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Il sogno svanito al Milan, la svolta al Celtic: Massimo Donati, una vita tra Italia e Scozia

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Esistono amori che proprio non nascono, altri che invece sbocciano travolgenti poco dopo una delusione: il calcio, d'altronde, è bello anche per questo, metafora della vita. Può essere così riassunta la carriera di Massimo Donati, grande promessa nei primissimi anni di carriera ai tempi dell'Atalanta e scommessa del Milan di Berlusconi. Poi la scintilla lontano dall'Italia e la nuova vita in Scozia.

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Da San Vito al Tagliamento al florido settore giovanile della Dea: il debutto di Donati nel calcio che conta fa subito gridare al ruolo di predestinato. Centrocampista moderno che i britannici definirebbero 'box to box' (non a caso finirà proprio oltremanica qualche anno più tardi), dotato di grande fisicità ma anche atletismo, velocità e qualità nell'impostazione della manovra dal basso.

Alla corte di Giovanni Vavassori proprio a cavallo dei due secoli finisce ben presto sotto la luce dei riflettori mettendo in fila prestazioni sempre più sorprendenti: personalità e incoscienza da parte di un ventenne capace di gestire un ruolo così delicato alle prime esperienze nella massima serie.

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Caratteristiche che probabilmente nel calcio di oggi avrebbero fatto la felicità di tanti allenatori, un regista dotato di tempi di gioco e buona balistica dalla distanza: dopo aver fatto tutta la trafila anche nelle nazionali giovanili azzurre, il classe '81 convince il Milan a un importante investimento nell'estate del 2001, proprio all'inizio di quello che sarebbe stato un lungo e glorioso ciclo.

Al posto giusto nel momento.... sbagliato: perché proprio in quei mesi a Milanello si sta facendo largo un certo Andrea Pirlo, che avrebbe poi addirittura cambiato per sempre la concezione e l'interpretazione del ruolo. Donati fatica così a trovare spazio in quella che è una rosa già farcita di campioni: con la casacca rossonera riesce a mettere insieme soltanto 27 apparizioni dando successivamente vita ad una lunga serie di prestiti.

"Arrivai al Milan troppo giovane, avevo solo 20 anni. Quella era una squadra top in tutti gli aspetti, dal campo alla società, e io non ero mentalmente pronto per una realtà così grande. Magari se avessi indossato il rossonero tre o quattro anni più tardi tutto sarebbe stato diverso… Questo forse è l’unico rimpianto della mia carriera: al Milan mi sentii arrivato, mollai mentalmente", ammetterà poco dopo aver appeso gli scarpini al chiodo.

Arrivano nell'ordine Parma, Torino e Messina prima di un breve ritorno all'Atalanta. E' nel luglio del 2007 che va però registrata quella che può essere definita come una vera svolta nella vita del centrocampista italiano: il Celtic di Glasgow lo porta in Scozia dopo l'ultima ottima stagione in nerazzurro per valorizzare finalmente un talento fino a quel momento mai veramente espresso in pieno all'interno dei confini nazionali.

"Respirare l’atmosfera del Celtic Park è qualcosa difficile da spiegare. Qui ho fatto goal importanti, ho giocato anche in Champions: il massimo, emozioni incancellabili".

Donati CelticGetty

Al Celtic Park Donati diventa ben presto un protagonista, assapora per la prima volta il brivido della Champions League riscoprendo anche una discreta predisposizione al gioco offensivo con cinque goal e quattro assist.

Una scelta di vita senza rimpianti, con uno speciale ringraziamento ad Andrij Shevchenko, suo ex compagno di squadra che per l'occasione fu un prezioso mediatore durante la trattativa: "Risposi al telefono ed era Sheva, mi chiese di andare lì, suonava stranissimo. Sheva che mi chiede di andare in Scozia? Aveva dei contatti con la dirigenza...".

Passano i mesi e per i tifosi scozzesi Donati diventa 'The Legend': tutto grazie a quel goal da brividi segnato al 92' contro lo Shakhtar Donetsk che vale l'accesso agli ottavi di finale di Champions League. Una pagina indelebile per il popolo biancoverde associata per sempre al nome del centrocampista italiano.

"Arriva tutto da loro, non è scritto da nessuna parte e non è nella hall of fame. Se fai qualcosa di speciale diventi una leggenda per la gente, è così. Io ci ho messo due anni, Di Canio solo sei mesi…".

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Prima di chiudere la sua carriera Donati decide di tornare nella sua amata Scozia per vestire le maglie dell'Hamilton e del St. Mirren: una terra diventata ormai una seconda casa, dove dopo aver appeso le scarpe al chiodo decide anche di iniziare una nuova carriera come assistente tecnico sulla panchina del Kilmarnock. Un'avventura durata un anno, prima del ritorno in Italia dopo lo scoppio della Pandemia. Dopo la pausa di un anno, a giugno 2021 Donati tenta l'avventura sulla panchina della Sambenedettese, fino all'esonero datato 31 ottobre. Dopo aver ricoperto il ruolo di stimatissimo commentatore tecnico, l'ex centrocampista ha deciso di riprovarci e dalla scorsa estate guida il Legnago, in Serie D.

Perché nei progetti dell'ex Milan c'era sicuramente un futuro con il pallone al centro di tutti, in campo e dietro un microfono. Partendo da un calcio meno tattico ma più atletico per poi tornare, chissà, da protagonista nel calcio che l'ha cresciuto.

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