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Vujadin Boskov: lo Scudetto con la Sampdoria e il vuoto per la morte a 83 anni

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Fra i più grandi centrocampi jugoslavi del Secondo Dopoguerra, Vujadin Boskov ha scritto pagine importanti nel calcio italiano soprattutto da allenatore, ruolo che lo ha visto ottenere grandi successi con la Sampdoria, dopo aver guidato anche l'Ascoli per due stagioni dal 1984 al 1986. 

Il risultato più importante ottenuto con i blucerchiati è stato senza dubbio lo storico Scudetto della stagione 1990/91, che rappresentò il punto più alto di un percorso iniziato nel 1986 per volontà del presidente Paolo Mantovani.

BOSKOV ALLA SAMPDORIA E LO SCUDETTO NEL 1990/91

Danilo Crepaldi, esperto di calcio jugoslavo pre e post dissoluzione della Repubblica Socialista Federale, e autore del libro 'Pallone entra quando Dio vuole. Vita, aforismi e miracoli di Vujadin Boskov', ha raccontato in esclusiva a Goal come si è arrivati a quel 1990/91 magico del tecnico di Begeč, che si laureò campione d'Italia dopo aver precedentemente conquistato anche uno Scudetto jugoslavo con il Vojvodina e un titolo di Spagna con il Real Madrid.

"Mantovani quando prese la Sampdoria in mano nel 1979, in Serie B, aveva come obiettivo quello di renderla una grande squadra italiana ed europea e provare a vincere lo Scudetto. Man mano che andò avanti nel suo progetto di costruzione della squadra, comprò i migliori giovani che c'erano sul mercato. Arrivarono a Genova Mancini dal Bologna e Vialli dalla Cremonese, ma anche Luca Pellegrini e altri. Si arrivò a un punto in cui a questa squadra mancava un condottiero, e quel condottiero lo trovò in Vujadin Boskov, che riuscì alla Sampdoria a creare un ambiente unico".

"Quella Sampdoria aveva un'alchimia che era unica in Italia. C'era un contatto fra tifoseria, presidente, allenatore e giocatori che era un qualcosa che non c'era da nessuna parte. E Boskov fu il collante fra le varie componenti. Si ritrovò ad essere allenatore, padre e poliziotto. Riusciva a incarnare queste tre figure insieme, mixandole e facendo sì che i suoi giocatori si sentissero guidati ma anche responsabilizzati".

Dall'arrivo di Boskov nel 1986 la squadra cresce e inizia a competere su vari fronti.

"Luca Pellegrini mi disse una frase che mi colpì molto: 'Voi credete che Boskov sia venuto qua e ci abbia migliorati da un punto di vista del gioco. Questo è falso. In verità con Bersellini forse giocavamo meglio, ma il mister ebbe il grande merito di darci la mentalità vincente. Lui cambiò la nostra mentalità. Quando lui arrivò qua eravamo tutti dei galletti. Con lui siamo cresciuti e siamo diventati degli uomini'. E quegli uomini hanno fatto sì che la Sampdoria raggiungesse i risultati che ha raggiunto".

L'allenatore jugoslavo inizia a coniare slogan e frasi che diventeranno celebri.

"Boskov ripeteva sempre: 'Perché noi siamo Sampdoria...', oppure: 'Perché loro sono loro, e noi siamo noi'. - racconta Crepaldi - Questi concetti, ripetuti all'infinito, hanno dato ai giocatori un'autostima incredibile. A livello individuale forse i blucerchiati avevano qualcosa in meno, delle altre grandi, il Milan, l'Inter, il Napoli di Maradona, però erano più squadra, potevano giocarsela con tutte e avevano la spavalderia di andare a vincere su tutti i campi. Tant'è vero che con Boskov, tolto il primo anno, la Sampdoria ha sempre vinto almeno un trofeo: nel 1987/88 la Coppa Italia, nel 1988/89 andò in finale di Coppa delle Coppe e vinse la Coppa Italia, nel 1989/90 conquistò la Coppa delle Coppe, nel 1990/91 vinse lo Scudetto, nel 1991/92 la Supercoppa Italiana e arrivò in finale di Coppa dei Campioni".

