Delizia i tifosi biancorossi con assist millimetrici e goal, confezionati con il suo magico piede destro.

Dopo 7 presenze nella stagione d'esordio, che si conclude con la retrocessione della squadra in Serie B, il 1994/95 è l'anno dell'esplosione: con 38 gare di campionato e 5 goal, Verón si impone come uno dei migliori centrocampisti emergenti del suo Paese e trascina nuovamente l'Estudiantes in Primera División. Disputa in biancorosso anche il Torneo di Apertura 1995/96, ma il talento di La Plata è già nel mirino delle big locali.

Se lo aggiudica il Boca Juniors, che lo porta alla Bombonera nel marzo del 1996. Verón indossa però la maglia n°11 degli Xeneizes per poche gare, giocando al fianco di Diego Armando Maradona e Claudio Paul Caniggia, e segnando 4 goal in 17 partite. Le sue qualità tecniche, balistiche e carismatiche attirano presto le attenzioni dei club europei. Ed è nel Vecchio contintente che il figlio di Juan Ramón troverà la sua affermazione.

Juan Sebastian Veron Sampdoria Serie AGetty Images

L'APPRODO IN ITALIA NEL 1996

Ad aggiudicarselo è la Sampdoria di Sven-Goran Eriksson. L'allenatore svedese ne richiede fortemente l'acquisto al suo presidente Enrico Mantovani, che dopo la cessione di Clarence Seedorf al Real Madrid, investe 6 miliardi di vecchie Lire per portarlo a Genova. 

"Nel 1996 non c'erano i social, soltanto la tv e i giornali. Quando mi dissero che mi voleva la Samp nella mia mente ricordavo solo quella finale di Champions persa qualche anno prima con il Barcellona. - dirà nel maggio 2020 in un'intervista a 'DAZN' - Mi trovavo in Cina con il Boca, e parlando con Diego mi raccontava di questa squadra a cui ero stato venduto. E sono partito con la valigia".

Verón sbarca al Ferraris a 21 anni con il compito non semplice di sostituire l'asso olandese, ma dimostrerà a tutti che la fiducia accordata nei suoi confronti è stata ben riposta. L'argentino sceglie il numero 20 e debutta in Serie A nella sconfitta in trasferta contro il Perugia l'8 settembre 1996 (1-0 per gli umbri). Ma a restare impressa è la successiva prestazione casalinga contro il Milan campione d'Italia, guidato da Oscar Washington Tabarez.

Il Milan parte meglio e passa a condurre con Weah. Nella seconda metà della prima frazione, però, Verón, impiegato da mezzala destra, giganteggia a centrocampo e suona la riscossa per i suoi. Nel recupero concesso dall'arbitro, si esibisce nel suo pezzo forte: il calcio di punizione da distanza siderale. 

Con un tiro forte e tagliato da oltre 30 metri, l'ex Boca colpisce il palo, ma la palla castiga Sebastiano Rossi, che nel tentativo di salvare la propria porta, la devia col braccio alle sue spalle. Il goal, con le regole dell'epoca, diventa autorete del portiere avversario, ma di fatto è come se fosse suo. Dopo la prodezza, l'argentino si lancia in una corsa sfrenata sotto la Gradinata Sud, e ne diventa il beniamino.

Nella ripresa suggella la sua prestazione da urlo con l'assist per il goal della vittoria, firmato al 76' da capitan Mancini. Il 26 gennaio, in trasferta al Curi, si 'vendica' degli umbri firmando la sua prima doppietta italiana. Spettacolare soprattutto il secondo: su calcio d'angolo di Mihajlovic dalla sinistra, Verón impatta la palla con un perfetto destro al volo che si infila all'incrocio dei pali.

"Ogni volta che mi chiedono un goal, scelgo sempre questo. È stato sicuramente uno dei miei più belli: se calcio 10 volte la maggior parte sarebbe finito in curvo. Spesso in allenamento provavamo queste cose con Sinisa. Ho visto la palla lunga e ci ho provato".

