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Mido, l'alter ego di Ibrahimovic: tra forbici, diete e follie

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Se esiste un giocatore che ha tenuto testa a Zlatan Ibrahimovic, quello è Ahmed Hossam Mido. L'unico a tenergli testa sotto tutti gli aspetti: come calciatore, in campo, ma anche come personaggio, icona, modo di approcciarsi agli altri e alla vita in generale. Mido è di fatto l'alter ego di Ibrahimovic, l'esempio perfetto per spiegare il senso della parola alter ego, che di fatto significa 'un altro me stesso'.

C'è Mido e c'è Ibra. E' strano, perché nel confronto tra i due è racchiuso pienamente il doppio significato della locuzione. L'alter ego è un qualcosa di tanto simile quanto profondamente opposto. Può essere inteso come sostituto, vice, aiutante, persino braccio destro. Oppure un altro sé, una seconda personalità all'interno di un'altra persona, con caratteristiche nettamente distinte dalla prima.

Per riassumere facilmente tutto ciò bastano le parole di Ibra: "Mido è come me, ma peggio". Perché dove si sono fermati gli eccessi di Ibra hanno avuto inizio quelli di Mido. E viceversa, dove si è fermata la crescita di Mido ha avuto inizio quella di Ibra. Eppure c'è stato un tempo in cui entrambe le storie viaggiavano sugli stessi binari. E Mido non era peggio di Ibra. Ma meglio.

Sono arrivati all'Ajax nella stessa estate, ma quello davvero forte sembrava essere l'egiziano. Il primo vero Faraone del calcio, talmente influente da diventare il personaggio egiziano più famoso al mondo, ben prima dell'era dei social e ben prima dell'era Salah. Emblematiche, in tal senso, sono le testimonianze dei suoi allenatori Koeman e Beenhakker.

"In Egitto è considerato un Dio. Chiunque è impressionato da lui. I talent scout, lo staff tecnico, tutti quelli che lo hanno visto giocare credono abbia un grande talento".

Dio Mido prima di Dio Ibra. Sul campo le risposte furono straordinarie: 12 goal in 24 presenze e double in bacheca. Lo stesso numero di presenze dello svedese, che però si fermò a sei reti. Non c'erano dubbi su chi fosse in quel momento la stella nascente dell'Ajax. Non veniva dal ghetto di Malmoe, ma dalla terra delle Piramidi.

"Per strada tutti parlano di Mido. Mido è la parola sulla bocca delle donne e degli uomini arabi. È per gli egiziani ciò che fu Maradona per gli argentini, forse anche di più", scrisse l'autorevolissimo 'The Guardian' nel 2003.

L'equilibrio però era fragile, quasi impossibile da mantenere. E' come ritrovarsi un elefante in un negozio di porcellana, ad ogni passo può accadere il disastro. Ed il disastro accadde quando le personalità di Mido e Ibra arrivarono definitivamente a contatto. Due elefanti, non uno. Non c'è porcellana che tenga. Nella corsa agli eccessi si passava dalle gare notturne clandestine nell'autostrada di Amsterdam alle forbici volanti nello spogliatoio, l'episodio che decreterà la parola fine alla favola di 'Re Mido' all'Ajax.

Un episodio raccontato anni dopo dallo stesso Mido e da Ibrahimovic nella sua autobiografia.

"Ero furioso per non aver giocato titolare. Io urlavo contro tutti e Zlatan urlava contro di me. Avevo delle forbici in mano per togliermi la fasciatura alle caviglie, dieci minuti dopo mi andai a fare la doccia ed ero seduto nella Jacuzzi.

Mido me le lanciò, era completamente impazzito. Le forbici mi sfiorarono la testa e finirono contro il muro”.

"Ci guardammo e cominciammo a ridere. A Zlatan dissi: ‘Lo sai che ti ho quasi ucciso?’ e lui disse: ‘Certo che lo so”.

E anche se Ibra racconterà che "il nostro allenatore tenne quelle forbici come ricordo, da mostrare ai figli", il raptus di Mido peggiorò in maniera irreversibile il rapporto con l'allora tecnico Koeman, al punto che l'egiziano venne spedito nelle squadra riserve e poi prestato al Celta Vigo, prima della definitiva cessione al Marsiglia per 12 milioni di euro, la cifra più alta mai sborsata nella storia per un giocatore egiziano.