L'impresa più importante arriva in modo non casuale nella stagione 1990/91. Sul calciomercato il D.s. Paolo Borea inserisce in una rosa già competitiva, reduce dal successo in Coppa delle Coppe, il 'motore' della Dinamo Kiev Alekseij Mikhailichenko, ucraino ma all'epoca sovietico, per il quale i genovesi pagano 6 miliardi e mezzo di Lire nonostante sia reduce da importanti problemi fisici. La squadra, davanti al portiere Gianluca Pagliuca, che sarà protagonista di una stagione strepitosa, vede Moreno Mannini terzino destro marcatore, Vierchowod e Luca Pellegrini centrali difensivi, con Marco Lanna prima alternativa di quest'ultimo nel ruolo di libero. A sinistra si alternano lo sloveno Srecko Katanec e il 'jolly' Giovanni Invernizzi.

A centrocampo Fausto Pari è il mediano titolare davanti alla difesa, con Mikhailichenko che quando sta bene ha compiti di costruzione di gioco e nelle occasioni in cui gli infortuni lo costringono al forfait è sostituito da Ivano Bonetti. La fascia destra è di proprietà di Attilio Lombardo, che sa essere devastante quando ha spazio per sprigionare la sua velocità. Nel ruolo di rifinitore si alternano Beppe Dossena e 'nonno' Cerezo, che a 35 anni sa rivelarsi prezioso quando viene chiamato in causa. I due hanno il compito di fornire palloni ai 'Gemelli del Goal' Gianluca Vialli e Roberto Mancini, mentre Marco Branca è l'attaccante di scorta. A guidare il gruppo con grande abilità e sapienza è proprio l'allenatore di Begeč.

"Quell'anno Boskov era abbastanza sicuro che la Sampdoria potesse vincere", assicura Crepaldi.

Roberto Mancini Gianluca Vialli SampdoriaGetty

In molti sono però convinti che la grande favorita sia la Juventus di Maifredi e di Roberto Baggio. Ma la partenza è del Milan di Sacchi, che esentato dal primo turno della Coppa dei Campioni mette insieme tre vittorie consecutive e balza al comando.

"Una sorta di svolta si verifica alla 4ª giornata, quando la Sampdoria va a Torino a giocare con la Juventus di Maifredi. Finisce 0-0, con una partita in cui i bianconeri probabilmente avrebbero meritato di più dei blucerchiati. Nonostante questo, Boskov a fine partita dichiara che l'obiettivo è rimanere in corsa per lo Scudetto fino all'ultima giornata".

La Sampdoria cresce e alla settima giornata supera 1-0 il Milan a San Siro grazie a un goal di Cerezo e balza in vetta. All'inseguimento si portano Juventus, Milan e Inter. Al San Paolo, il 18 novembre 1990, la Sampdoria dà una dimostrazione di forza travolgendo 4-1 i campioni d'Italia in carica del Napoli di Maradona: i partenopei di Maradona vanno in vantaggio con Incocciati nel primo tempo, ma nella ripresa i liguri dilagano con le doppiette di Vialli e Mancini, che segna anche un goal spettacolare al volo.

Il fenomeno Samp attira le attenzioni mediatiche, e qualcuno ironizza sul ruolo effettivo di Boskov.

"A Genova dicevano che la formazione la facessero Vialli e Mancini. - ricorda Crepaldi - Fausto Pari mi disse che era una grande boiata. E Lombardo mi ha raccontato un aneddoto. Un giorno arrivano Vialli e Mancini e gli dicono: 'Dai Attila, oggi giochi, vedrai'. Invece nella saletta dove il mister dava la formazione scopre, con sua delusione, di essere in panchina". 

