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Panucci e la lite con Lippi che gli costò i Mondiali 2006

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Ha vestito le maglie di alcuni dei club più importanti al mondo e vinto praticamente tutto, ma nella carriera da calciatore di Christian Panucci c'è un grande rimpianto: il Mondiale 2006, sfumato per vecchi contrasti col CT Marcello Lippi ai tempi in cui il tecnico viareggino allenava l'Inter.

"Avevo carattere, non avevo un brutto carattere. Forse qualcuno dimentica che ho vinto 20 trofei, a 18 anni giocavo nel grande Milan, a 23 nel Real Madrid e poi al Chelsea e alla Roma. Capello mi ha sempre voluto con sé, l'unico con cui ho avuto problemi è Lippi".

"MI SONO ROTTO LE PALLE": LA LITE CHE COSTÒ I MONDIALI A PANUCCI

Panucci, dopo aver già vinto tutto tra Milan e Real Madrid, viene riportato in Italia dall'Inter nell'estate del 1999 proprio su richiesta di Marcello Lippi. Tanto che il rapporto tra i due inizia sotto i migliori auspici.

"Mi riempie d'orgoglio il fatto di essere voluto da un allenatore come Lippi. Mi sta conquistando. Dà certezze. È rassicurante. È bello ascoltarlo, anche quando parla a lungo. Si lavora bene con lui. Ha le sue regole: bisogna andargli dietro e credergli".

L'idillio però durerà davvero poco. La rottura, definitiva quanto rumorosa, arriva solo otto mesi più tardi quando Panucci finisce in panchina per due partite consecutive. È il 22 aprile del 2000, Lippi ordina a Panucci di entrare in campo durante Inter-Bari, ma il terzino non risponde e l'allenatore gli chiede di tornare a sedersi in panchina. La domenica successiva non viene convocato per la trasferta di Perugia.

"Basta, mi sono rotto le palle. Bisogna essere seri, mi riferisco a Panucci e a tutti gli altri. Ha fatto qualcosa di gravemente scorretto nei confronti di società, allenatore, panchina e compagni".

Una versione, quella del tecnico viareggino, che Panucci conferma solo in parte sottolineando come in realtà fosse pronto a entrare regolarmente.

"Ci sto se mi si accusa di non aver risposto, ma non accetto che si inventi che non volevo entrare, perché mi sono riscaldato, ero pronto per togliermi la tuta quando l'allenatore mi ha chiesto di sedermi. Allora, se parlo faccio casini, se non rispondo è lo stesso... Questa reazione mi sembra troppo pesante, e, così come i miei compagni, non me l'aspettavo".

All'inizio della stagione successiva l'allora presidente Moratti cerca una mediazione e Lippi sembra aprire uno spiraglio alla permanenza di Panucci in nerazzurro.

"Sono un dipendente, Panucci è un patrimonio della società e io allenerò chiunque mi venga messo a disposizione".

A chiudere definitivamente la porta a Lippi e di conseguenza all'Inter però è Panucci, che accusa il tecnico di avergli fatto perdere Euro 2000.

"Da quando ho avuto problemi con Lippi, non ho più la testa per restare all'Inter. Non mi sono mai preso in giro e per questo motivo non torno indietro sulle mie decisioni. Per questa vicenda ho perso l'Europeo e una cosa del genere non posso perdonarla a nessuno. Sono costretto a lasciare l'Inter. Ho subìto un torto, è stata toccata la mia professionalità e per questo motivo voglio andare a giocare in un' altra squadra".

Dopo una sola stagione, con 26 presenze e un goal, Panucci quindi lascia l'Inter per trasferirsi al Chelsea prima di tornare nuovamente in Italia per vestire la maglia della Roma, dove vivrà una seconda giovinezza e ritroverà il suo mentore Fabio Capello. Lippi invece viene esonerato dopo la prima giornata di campionato, quando va in scena il celebre sfogo di Reggio Calabria. Un ulteriore segnale di come il rapporto tra il tecnico e lo spogliatoio sia ormai del tutto compromesso.

"Fossi il presidente, caccerei subito l’allenatore, appenderei i giocatori  al muro e li prenderei a calci nel culo".

