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Michael Konsel, quando Zeman portò alla Roma il precursore di Neuer

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La storia recente della Roma per quanto riguarda i portieri non è felice, né annovera nel cuore dei tifosi giallorossi grandi nomi. Negli ultimi 11 anni si sono avvicendati più di 12 estremi difensori tra i pali della squadra capitolina, in un saliscendi di prestazioni che hanno visto Alisson essere tra i portieri che più hanno saputo fare breccia nel cuore della Roma. Eppure, anche l’estremo difensore brasiliano, ora al Liverpool, ha sofferto di qualche critica.

La media è di un portiere diverso all’anno per la Roma, che nelle ultime annate ha puntato sui vari Robin Olsen, Pau Lopez, Antonio Mirante e Rui Patricio. Tutto era iniziato con Doni, insieme al suo vice Artur Moraes, confermati l’anno successivo con l’arrivo anche di Lobont e Julio Sergio. Poi toccò a Stekelenburg, fino a Gianluca Curci, rimasto in giallorosso per quattro anni nonostante i numerosi problemi ravvisati tra i pali. Poi Goicoechea, figlio d’arte, ma autore anche di numerosi errori tra cui un clamoroso autogol con il Cagliari. Nel 2013 arrivarono De Sanctis e Skorupski, mentre nel 2015 la dirigenza decise di affidarsi a Wojciech Szczesny, che si alternava a De Sanctis. Con Alisson, poi, la storia diventa recente, confermando un’incertezza di fondo importante, che fino al 2005 era stata arginata dal nome di Ivan Pelizzoli, titolare dal 2003 dopo aver preso il posto di Francesco Antonioli, portiere dello Scudetto. Arrivato nel 1999, il portiere originario di Monza e già vincitore – non da protagonista – di due Scudetti del Milan, prese il posto di quello che a oggi è ritenuto essere l’ultimo portiere in grado di dare sicurezza al cuore dei tifosi giallorossi, quelli che erano in grado di soffrire con il calcio offensivo di Zdenek Zeman: parliamo di Michael Konsel.

Cresciuto a Vienna, sia privatamente che professionalmente, Konsel aveva iniziato la sua carriera a sedici anni, entrando nelle giovanili del Kritzendorf: qui, sin da subito, si mette in mostra per la sua grande capacità di gioco con i piedi, dimostrando di poter essere un portiere in grado di giocare non solo con grande sicurezza, ma di poter offrire anche un’impostazione che partiva dal basso. Diversi anni prima di quello che si chiede oggi a tutti i portieri, l’austriaco aveva mostrato quanto potesse essere importante la scuola avviata, in tempi non sospetti, da giocatori come Chilavert o anche Higuita.

Avevo fatto con anni d’anticipo quello che fa adesso Neuer, quello di giocare molto con i piedi. Era una cosa che mi divertiva, perché sapevo disimpegnarmi bene. Anche con le uscite ero bravo”.

Konsel in Austria vince tutto quello che è possibile portare a casa: quattro campionati con il Rapid Vienna, tre Coppe d’Austria, tre Supercoppe d’Austria, venendo anche nominato calciatore dell’anno in Austria per ben due volte. Gioca anche una finale di Coppa delle Coppe contro l’Everton. Quando Zeman arriva alla Roma, dopo una stagione mediocre per i giallorossi, che avevano dovuto rinunciare anche alla qualificazione alle competizioni europee, l’indicazione sul mercato è una sola: la squadra non viene stravolta, da valorizzare c’è l’estro del giovanissimo Francesco Totti, ma serve un portiere in grado di giocare in maniera offensiva, come il boemo pretende. Serve qualcuno in grado, in quel ruolo, di giocare alto, anche fuori dall’area, con dei buoni piedi e che non avesse paura di uscire dall’area piccola: serve Michael Konsel.

Nonostante queste sue qualità indiscusse, Konsel riesce a confermarsi anche con uno stile molto sobrio, mai sopra le righe: dopo un rigore parato, resta freddo e pronto al prossimo intervento. Le sue parate sono plastiche, ma efficaci: in uscita chiude lo specchio all’avversario, ma se deve restare tra i pali, i suoi interventi sono sempre precisi. Passa alla Roma a 35 anni, a un’età non più giovane, il che scatena lo scetticismo della tifoseria. Eppure, come spesso capita, la Pantera austriaca riesce a conquistare tutti. Con il suo volto quasi da attore, arriva in Italia a un’età che per poco non gli concede di superare il record di Vierchowod, il più anziano giocatore in attività all’epoca. Non un problema, perché da amante degli sport estremi, grande amico di Niki Lauda, prima di incontrare l’ambiente giallorosso si sente con Herbert Prohaska, ex centrocampista della Roma, austriaco, CT della nazionale proprio negli anni in cui Konsel arriva nella capitale italiana. Si sentono, si confidano, l’ex nerazzurro gli spiega come funziona l’Olimpico e Michael si prepara a dominarlo.

Non capisco perché ci si stupisca tanto: non sono l’ultimo, io. Ho giocato in Nazionale, ho disputato le Coppe Europee, pure due finali, che ho perso purtroppo. Sì, ho giocato sempre in Austria, sono poco conosciuto, ma mi voleva il Barcellona, mi voleva il Bayern Monaco: a Vienna si sono sempre opposti, però”: così Konsel a Repubblica.