Il 25 novembre la sconfitta 2-1 nel Derby della Lanterna porta i nerazzurri di Trapattoni ad affiancare i blucerchiati in vetta, alla coppia di aggiunge anche la Juventus nella giornata successiva dopo il pareggio per 0-0 a Cagliari dei liguri. Nel turno successivo il rinvio della gara con la Roma fa sì che Inter e Juve prendano la vetta, con la Samp all'inseguimento. 

"Fondamentale è lo scontro diretto con l'Inter, il 30 dicembre a Marassi. La Sampdoria passa subito in vantaggio con Vialli, imbeccato da un lancio di Pellegrini, ma poi Mikhailichenko si fa espellere e i genovesi restano in 10. Boskov vorrebbe allora retrocedere Pari in marcatura su Serena, e tenere Pellegrini libero. Ma i giocatori in campo decidono diversamente, e questo è significativo del gruppo che stava dietro quella squadra. Pellegrini marca Serena e Vierchowod resta su Klinsmann, mentre Pari continua a fare il mediano. Il mister inizialmente si arrabbia, chiede lumi ma poi si accorge che è la soluzione giusta, e lascia che le cose facciano il suo corso".

Berti al 50' firma l'1-1, ma poi nel finale Vialli su rigore e Mancini fissano il risultato sul 3-1.

"La Sampdoria vince lo scontro diretto e lì inizia la vera cavalcata Scudetto".

Nelle prime 3 gare del nuovo anno i genovesi conquistano appena un punto in tre gare, e chiudono il girone di andata addirittura al 5° posto con 20 punti, scavalcati in classifica da Inter, Juventus, Parma e Milan.

"A cavallo fra i due gironi arriva una mini-crisi. I blucerchiati perdono infatti in casa 1-2 con il Torino e contro il Lecce in trasferta. E qui accade un altro fatto fondamentale di quella stagione. Tutti parlano della solita cicala che canta solo d'estate. Ma su imbeccata dello stesso Boskov e del D.s. Borea la società invita i giocatori a un confronto. La squadra, senza tecnici e dirigenti, si ritrova nel ristorante 'La Beccaccia', a Rapallo. I giocatori hanno un confronto duro fra loro, volano anche parole grosse però fanno un patto: devono portare lo Scudetto a Genova e fino a quando questo accadrà non lasceranno la Sampdoria".

"Chiesi a Vialli se Boskov sapeva di quanto accaduto, - spiega Crepaldi - lui mi disse: 'Io non so il mister sapesse che quella sera c'eravamo riuniti. Ma dai suoi atteggiamenti, la mattina dopo, sapeva tutto quello che c'eravamo detti. Sapeva quando usare il bastone e quando invece la carota. Magari non era superiore ad altri dal punto di vista tattico o tecnico, però aveva questo grande potere di riuscire sempre a dire la cosa giusta al momento giusto'. Era un grande comunicatore e un grande psicologo, di una psicologia fine e mai banale". 

Sempre a Vialli, Crepaldi chiede di descrivergli il calcio di Boskov in poche parole.

"Lui mi risponde: 'Un calcio a prima vista semplice solo per chi non sapeva guardare in profondità'. In verità era un calcio organizzato basato però su cose semplici. E aggiunge: 'Uno dei segreti era che mentre ci allenavamo ridevamo, e la gente pensava che non ci allenassimo seriamente. I giornalisti battevamo su questo, non avevano capito che noi lavoravamo divertendoci'. Questo fu uno dei grossi meriti di Vujadin Boskov". 

Grazie alla cena chiarificatrice e ai metodi di Boskov, la Sampdoria supera la crisi di slancio e riparte con 3 vittorie: batte Cesena e Fiorentina e la Roma nel recupero il 23 gennaio. Alla 19ª giornata ha così riacciuffato la vetta, dove si instaura un triumvirato con Inter e Milan. La serie positiva dei blucerchiati si allunga a 6 gare con i successi su Bologna, Juventus e Parma.