Lo screzio con Lippi costa carissimo a Panucci sei anni più tardi, quando neppure l'ennesima grande stagione con la Roma ed i buoni rapporti tra l'allora CT azzurro e il tecnico giallorosso Luciano Spalletti riescono a fargli ottenere la convocazione per i Mondiali del 2006, che poi gli Azzurri vinceranno in Germania.

"L' Italia è uno dei pochi Paesi al mondo in cui un giocatore in forma non riesce a guadagnarsi un posto in nazionale solo perché risulta antipatico".

Lippi tira dritto e gli preferisce il palermitano Cristian Zaccardo, mentre al suo ex giocatore dedica poche parole.

"Sono due anni che faccio le convocazioni soltanto per scelta tecnica". 

Panucci vede così sfumare l'occasione di laurearsi campione del mondo, mentre nel 2007 torna in Nazionale grazie all'ex compagno Roberto Donadoni che lo convoca pure per la fase finale degli Europei 2008. Il rimpianto, però, resta.

"Una volta mandai a cagare Lippi e ci rimisi i Mondiali.  Ammetto di aver sbagliato all'Inter, ma anche Lippi aveva una gestione del gruppo davvero particolare: aveva problemi anche con altri giocatori e non solo con me. Se guardo al rapporto con Lippi, ne parlavo male quando giocavo, figurati adesso che smetto. A parte gli scherzi, questo fa parte della vita, ci sono persone con cui si va d’accordo e altre meno. Io ho sempre accettato tutto con serenità, anche se a cena con lui con ci andrei".

SACCHI, CAPELLO, DONI, SPALLETTI: LE ALTRE LITI DI PANUCCI

In realtà Lippi non è l'unico ad essersi scontrato col carattere focoso di Panucci, che ad esempio lascia il Milan da giovanissimo anche per i contrasti con l'allora tecnico rossonero Arrigo Sacchi, tornato sulla panchina del Diavolo dopo gli anni di Capello.

"Ha voluto la mia cessione perché in realtà non mi ha mai potuto vedere. Lui è vendicativo e non mi ha perdonato le dichiarazioni polemiche di tre anni fa. Io sono uno di personalità e quelli come me gli danno fastidio. Con lui, chi non si adegua finisce male. Sacchi concepisce soltanto i signorsì. Mi piange il cuore all’idea di lasciare il Milan, che mi ha dato ricchezza e cultura. E’ una decisione che cambia la mia vita: non è facile lasciare il proprio Paese a 23 anni, questa notte non ho chiuso occhio ”.

Una versione che l'allenatore respinge con forza, assicurando come dietro il trasferimento di Panucci al Real Madrid non ci siano ragioni particolari.

"Io non ho alcun potere decisionale, faccio semplicemente l'allenatore e questa mi è sembrata una operazione di mercato. Sebbene provocata, la reazione di Panucci mi è sembrata ingiustificata, anche perché ora va a giocare in un grande club come il Real''.

Qualche anno dopo Panucci ammetterà di non sopportare i metodi di Sacchi, facendo almeno in parte mea culpa per il suo comportamento.

"Sacchi mi ha fatto esordire in Nazionale quando avevo 19/20 anni e questo non lo dimentico, lui ha cambiato il calcio ma era molto stressante. Riunioni su riunioni, forse a quell'età non riuscivo a sopportarle".

Un carattere che ha portato Panucci a scontrarsi anche con quello che è stato l'allenatore più importante per la sua carriera, ovvero Fabio Capello, col quale ha vinto tutto tra Milan, Real Madrid e Roma.

"Le persone che più devo ringraziare sono Fabio Capello e il suo vice Italo Galbiati. Sono state delle persone fantastiche. Tensione? Forse ci si riferisce all’episodio di Reggio Calabria. Posso assicurare, però, che il giorno dopo quella discussione ero a Roma a giocare a golf con lui. E’ stato un episodio ma Capello è una persona che davanti alle scuse mette tutto da parte. Con me è stato un uomo vero".

