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Walter Zenga, l'inossidabile 'Uomo ragno': l'Inter come una fede, il record ai Mondiali, le esperienze da allenatore

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È stato uno dei portieri più forti che il calcio italiano abbia mai espresso, tanto che per tre volte consecutive, dal 1989 al 1991 è stato votato dall'IFHHS, l'Istituto Internazionale di Storia e Statistiche del Calcio, 'Miglior portiere del Mondo' e nel 1997 'Portiere del decennio' davanti a Peter Schmeichel e Michel Preud'homme.

Walter Zenga ha legato la sua carriera calcistica principalmente all'Inter, per lui una fede più che una squadra, che non ha mai nascosto e ha sempre vissuto mettendoci in prima persona la faccia, nei momenti positivi e in quelli negativi.

In nerazzurro è diventato 'grande', ha vinto lo Scudetto dei record del 1988/89, 2 Coppe UEFA e una Supercoppa Italiana, poi il 'tradimento' del club, che gli preferisce Pagliuca. Riparte dalla Sampdoria e dal Padova, fa un ultimo anno in MLS, con i New England Revolution, per intraprendere una carriera da allenatore da tecnico giramondo fra alterne fortune.

In Nazionale vive da titolare Euro '88 e Italia '90, dove entra nella storia stabilendo il record di imbattibilità di sempre di un portiere nel torneo. Un primato spezzato da un goal, il colpo di testa di Caniggia, che segna una linea divisoria sulla sua esperienza in Azzurro e porta alla fine delle Notti magiche per la squadra di Vicini, eliminata dall'Argentina ai calci di rigore.

LA GAVETTA IN SERIE C E IL RITORNO ALL'INTER

Walter Zenga nasce a Milano il 28 aprile del 1960 e cresce nell'estrema periferia del capoluogo lombardo, in viale Ungheria, in una palazzina dello IACP, al civico 21, interno 4. Un ambiente difficile, che inevitabilmente ti segna.

"Io sono uno del Viale, Viale Ungheria era la mia infanzia, il mio nucleo. - dichiara nel 2020 a 'Sportweek' - Quando nasci hai sempre un indirizzo dentro, e il viale ti indirizza".

Fin da bambino Walter trova il suo rifugio nel calcio e inizia a giocare nella Macallesi, formazione piuttosto quotata a livello giovanile. 

"Avevo nove anni, - ricorderà - il mio amico Claudio Ambu (futuro centravanti, ndr) giocava già alla Macallesi e un giorno mi portò lì. Cercavano un portiere, ma io non avevo l'età perché allora erano necessari dieci anni per poter iniziare. Pur di giocare falsificai la mia data di nascita, dissi di essere del '59 anziché del '60. Ovviamente venni scoperto e mio padre dovette fare una dichiarazione per permettermi di giocare".

Sviluppa quelle che saranno le sue caratteristiche da grande: notevole fisicità, capacità di coprire la porta in tutta la sua intierezza con dei 'voli' spettacolari e grande personalità. La sua non è un'infanzia semplice, perché i suoi genitori si separano quando lui è ancora un bambino di 7 anni.

È un figlio d'arte, perché il papà, Alfonso, era stato il portiere del Napoli nel 1945/46. Ed è proprio lui, che instrada Walter all'amore per i colori nerazzurri, portandolo a San Siro fin da bambino. 

"Ero già tifoso dell'Inter dall'età di 3 anni. - rivela a 'Sportweek' - Poi mio papà, che era juventino, nel marzo del 1966 mi accompagnò a vedere Inter-Brescia 7-0. Oltre a tutti quei goal mi restò impresso il portiere avversario, Brotto, che vestiva con un'enorme maglia nera con una 'V' bianca".

E nel 1971 è Italo Galbiati a portarlo fra i Pulcini dell'Inter, con cui inizia la sua trafila nelle Giovanili del club milanese. Qui cresce tecnicamente e si forma come uomo, e la domenica fa il raccattapalle allo stadio dietro la porta. 

"Mille lire a partita, - ricorda - sceglievo sempre la porta opposta a quella dove si entrava, così potevo attraversare tutto il campo". 

Da adolescente segue poi le partite in Curva con gli ultras.

"Diventai un ultrà quando la Curva dell'Inter era sopra la bandierina del calcio d'angolo. - racconta - Prendevo il 24 da Viale Ungheria, poi il filobus 90 o 91 fino a Piazzale Lotto".

Diventa 'Il Bullo di Viale Ungheria'.

"Ero più da coreografie che da risse, - precisa - ma quando quelli dell'anello sopra andavano a rubare gli striscioni della squadra avversaria facevo il tifo per loro".

In Primavera, quando ha 17 e 18 anni, si divide fra gli allenamenti sempre più duri sul campo e l'aiuto in sede alla segretaria del club Ileana.