BoskovGoogle

La Juventus perde definitivamente terreno, la Sampdoria prende la vetta solitaria, affiancata nuovamente dall'Inter alla 23ª giornata, mentre il Milan perde terreno. I rossoneri, tuttavia, battono i nerazzurri nel derby, mentre i ragazzi di Boskov travolgono con un 4-1 che non ammette repliche il Napoli di Maradona e prendono il largo in classifica. Il distacco resta invariato la domenica seguente grazie al pareggio con il Genoa, che fa il paio con pari dei milanesi con i partenopei. Il testa a testa fra Sampdoria e Inter vive il suo capitolo decisivo nello scontro diretto del girone di ritorno, che si disputa al Meazza il 5 maggio 1991.

"Fu una partita per la Sampdoria epica, che resterà per sempre nella storia del club. I genovesi sono avanti in classifica di 3 punti, l'Inter di Trapattoni si gioca le ultime possibilità di vincere il titolo. I nerazzurri nel primo tempo sottopongono i blucerchiati ad un assedio. Pagliuca è miracoloso e la Samp, assediata nella sua area, non riesce a rompere il guscio. Grazie alle parate del portiere bolognese, il primo tempo si chiude comunque sullo 0-0, dopo anche un goal regolare annullato dall'arbitro a Klinsmann". 

Le due squadre chiudono la prima frazione in parità e con 10 uomini, per la doppia espulsione comminata dall'arbitro a Mancini e Bergomi.

"Negli spogliatoi i giocatori hanno i musi lunghi e sono demoralizzati. - racconta Crepaldi - Il goal dell'Inter sembra nell'aria. Boskov entra nello spogliatoio, fa come sempre sedere i suoi ragazzi con la schiena per terra e le gambe sollevate e appoggiate al muro, e inizia a sorridere. Dice: 'Ragazzi, oggi noi con Gianluca Pagliuca così non possiamo perdere partita, massimo possiamo pareggiare. Questo è ancora buono per noi per vincere Scudetto. Ma io vi dico che se noi abbiamo coraggio e andiamo di là, noi possiamo vincere partita'".

Le parole di Boskov si rivelano profetiche: Pagliuca para tutto il parabile, mentre un errore di Stringara innesca il contropiede di Vialli, che appoggia per Dossena: tiro da fuori area dell'esperto centrocampista e niente da fare per Zenga. 

"Dossena è come Fenice che rinasce da sue ceneri", commenterà Boskov. 

"Dossena era stato fortemente voluto da Boskov alla Sampdoria, - sottolinea Crepaldi - dopo che il Torino lo mandò via e lui andò a giocare in Serie B all'Udinese".

Sull'1-0 l'arbitro concede un rigore all'Inter e sul dischetto si presenta lo specialista Matthäus. Ma Pagliuca è in stato di grazia, quasi blocca la forte conclusione centrale del tedesco e poi gli chiude lo specchio sulla ribattuta: un muro. Il colpo di grazia ai nerazzurri lo infligge Vialli: fuga in contropiede del numero 9 blucerchiato, che scarta anche Zenga, deposita in rete e festeggia con la capriola. Lo scontro Scudetto è vinto 2-0 dalla Sampdoria, che a 3 giornate dalla fine del torneo si porta a +4 dal Milan e a +5 dai nerazzurri.

"Galeazzi a fine gara intervista per la Rai Trapattoni e Boskov a fine partita. Il Trap fa un monologo: se la prende con l'arbitro, con il guardalinee, con il pubblico di San Siro che non ha tifato abbastanza, e con la sfortuna. Poi tocca a Vujadin, che con una delle sue frasi gela il suo collega: 'Io dico che quando cacciatori sbagliano mira, lepri scappano. E oggi noi siamo scappati'. Per me è stata una delle sue frasi più belle, rispetto ad altre poco riportate". 