Il trasferimento in Francia confermò una volta di più che la personalità di Mido non poteva coesistere con un'altra al suo livello. E se all'Ajax c'era Ibrahimovic, al Marsiglia c'era Drogba. I due instaurarono subito un grande rapporto, almeno fino a quando l'ivoriano non gli tolse il posto da titolare: "Uscivamo spesso insieme, poi ha cominciato a non rispondermi nemmeno al telefono".

"Mido è come me, ma peggio". Ecco che la frase di Ibra comincia ad essere sempre più chiara a questo punto della storia. Una storia che ha avuto il suo snodo cruciale nell'estate del 2004, quella che ha portato Ibra alla Juventus e Mido alla Roma, nonostante in principio dovesse accadere l'opposto, come raccontato dallo stesso Mido.

"All'epoca giocavo nel Marsiglia, ma nel 2004 ricevo un'offerta dalla Juventus, mentre Ibrahimovic, mio ex compagno ai tempi dell'Ajax, ne riceve una dalla Roma. È tutto fatto, io vado in aeroporto pronto per prendere il primo aereo per Torino e sostenere le visite mediche, ma mi arriva una chiamata del mio procuratore Mino Raiola che mi dice di annullare il viaggio. Il motivo? La Juventus aveva trovato un accordo con Zlatan, mentre a me toccava andare alla Roma".

Eccolo, l'alter ego di Ibrahimovic. Quello che doveva essere il colpo è diventato l'alternativa. E' diventato l'alter, è diventato l'altro, un qualcosa che il suo ego non può reggere. "Ibrahimovic è bravo, ma io segno di più”, la promessa ai tifosi della Roma che non riuscirà a mantenere. Alla fine saranno 8 presenze stagionali e nessun goal, la sua peggiore stagione di sempre.

Il lento declino di Mido ha avuto inizio, nonostante la cessione al Tottenham e gli 11 goal segnati alla prima stagione giocata per intero in Premier League. Il punto di non ritorno sarà l'incredibile lite col commissario tecnico della Nazionale egiziana in semifinale di Coppa d'Africa dopo una sostituzione. Mido gli darà più volte dell''asino' e gli metterebbe persino le mani addosso se compagni e forze dell'ordine non intervenissero. Quella Coppa d'Africa si concluderà con la vittoria in finale dell'Egitto contro la Costa D'Avorio del nemico-amico Drogba, consolato a fine partita proprio da Mido, che non solo non giocherà la finale ma verrà pure squalificato per 6 mesi dalla Nazionale dopo quell'episodio.

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L'essere come Ibra ma peggio lo porterà al ritiro dal calcio giocato a soli 30 anni, dopo un lungo giroavagare senza una meta tra Egitto ed Inghilterra, dove è diventato noto più per le presenze da 'KFC', la nota catena di fast food, che sul campo. La sua pessima alimentazione, specie dopo il ritiro, lo porterà a pesare 150 kg. Un'altra persona più che un alter ego.

"Pesavo 150 chili e ho raggiunto un punto in cui non riuscivo a camminare per 30 metri. Ricordo l'episodio di quando lasciai il mio yacht in Egitto cinque mesi fa ed io, insieme ad amici ci siamo ancorati su un'isola. Dovevo percorrere una distanza di 300 metri sulla sabbia al sole ma non riuscivo a camminare. Dovevo stare seduto per 30 minuti, avevo solo 35 anni. È stato il momento in cui è scattato l'allarme".

Nel giro di un anno, tra il 2018 e il 2019, Mido perderà qualcosa come 50 kg e inizierà a riprendersi la sua vita. Oggi fa l'allenatore, o meglio, lo faceva. La sua carriera in panchina ha avuto subito parecchie similitudini con quella da calciatore. È partito fortissimo con lo Zamalek diventando l'allenatore più giovane del calcio egiziano a vincere un titolo, ma da lì in poi saranno solo esoneri, uno dei quali dopo appena 37 giorni nella sua seconda esperienza allo Zamalek. A dicembre scorso, ed esattamente il 27, l'Ismaily lo ha richiamato in panchina.

Mentre era alla guida dell'Al-Wahda, in Arabia Saudita, ha rischiato addirittura la fustigazione per aver insultato sui social un tifoso che lo invitava a dimettersi. Se la caverà con la teoria dell'account hackerato, ma da un anno a questa parte non si è più seduto in nessuna panchina. Mentre Ibrahimovic, con due anni in più di lui, sappiamo bene cosa sta combinando.

Questione di alter ego. Perché Mido è come me, ma peggio.

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