Nonostante questo, come raccontato dallo stesso Panucci, nel 2004 ci ricasca: si gioca Reggina-Roma, Capello gli chiede di entrare in campo ma lui oppone un secco rifiuto senza neppure mai alzarsi dalla panchina del 'Granillo'. Capello al termine della partita abbozza.

"Il problema lo risolviamo nello spogliatoio. Io credo di aver fatto molto per lui, e comunque quando si fa parte di un gruppo se ne devono accettare le regole"

Regole che costeranno a Panucci una multa da 120 mila euro, ovvero il 30% del suo stipendio lordo alla Roma. Sempre in giallorosso, dove resta otto stagioni vincendo due Coppe Italia e una Supercoppa Italiana, Panucci litiga anche col portiere brasiliano Doni durante Udinese-Roma del 13 aprile 2008. Tutta colpa di un'incomprensione su un cross che costa il vantaggio friulano firmato Di Natale.

"Quelle palle sono sempre tue", urla Doni a Panucci che replica indicandosi la tempia e si allontana. Il portiere però lo insegue e minaccia: "Ti spacco", poi tira uno scappellotto sulla mano del compagno finché Mexes non lo riporta fisicamente tra i pali evitando il peggio. Almeno in campo. De Rossi al termine della partita commenta: "Cose che capitano, da noi succede una volta all'anno, ma il gruppo è unito".

Spalletti, allora tecnico della Roma, davanti a microfoni e telecamere cerca di smorzare i toni con l'ironia anche perché alla fine i giallorossi rimontano vincendo 1-3.

"Li ho picchiati tutti e due, insieme. Non bisogna far differenze. Le tensioni ci possono anche stare, ma bisogna essere bravi a non mettere in evidenza quel che si pensa individualmente. Deve prevalere l' aspetto professionale, quando c' è un fraintendimento quel che conta è l' obiettivo da raggiungere. A me interessa che si continui a giocare in una maniera corretta, e che non si disturbi la squadra. C'e' stato un malinteso, non sta a me dire chi ha ragione o no. Gli errori si possono commettere".

Una volta appesi gli scarpini al chiodo, prima di intraprendere la carriera di allenatore, Panucci per qualche anno fa l'opinionista in tv e proprio in questo ruolo si scontra duramente con lo stesso Spalletti durante il post-partita di un Pescara-Roma.

L'oggetto della disputa è la sostituzione di Edin Dzeko, contestato dall'attaccante in corsa allora per il titolo di capocannoniere e criticato pesantemente da Panucci che si rivolge al suo ex tecnico: " Sei stato poco corretto con Dzeko" . Spalletti allora replica: "Per voi è stata una scelta scorretta, per me invece se dite così siete limitati come allenatori: l’ho tolto perchè Dzeko è l’unico centravanti che ho e le prossime sfide non voglio giocarle senza di lui".

Panucci però non ci sta: "Se mi dai del limitato mi offendi", mentre Spalletti insiste: "Le letture possono essere diverse, ma tu mi dici che ho fatto una scelta scorretta e allora secondo me sei limitato". I toni si alzano, poi arriva la pace: "Christian, ti voglio bene", "Anche io Luciano, lo sai che mi piace litigare con te".

Già, tra i due infatti i rapporti si erano deteriorati durante l'ultima stagione alla Roma quando Spalletti esclude il terzino dalla gara contro il Napoli preferendogli Cassetti e Panucci rifiuta di andare in panchina. Dopo quell'episodio, non viene convocato per cinque partite dal tecnico finché non arrivano le scuse ufficiali.

"Ha fatto quello che doveva fare con grave ritardo. E' un calciatore della Roma e si debbono usare le forze a disposizione. In questo caso non conta nessuno, conta solo la Roma. Avrebbe dovuto fare le scuse un paio di giorni dopo il fatto, e ne ebbe la possibilità. Ora si riparte, ma con regole vecchie: lui è un calciatore, io sono l'allenatore e c'è una società, credo abbia avuto il tempo di capirle bene".

Panucci, tagliato dalla lista per la Champions a gennaio, l'estate successiva decide di trasferirsi al Parma prima di lasciare definitivamente il calcio giocato al termine di una carriera ricca di successi ma anche di scontri rimasti nella storia. E con un Mondiale sfumato.

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