"Poi Galeazzi continua ad intervistarlo e gli chiede: 'Come si dice Scudetto in jugoslavo?'. E Boskov risponde: 'Jugoslavo per voi italiani difficile, si dice 'Prvenstvo'. Voi italiani non riuscite a dire prv'. E Galeazzi lo incalza: 'E in genovese?'. 'E in genovese è come in Italiano, Scudetto', replica un divertito Vujadin".

La Sampdoria la settimana seguente pareggia con il Torino e completa l'opera battendo 3-0 il Lecce al Ferraris il 19 maggio 1991 alla penultima giornata. Le reti di Cerezo, Mannini e Vialli sanciscono il trionfo blucerchiato e fanno esplodere la festa sugli spalti e in città. Il sogno di Paolo Mantovani è realizzato, la promessa della squadra è stata mantenuta. La squadra va a festeggiare e tre giocatori, Vialli, Ivano Bonetti e Cerezo, per mantenere una scommessa fatta in estate, si ossigenano i capelli.

Boskov ha compiuto l'impresa. 

"Quello con la Sampdoria è stato il terzo Scudetto vinto in carriera con squadre diverse, di cui due sono stati miracolosi. - ricorda Crepaldi - Ne ha vinto infatti uno al Real Madrid, e ci può stare, ma il primo negli anni Sessanta con il Vojvodina di Novi Sad, una squadra che nella Prva Liga jugoslava era una squadra paragonabile alla Sampdoria italiana, che come i genovesi vinceva poco, e lui ebbe il grande merito di condurre al titolo. Non è un caso che il Vojvodina e la Sampdoria furono gli unici grandi amori calcistici della sua vita".

"Quando da giovane calciatore gli alti papaveri della RFJ, la Federcalcio jugoslava, gli prospettarono un passaggio al Partizan o alla Stella Rossa Belgrado, le squadre verso cui si volevano far confluire i maggiori talenti del Paese, lui disse un'altra celebre frase: 'Voi volete portarmi a Belgrado ed esibirmi come pagliaccio al circo, ma io vi dico: meglio re povero a casa mia, che giullare ricco in altre corti'. E rimase al Vojvodina, tanto che un giorno dirà: 'Io il Vojvodina non l'ho mai tradito' ".

Scudetto Sampdoria 1991

L'avventura di Boskov alla Sampdoria si chiude con la finale di Coppa dei Campioni persa nel 1992 a Wembley contro il Barcellona di Johan Cruijff. Seguono in Italia le esperienze con Roma, Napoli e Perugia, un ritorno in corsa alla Sampdoria, che porta in Coppa UEFA, e le avventure all'estero con gli svizzeri del Servette e la Nazionale jugoslava, ormai composta esclusivamente da atleti di Serbia e Montenegro, che prende parte ad Euro 2000 (incarico che accetta di ricoprire gratuitamente).

"La sua avventura da allenatore era iniziata negli anni Sessanta con gli svizzeri dello Young Fellows di Zurigo. Il suo allenatore, l'austriaco Patek, in allenamento si fa male al ginocchio, si ferma, gli dà il fischietto e gli dice: 'Adesso alleni tu'. Quel fischietto l'avrebbe portato sempre con sé. Una volta Vialli glielo fece sparire per scherzo e divenne una belva, una delle rare volte. Lo avrebbe lasciato nelle mani di Alessandro Gaucci il giorno della polemica salvezza di Perugia: 'Fischietto rimasto là, y io smesso allenare' ".

"Nella sua carriera il mister aveva scoperto molti futuri campioni: Emilio Butragueño al Real Madrid quando militava nella squadra C, Francesco Totti che fece esordire alla Roma, e Gianluca Pagliuca alla Sampdoria. A quest'ultimo, dopo un'uscita irruenta su un compagno in allenamento, una volta disse: 'Tu sei puma, ma per essere grande portiere devi anche essere volpe'. Ad Ascoli, si accorse di un ragazzino di 16 anni che giocava nella Primavera del Milan e disse al suo presidente Costantino Rozzi di prenderlo a tutti i costi: quel ragazzino di 16 anni si chiamava Paolo Maldini. Rozzi intavolò la trattativa, che era anche ben avviata, ma poi Nils Liedholm pose il veto. Maldini sarebbe rimasto al Milan per scrivere la storia del club rossonero".

