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Il colpo grosso di Park Ji Sung, l’unico asiatico che ha vinto la Champions League

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Era la notte tra mercoledì 21 e giovedì 22 maggio 2008. Si giocava in Russia, nello stadio Luzniki di Mosca, grande arena sportiva multifunzione.

In palio, in bella vista a bordocampo, c’era il trofeo scintillante della Champions League, tirato a lucido. Sul terreno di gioco, per la prima volta nella storia, due squadre inglesi a contenderselo: da una parte il Manchester United di Alex Ferguson, dall’altra il Chelsea di Avram Grant (che era subentrato in corsa a José Mourinho).

UNA FINALE UNICA

Il match fu speciale anche per un'altra ragione. Quella finale tra Red Devils e Blues è unica perché si giocò di fatto in due giorni: la gara, che si concluse ai calci di rigore, si protrasse infatti oltre la mezzanotte, iniziando in un giorno e finendo in un altro (nell’orario locale).

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È la finale del goal di Cristiano Ronaldo e del pareggio di Lampard, dell’errore del portoghese nella lotteria finale, dello scivolone di Terry, della parata decisiva dell’MVP Van der Sar sul tiro di Nicolas Anelka: il Manchester United si laurea campione per la terza volta.

A fine partita, tra le fila dei Red Devils c’è un uomo che festeggia un po’ di più degli altri. Anche se ha sempre mantenuto un profilo basso Park Ji Sung, fedelissimo di Ferguson, calciatore amato da tutti i compagni di squadra per la sua applicazione e lo spirito di sacrificio, di puro stampo asiatico.

Quella notte, per la prima e finora unica volta nella storia, un calciatore nato in Asia mette le mani sulla Champions League, la più prestigiosa competizione europea. A 27 anni Park mette a segno il colpo di una vita. Il bottinino, già di per sé rarissimo, sarà anche impreziosito dal Mondiale per Club che il sudcoreano vincerà qualche mese più tardi a Yokohama, in Giappone, contro gli ecuadoriani della LDU di Quito.

Park Ji Sung Manchester United Quito Mondiale Club 2018Getty Images

CHE CALCIATORE ERA PARK JI SUNG

Due sigilli meritatissimi per Park Ji Sung, che nel frattempo in Inghilterra per gli amici era diventato “Three-Lungs Park”, ovvero “Park tre polmoni”. Così lo chiamavano i compagni di squadra.

Park era un centrocampista duttile tatticamente capace di ricoprire con sicurezza più ruoli: esterno, trequartista o anche centrale box to box, calciava con entrambi i piedi ed era bravo nella corsa, nei cross e anche nell’anticipo e nella marcatura, nonostante una fisicità non eccelsa (circa 175 centimetri per 70 chilogrammi).

Grazie a queste caratteristiche e a una rara capacità di adattamento e abnegazione, il sudcoreano è riuscito a rimanere al top durante tutta la sua carriera e a vincere trofei ovunque abbia giocato. Tranne al QPR, dove ha trascorso il penultimo anno della sua carriera prima di tornare lì dove tutto era iniziato.

L’ex calciatore sudcoreano ha legato la sua carriera principalmente a club europei, dopo i due anni iniziali in cui si fa notare con il Kyoto Purple Sanga: in Giappone mette insieme 11 goal in 76 presenze, vincendo prima un campionato di seconda divisione e poi una Coppa dell’Imperatore, il torneo più antico del Paese nonché il primo nella storia della squadra.

Poi il grande viaggio verso l’Europa: Park diventa grande con il PSV Eindhoven di Hiddink, che lo aveva già allenato in Nazionale. In Olanda vince due volte l’Eredivisie più una Coppa e una Supercoppa d’Olanda. I tifosi del Milan ricorderanno il suo goal nella semifinale di Champions del 2005.

Poi la benedizione di Sir Alex Ferguson a Manchester sponda United, dove il sudcoreano trascorre ben sette anni alzando al cielo quattro Premier League, tre Coppa di Lega, due Supercoppe Inglesi ma soprattutto la speciale Champions League e la Coppa del mondo per club. Era il periodo d’oro dei Red Devils, diventati grandi anche grazie a lui.

Quella di Park è una carriera fatta di successi, costruita allenamento dopo allenamento e corsa dopo corsa sulla fascia. A proposito: in una partita di Champions contro il Lilla, dopo l’uscita dal campo di Ryan Giggs, Park Ji Sung diventa anche il primo asiatico ad indossare la fascia di capitano del Manchester United. Altra soddisfazione non da poco, che ancora oggi Park rivendica con orgoglio nell’immagine del profilo che ha scelto per il suo personale account Instagram.

Nel 2012, dopo 139 presenze, 19 goal e svariati trofei vinti con la maglia dello United, firma un biennale con il QPR. Inizia da capitano, ma le cose non vanno benissimo: l’anno successivo torna al PSV in prestito, là dove la sua grande carriera europea era iniziata. Anche stavolta un altro incrocio con il Milan: sempre in Champions, ma in questo caso nei preliminari e senza goal all’attivo.

PARK SIMBOLO DELLA COREA DEL SUD: NEL 2002 C'ERA ANCHE LUI

Pochi anni prima, nel 2010, Park era stato nominato calciatore dell’anno in Corea del Sud. L’ex centrocampista vanta 100 presenze tonde tonde (in tutte le categorie) con la nazionale sudcoreana di cui è stato pilastro dal 2000 al 2011. Era in campo anche in quello sciagurato ottavo di finale Corea del sud-Italia del 18 giugno 2002, giocò tutta la partita fino al golden goal di Ahn (il primo sudcoreano a giocare in Serie A) al 117’.

Da quel giorno sono passati più di vent’anni. Oggi il 42enne Park Ji Sung fa il direttore tecnico allo Jeonbuck Hyundai, squadra di Serie A giapponese. E nel tempo libero non è molto attivo sui social: niente spunta blu e soltanto 5.500 followers su Instagram, dove pubblica pochi post. Ma tutti di colore rosso United: ogni tanto il nostalgico Park pubblica una vecchia foto insieme a Evra, Sir Alex Ferguson, Rooney, Tevez o CR7 ricordando con gioia i momenti speciali vissuti in Inghilterra.

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