"Per me è stata come una seconda mamma. - dice Walter - Smistavo la posta e portavo i cappuccini negli uffici. Sessantamila Lire al mese, più diecimila ogni partita vinta con la Primavera. I primi jean che mi comprai ne costavano 5 mila. Quando entrai in negozio, nel centro di Milano, per prenderli, per me era come diventare grande. La mia vita dunque era: mattina in sede, pranzo con i buoni pasto, autobus fino a Piazzale Lotto, pullmann per Appiano Gentile e la sera scuola privata in Piazzale Cadorna. E poi svenivo".

Walter Zenga Sambenedettese Serie C1 1980/81

La vita scorre via veloce per Zenga, che nel 1978, a 18 anni, deve lasciare Milano per trasferirsi in prestito in una realtà completamente diversa, la Salernitana. L'esperienza in Serie C1 è poco fortunata. Dopo un'errore a Campobasso commesso per un eccesso di sicurezza, in un'altra gara ne commette due che segnano la fine dell'avventura in Campania:

"Salernitana-Pisa, faccio due papere pazzesche, mi metto a piangere e lascio il campo. I tifosi applaudono e mi incoraggiano, ma non c'è stato verso di farmi rientrare".

L'anno seguente l'Inter lo manda ancora 'a farsi le ossa', stavolta nel Savona, in Serie C2. Il terzo anno è quello buono, perché l'Inter lo manda nel 1980/81 alla Sambenedettese e qui Walter trova la sua dimensione. Contribuisce con le sue parate alla promozione della squadra marchigiana in Serie B, e ci resta anche l'anno successivo, nel quale i rossoblù chiudono il campionato con un buon 8° posto. In panchina siede Nedo Sonetti.

"Un giorno arrivai tardi all'allenamento, - ricorda Walter - e per punizione iniziò a tirarmi legnate da 10 metri. Erano tutti goal perché ero ancora rimbambito. Quando si è voltato un attimo l'ho mandato a quel paese, peccato che fece in tempo a girarsi. Scappai, ma mi aveva quasi preso...".

GLI ANNI D'ORO DEL 'DELTAPLANO NERAZZURRO'

Le prestazioni importanti con la Sambenedettese fanno guadagnare a Zenga il ritorno all'Inter nella stagione 1982/83. Dopo un anno da secondo di Ivano Bordon, in cui può comunque debuttare in Coppa Italia, dal 1983/84 diventa il portiere titolare dei milanesi, che fanno del ragazzo di Viale Ungheria uno dei pilastri della squadra nerazzurra del futuro.

L'esordio in Serie A avviene l'11 settembre 1983, Inter-Sampdoria 1-2 al Meazza, la prima grande parata la compie invece in Inter-Torino 0-0, mettendo in angolo una sventola dalla distanza di Mimmo Caso, destinata altrimenti a insaccarsi sotto la traversa.

Esuberante e coraggioso, nel bene e nel male, talvolta anche sfrontato, Walter dimostra a suon di grandi parate che la scelta della società e del presidente Ernesto Pellegrini è stata azzeccata. In quello che è considerato il campionato più bello e più difficile del Mondo, diventa uno dei migliori interpreti del ruolo assieme a Stefano Tacconi, più grande di lui di 3 anni, che dal passaggio alla Juventus diventa il suo grande rivale. Fra i due però non ci sarà però nessun dualismo.

"La nostra fu una diatriba creata dai media per far parlare la gente", sostiene Zenga.

Con Bergomi, Ferri e Beppe Baresi forma l'ossatura della difesa nerazzurra. Un metro e 88 di forza e potenza, per 84 chilogrammi di peso, para tanto, Walter, che il grande Gianni Brera ribattezza 'Deltaplano' per il suo stile. Anche i rigori, su tutti quelli a Maradona e Platini (che poi però fa goal dopo la sua respinta), che insieme alle uscite alte saranno successivamente i suoi punti deboli.

Per l'Inter sono però anni di transizione, e per 6 stagioni Zenga non vince alcun trofeo. Quando si perde, non le manda a dire ai suoi compagni della difesa, e anche nello spogliatoio fa sentire la sua personalità.

"Una volta con Scifo mi partì la brocca. - racconta a 'Sportweek' - Avevamo perso un derby 2-0 dopo esser stati presi a pallate. Entro nello spogliatoio e lo vedo che si sta facendo la barba. Non ci ho visto più...".

Walter Zenga Inter Serie AWikipedia

A un certo punto l'avventura all'Inter rischia di concludersi, e i tifosi non la prendono bene: il Napoli pensa infatti a lui come successore di Garella, e attraverso il General manager Luciano Moggi intavola una trattativa che è a un passo dal concretizzarsi. All'ultimo, tuttavia, Zenga rinnova con la squadra del suo cuore.