Grande uomo prima che grande esperto di calcio, Boskov resta un mito per i tifosi delle squadre che ha allenato ma anche per tutti gli appassionati di calcio, per la sua umanità e la sua simpatia.

"Aleksandra, la figlia di Vujadin, mi raccontava che aveva conosciuto di persona i vari Milutinovic, Mitic, Beara, Zebec, Bobec, compagni di suo padre nella Nazionale jugoslava degli anni Sessanta e Settanta. E mi diceva che prima di essere campioni erano tutti grandi uomini, tant'è vero che quando smetteranno di giocare tutti avranno un'altra carriera. E Boskov fece parte di quella schiera di giocatori. Quella Jugoslavia era una delle nazionali più forti d'Europa".

Yelena BoskovGetty Images

Ritiratosi a vita privata dopo un breve periodo da dirigente nella Federazione serba, Boskov decide di vivere a Genova. 

"Guardava le partite e trascorreva il suo tempo con sua moglie Yelena, figura molto importante per lui come il fratello Alexander, morto giovanissimo nel 1943 durante una partita e suo idolo da giovane come calciatore". 

Un avversario molto ostico stava per presentarsi sulla sua strada già nel 2003: il morbo di Alzheimer, che lo colpisce in una forma molto aggressiva.

"Di fronte ad alcuni sintomi di stanchezza e amnesia i medici avevano espresso il timore che potesse trattarsi di Alzheimer. - racconterà la moglie Jelena - A Ginevra la diagnosi è stata confermata. Quando la situazione ha cominciato a peggiorare, mi ha detto: 'Andiamo via da Genova, a Novi Sad, è là che voglio morire' ".

"Le parole di cui era maestro lo abbandonano. - ricorda Crepaldi - Fa un'ultima intervista in cui sprizza vita e poi si chiude in se stesso. Tornato nella sua città, a Novi Sad, è ricoverato nella casa di riposo Sremska Kamenica, dove trascorre gli ultimi quattro mesi della sua vita, avendo bisogno di un controllo medico costante. Si chiude in un silenzio senza fine, a parlare sono solo i suoi occhi".

"La sera di sabato 26 aprile 2014 sua moglie Yelena va a trovarlo. Lo bacia in fronte, Vujke alza gli occhi e dice 'ciao'. Sarà la sua ultima parola, perché nella notte purtroppo se ne andrà, lasciando un vuoto incolmabile non solo in tutte le squadre che ha allenato, ma nel mondo del calcio in generale".

"Prima di lasciarci - racconterà sua Yelena - quel giorno mi fece segno a gesti: 'Ci vediamo domani'. Senza dire più nulla, ma facendosi capire. Ero molto triste, sentivo che non ci saremmo visti un'altra volta e nel primo pomeriggio di domenica mi hanno chiamato per dirmi che Vujke era morto".

Boskov, il condottiero della Sampdoria scudettata, non c'era più, portato via da una malattia infima come l'Alzheimer. 

"Il governo serbo vorrebbe celebrarlo con i funerali di Stato a Belgrado, - ma Vujke aveva lasciato detto che voleva essere sepolto a Begec. E in perfetto stile Boskov, così sarà. Tutt'oggi le sue spoglie sono sepolte nel cimitero di Begec, dove si trova la sua tomba".

A lui è stato intitolato il Centro sportivo del Vojvodina di Novi Sad, ma in generale, ancora oggi, nella città serba, Vujadin Boskov è considerato un mito e un simbolo intramontabile. Come a Genova, la sua seconda casa, dove eternamente lo ameranno per quello Scudetto irripetibile.

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