La Sampdoria chiude l'annata al 6° posto, conquistando la qualificazione alla Coppa UEFA. Veron, al debutto nel campionato più bello ma anche difficile del Mondo, totalizza 32 presenze e 5 reti, e dimostra di essere un campione. 

A Genova resta una seconda stagione, nella quale totalizza 29 presenze e 2 goal, meno positiva della prima, che vede i liguri chiudere al 9° posto e uscire subito di scena dall'Europa. Per 'La Brujita', dopo 68 presenze complessive e 7 goal, arriva l'ora di fare un nuovo passo in avanti nella sua carriera, ma i tifosi non lo dimenticheranno mai.

"I primi passi sono stati importantissimi. Esser arrivato in una città così, con questa conoscenza del calcio, in una squadra di medio livello, ma forte, per la mia crescita è stato perfetto. A Genova ho vissuto due anni bellissimi, soprattutto il primo. Voglio bene alla città e alla società".

Gabriel Omar Batistuta Juan Sebastian Veron Parma Fiorentina Serie A 1998/99Wikipedia

I TITOLI CON PARMA E LAZIO

Per vincere i primi titoli della sua carriera, però, Verón deve trasferirsi al Parma nel 1998/99. In gialloblù, con Alberto Malesani in panchina, l'argentino è utilizzato in una posizione diversa, praticamente da regista puro che imposta il gioco e lo costruisce. Segna 5 goal in 42 presenze totali fra Serie A e Coppe, ma soltanto uno in 26 gare in campionato.

A fine stagione conquista la Coppa Italia, con 2 pareggi nella doppia finale con la Fiorentina, penalizzata dai goal in trasferta, e soprattutto la Coppa UEFA a Mosca contro l'Olympique Marsiglia. In una delle gare più belle della stagione giocate dagli emiliani, Verón dà il meglio di sé, trascinando i suoi compagni con la sua leadership tecnica e carismatica in mezzo al campo.

Anche il suo look cambia: capelli rasati e orecchino lo caratterizzeranno da quel momento alla fine della sua carriera.

In Emilia resta appena un anno, per passare alla Lazio del suo mentore Sven-Goran Eriksson nel 1999/00. L'Aquila è protagonista in estate di una campagna acquisti faraonica e il patron Sergio Cragnotti mette sul piatto 52 miliardi e mezzo di Lire per portare nella capitale il centrocampista argentino. A convincerlo è Roberto Mancini, suo ex compagno di squadra, che gli dice che con Verón e Mihajlovic si vinceva il campionato.

"Con Mancio ci eravamo ripromessi di giocare di nuovo insieme e iniziare un ciclo. - rivelerà a 'La Repubblica' in un'intervista del maggio 2020 - Scommessa vinta. Mancini era un leader nato ed Eriksson un allenatore formidabile. Ha convinto i fuoriclasse di quella squadra a mettere da parte le ambizioni personali per puntare all’obiettivo comune".

Con Verón arrivano fra gli altri anche il connazionale Diego Pablo Simeone (10 miliardi) e l'attaccante Simone Inzaghi (21 miliardi).

Juan Sebastian Veron Lazio 2000Claudio Villa /Allsport

Eriksson rimette Verón nel ruolo di interno e la Lazio vola: i biancocelesti conquistano il 2° storico Scudetto della loro storia, beffando la Juventus, sconfitta nella gara decisiva del 14 maggio 2000 nel diluvio di Perugia. La partita del Curi, sospesa e poi ripresa dall'arbitro Collina, termina dopo la sfida dell'Olimpico, che vede l'Aquila battere la Reggina. 