Konsel sbarca in Italia ed è l’unico portiere della Serie A ad arrivare dall’estero: la categoria, in quegli anni, vive una fase di transizione, perché da un lato ci sono i decani della professione, da Pagliuca a Marchegiani, fino a Ferron, poi ci sono i giovani che iniziano a farsi vedere con le loro uscite a volo d’uccello: sono gli anni di Buffon, Toldo, Taibi e anche di Taglialatela. Konsel, però, si ispira a Dino Zoff, sogna di poter diventare come lui e di poter arrivare a giocare fino a 40 anni, come aveva fatto l’estremo difensore azzurro. Già alla seconda giornata di campionato, il 14 settembre, Konsel ha l’opportunità di farsi notare: la sfida è doppia, perché oltre ad affrontare la Juventus, dall’altro lato c’è Angelo Peruzzi, un altro astro affermatosi. In attacco, per i bianconeri, c’è Filippo Inzaghi, in campo senza Del Piero. L’attaccante, che quell’anno vincerà lo scudetto con la Vecchia Signora, sbatte però ben due volte contro il muro eretto dall’austriaco. Lo scetticismo inizia già a essere meno, dopo poche settimane, e Konsel ha tutto il tempo di adattarsi all’Italia grazie all’assenza delle coppe europee e aiuta la Roma ad arrivare quarta in campionato. Non è comunque un anno felice, perché in quattro derby con la Lazio, i giallorossi perdono tutte e quattro le volte (campionato e Coppa Italia).

Purtroppo, l’anno successivo la sfortuna si abbatte su Konsel: dopo esser stato uno dei migliori portieri del campionato, l’estremo difensore austriaco deve arrendersi alla rottura del tendine d’Achille, subita durante un’amichevole estiva contro la Francia. Salta l’intero girone d’andata, con Antonio Chimenti che gioca al suo posto, poi l’attesa: a gennaio Konsel è pronto a tornare in campo, ma Zeman non lo rischia, anche perché, nel frattempo, Chimenti gli sta dando garanzie alle quali non vuole rinunciare. Dal 26 aprile e un Udinese-Roma che era stata la sua ultima gara del 1998, passano otto mesi prima di vedere nuovamente in campo il portiere austriaco, che a marzo, nel frattempo, compie 37 anni. Zeman non si esprime mai, lo porta in panchina, ma lo fa soffrire: Konsel a 36 anni non può permettersi di stare a guardare la sua squadra seduto come spettatore non pagante. Soffre e rischia di incrinare il rapporto con il suo tecnico.

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A gennaio, dopo due settimane di fermo obbligato in panchina, torna in campo contro il Vicenza: non subisce reti e riesce a farsi confermare per la gara successiva, contro la Salernitana. Poi, però, Zeman inizia l’avvicendamento con Chimenti, in maniera più intensa: i due si alternano, fino a quando Konsel non riguadagna la titolarità da marzo fino a maggio, per due mesi interi. In Coppa UEFA non gioca mai, in Coppa Italia nemmeno: la Roma viene eliminata da entrambe le competizioni a marzo e termina il campionato al quinto posto, confermandosi per la Coppa UEFA dell’anno successivo. Konsel, però, non è più indispensabile e i 37 anni iniziano a essere un problema per la rosa giallorossa.

L’esonero di Zeman, inoltre, con l’arrivo di Fabio Capello chiude anche alla necessità di avere un portiere con le caratteristiche di Konsel. Dal Bologna arriva Francesco Antonioli, titolare indiscusso per tutta la stagione, e l’ex Rapid Vienna viene ceduto a stagione in corso, in direzione Venezia. Dal ritiro della nazionale austriaca, con la quale però non giocherà più dopo l’infortunio del ’98, Konsel attende la conferma dell’indennizzo al trasferimento da parte della Roma e dopo dirà di sì ai veneti. In laguna gioca appena una stagione, prima di ritirarsi dal calcio giocato a 38 anni: da quell’infortunio, complice anche l’età non più giovanissima, Konsel non si riprende e dopo una prima metà di stagione da protagonista, si arrende all’avvicendamento, anche in questo caso con il suo vice, Fabrizio Casazza, che gli passa davanti e gli ruba il posto da titolare per il resto della stagione.

Konsel si ritira, quindi, con 15 presenze all’attivo con la maglia del Venezia, ma dopo esser entrato nel cuore dei tifosi della Roma. Già da calciatore, l’ex portiere aveva iniziato a ragionare sul proprio futuro: nel 1995 fonda una società che organizza dei campus, nella periferia di Vienna, per la formazione di giovani portieri, che possano intraprendere una carriera come la sua. Nel 2007 partecipa alla versione austriaca di ‘Ballando con le stelle’, arrivando al settimo posto. Poi la conferma di quel rapporto creatosi con Zeman che probabilmente sarebbe potuto andare oltre, se il boemo fosse stato confermato sulla panchina giallorossa: il tecnico, al suo ritorno alla Roma, nel 2012 lo richiama nella Capitale come preparatore dei portieri, ma la società gli impedisce di concretizzare il rendez-vous. Nel 2014 ci ha riprovato Konsel, autoproponendosi per tornare a Roma, sempre da preparatore dei portieri: nessuna risposta dall’esecutivo di James Pallotta e dallo staff di Rudi Garcia.

“Ho ricordi bellissimi legati alla Roma. Avevamo una bella squadra, con tanti campioni come Totti e Delvecchio. Avevamo un buon gruppo e l’Olimpico era sempre pieno. E un allenatore come Zeman, la cui filosofia mi teneva sempre impegnato”.

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