"Ricordo io e Nestor Sensini incollati a una radiolina, nella pancia dell’Olimpico, per seguire in apnea gli ultimi minuti di Perugia-Juve. - dirà a 'La Repubblica' - Una situazione surreale, gente intorno con le lacrime agli occhi e i nervi a pezzi. Con l’Estudiantes mi è capitato di vivere le emozioni di uno spareggio, mai però potevo immaginare di vincere uno Scudetto aspettando per un’ora il risultato dei rivali".

"Alle 18.04 fu il delirio. Dio aveva fatto giustizia. La domenica precedente, un goal regolare del Parma contro la Juve era stato annullato. Eravamo molto arrabbiati. E poi quello Scudetto era meritato anche per altri motivi: l'anno prima io non c'ero, ma il titolo era sfumato all'ultimo con la vittoria del Milan. Chissà con i telefonini di oggi quanti bei video sarebbero venuti fuori. Però non festeggiammo come avremmo dovuto. Il giro di campo era previsto la sera al Circo Massimo, ma c’era troppa gente, non riuscimmo neanche a scendere dal pullman".

Verón è uno dei grandi protagonisti di quell'impresa, e totalizza 43 presenze e 8 goal complessivi nella prima stagione romana. Tutte le reti arrivano in Serie A. Segna su punizione nel derby con la Roma del 25 marzo 2000, firmando il 2-1 decisivo, e nella sua super stagione c'è anche un assist che pesa tanto, quello per il goal decisivo di Simeone nello scontro diretto con la Juventus (1-0 per l'Aquila).

Oltre al campionato, per il centrocampista e la squadra capitolina arrivano altri trofei: la Supercoppa europea già in agosto, vinta battendo il Manchester United di Ferguson, e la Coppa Italia, la seconda per l'argentino, conquistata contro l'Inter. La 'Brujita' si toglie la soddisfazione di esordire e brillare anche in Champions League, dove la Lazio, alla sua prima partecipazione, arriva fino ai quarti di finale, venendo eliminata dal Valencia.

Il secondo anno a Roma è meno positivo (32 presenze e 4 goal), e iniziano a subentrare i primi problemi al ginocchio che lo affliggeranno per il resto della sua carriera. Verón aggiunge comunque al suo ricco palmarés una Supercoppa italiana, totalizzando in tutto 79 presenze e 14 reti prima di salutare la capitale nell'estate del 2001 per fare un'esperienza in Premier League. 

Juan Sebastian VeronGetty Images

ZERO TITOLI CON L'ARGENTINA

Visto il suo rendimento, Verón è convocato fin da giovane nella Nazionale argentina. Ma il rapporto fra 'La Brujita' e l'Albiceleste non sarà mai troppo fortunato. Nel 1996, ad Atlanta, è nella squadra Under 23 che conquista la medaglia d'argento alle Olimpiadi di Atlanta. I sudamericani sono battuti in finale dalla Nigeria di Nwankwo Kanu. Poco dopo, il 1° settembre, il centrocampista fa il suo esordio anche con la Nazionale maggiore, nella sfida contro il Paraguay, valida per le Qualificazioni ai Mondiali di Francia '98.

Gioca tre Mondiali, nel 1998, nel 2002 e nel 2010, senza riuscire a ottenere grandi risultati: per due volte la squadra è eliminata ai quarti di finale, in un'occasione, in Corea e Giappone, addirittura al Primo turno.

Nel 2002 il centrocampista di La Plata è anche il capitano della spedizione argentina, e subisce pesanti critiche da parte dei tifosi per la sua prestazione nel match contro l'Inghilterra, sempre molto sentito in patria. Il rapporto fra Verón e l'Argentina si chiude nel 2010, dopo 72 presenze e 9 goal, all'età di 35 anni. L'ultima gara che lo vede protagonista è la vittoria per 3-1 contro il Messico negli ottavi di finale di Sudafrica 2010 contro il Messico.

Juan Sebastian Veron Manchester United Premier LeagueGoogle

IN PREMIER LEAGUE CON MANCHESTER UNITED E CHELSEA

Nel 2001 Verón lascia la Lazio per trasferirsi al Manchester United di Sir Alex Ferguson. La cifra del trasferimento è altissima: 80 miliardi di Lire è la somma che i Red Devils versano nelle casse biancocelesti per assicurarsi il cartellino del giocatore argentino. 

Ma anche a causa dei problemi fisici al ginocchio destro, che suole sempre stringere con una fascetta bianca prima di scendere in campa, per, dice lui, "non far ballare troppo la rotula", nei suoi due anni allo United 'La Brojita', pur vincendo una Premier League nel 2002/03, non riesce a brillare particolarmente in un calcio molto atletico come quello inglese. Gioca con il numero 4 sulle spalle e segna 11 reti in 82 presenze totale con i rossoneri, prima di trasferirsi al Chelsea per 26 milioni di euro.

A Londra lo vuole Claudio Ranieri, ma il feeling fra Verón e i Blues non sarà mai quello che il tecnico romano si aspettava. Dopo appena 14 presenze e un solo goal all'esordio contro il Liverpool (vittoria 1-2 per i londinesi), nell'estate 2004 torna in Italia per indossare la maglia dell'Inter.

IL BIENNIO ALL'INTER

I nerazzurri prendono Verón in prestito e a Milano l'argentino, sotto la guida tecnica del suo amico, Roberto Mancini, torna a giocare ad alti livelli. In due stagioni colleziona 74 presenze e 4 goal in tutte le competizioni, e vince una Supercoppa italiana, 2 Coppe Italia consecutive, portando a 4 il numero totale della sua carriera, e lo Scudetto 2005/06, assegnato ai nerazzurri a tavolino dopo i fatti di Calciopoli.

"A Milano ho vissuto due stagioni bellissime, - ha dichiarato il centrocampista a 'DAZN' nel 2020 - ricordo ogni momento. Abbiamo gettato le basi per un ciclo di vittorie storico". 

Rinfrancato dopo le delusioni inglesi, Verón nel 2006 fa ritorno al Chelsea ma firma subito con l'Estudiantes, la squadra con cui tutto era cominciato, e con la quale era destinato a scrivere altre pagine prestigiose della storia del calcio.

Juan Sebastian Veron InterGetty

IDOLO IN PATRIA

Quello con l'Estudiantes diventa per 'La Brojita' un binomio indissolubile. Nel 2006 vince subito il Torneo di Apertura, e al termine di quella stagione, è premiato per la prima volta come calciatore argentino dell'anno. Ma il meglio lo dà dal 2008 al 2010, stagioni che lo vedono plurivittorioso.

Con l'Estudiantes conquista un secondo Torneo di Apertura nel 2010, e l'anno precedente trionfa nella Copa Libertadores, battendo in finale i brasiliani del Cruzeiro, sconfitti 2-1 al ritorno dopo lo 0-0 della gara di andata. 

I successi di squadra portano a prestigiosi riconoscimenti individuali: nel 2008 e nel 2009 Verón è il Pallone d'Oro sudamericano, venendo votato come Calciatore sudamericano dell'anno.

Juan Sebastian Veron Estudiantes Atletico Nacional Copa Libertadores 19042017Getty

IN CAMPO FINO A 42 ANNI

Nonostante l'età avanzata, Verón continua a divertirsi in campo fino a 42 anni. Fa due parentesi nelle serie minori con il Coronel e l'Estrella de Berisso, tornando altre due volte all'Estudiantes. Il 28 dicembre 2016, a 41 anni, firma un contratto di 18 mesi con i biancorossi. 

L'ultima gara ufficiale la disputa il 12 aprile 2017 in Copa Libertadores contro gli equadoriani del Barcellona di Guayaquil, persa 2-0 dagli argentini. A 42 anni dice basta, dopo una carriera ricca di trofei e soddisfazioni, per passare poi dietro la scrivania e diventare inizialmente Direttore sportivo, quindi Presidente della società di La Plata.

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