"Nel giugno 1987 era tutto fatto con il Napoli. In vacanza a Lampedusa passavo le giornate a parlare da una cabina telefonica con Moggi. Conservo ancora 'La Gazzetta' di quei giorni: 'Zenga al Napoli, Giuliani all'Inter'. Poi la cosa salta ma per me è un inferno. La Curva scrive: 'Dieci contano, uno non conta più'. Succede così che per 3-4 mesi ogni tiro è un goal, compreso quello di Aaltonen del Turun Palloseura, non so se mi spiego. A metà dicembre telefono a Ferlaino e a Moggi, che ci speravano ancora, e gli dico: 'Basta, non ce la faccio più'. E anche se Pellegrini faceva lo gnorri, come al solito, con Cesare Viganò e Franco Maggiorelli vado a firmare il rinnovo. Peccato che il derby poi lo perdiamo per un autogoal di Ferri, per evitarlo provai una sforbiciata sulla linea di porta...".

Ma l'Inter sta per tornare grande: nel 1988/89 Trapattoni costruisce la squadra che conquista lo Scudetto dei record, che vede proprio in Zenga uno dei simboli. Il 28 maggio 1989 la vittoria per 2-1 sul Napoli fa esplodere la festa di tutti i tifosi nerazzurri.

"San Siro così non l'avevo mai visto. - ha confessato Walter a 'Inter TV' - Vincere un campionato così, a 4 partite dalla fine, e dall'altra parte c'erano Maradona e Careca, il Milan di Gullit e Van Basten, la Samp di Vialli e Mancini... Cioè, è devastante. Quando Matthäus ha fatto goal è stata un'emozione unica. Gli ultimi tre minuti credo siano diventati 90. È stata una cosa meravigliosa".

I nerazzurri aprono un ciclo che porta nel 1989 anche una Supercoppa italiana (2-0 sulla Sampdoria) e nel 1990/91 la Coppa UEFA, con il successo nella doppia finale tutta italiana contro la Roma.

LA NAZIONALE: IL RECORD E L'ADDIO AMARO

Le prodezze e i voli plastici di Zenga con l'Inter non possono naturalmente lasciare indifferente la Nazionale italiana. Walter partecipa alla spedizione olimpica di Los Angeles '84 e da fuoriquota agli Europei Under 21 del 1986, che vedono gli Azzurrini piazzarsi al 2° posto dietro la Spagna.

Fa il terzo portiere nella sfortunata spedizione dell'Italia ai Mondiali di Messico '86, nei quali fa di fatto il turista, ma quando in panchina approda Azeglio Vicini, il nuovo Commissario tecnico lo promuove a portiere titolare. Zenga fornisce grandi prestazioni e partecipa da titolare azzurro ad Euro '88, con l'Italia eliminata in semifinale dall'URSS, e ai Mondiali di Italia '90 nei quali l'estremo difensore milanese, anche grazie a una super difesa di cui può disporre, scrive la storia.

Dal primo minuto di Italia-Austria al 68' di Italia-Argentina, quando una sua uscita fuori tempo costa il sanguinoso goal del pareggio ad opera di Caniggia, il numero uno azzurro era rimasto imbattuto per 517 minuti di fila, un record ancora oggi non superato nei Mondiali.

Proprio la rete presa al San Paolo, tuttavia, segna la sua parabola discendente in Nazionale. La gara con l'Argentina si decide dal dischetto e lui non riesce a fermare nemmeno uno dei tiri dagli undici metri degli avversari, a differenza del suo dirimpettaio Goycochea, che blocca i tiri di Donadoni e Serena e dà all'Italia l'amarezza più grande, quella dell'eliminazione.

Dopo il 3° posto ai Mondiali, Zenga gioca ancora in Nazionale per 2 anni, ma durante la successiva gestione tecnica di Arrigo Sacchi, quest'ultimo, complice anche un'uscita notturna non autorizzata, che si sommava alla scarsa abitudine al gioco a zona, decide di non chiamare più lui e Vialli in azzurro.

Sono quelli gli anni in cui gli 883 vanno per la maggiore, e quando i giornalisti chiedono al portiere dell'Inter, che sta lasciando in auto la Pinetina, come si senta dopo l'esclusione dalla Nazionale, lui non risponde e si limita ad alzare il volume dell'autoradio:

"Hanno ucciso l'uomo ragno, chi sia stato non si sa. Forse quelli della mala, forse la pubblicità".

Il motivetto, che era stato uno dei tormentoni dell'estate del 1992, e che lui stesso canticchia spesso in allenamento, gli dà il nuovo soprannome. Zenga, che chiude l'avventura con la Nazionale azzurra con 58 presenze, terzo portiere di sempre dietro Buffon e Zoff, diventa per tutti 'L'Uomo Ragno'. 

Walter Zenga 1990Getty

L'ULTIMA VITTORIA DELL'UOMO RAGNO

Dopo l'addio di Trapattoni, l'Inter vive stagioni non semplici, con risultati alterni. La stagione più complicata è sicuramente il 1993/94, che vede i nerazzurri addirittura ritrovarsi nella parte bassa della classifica. Fra i più criticati c'è naturalmente anche lui, 'L'Uomo Ragno', che si sente 'tradito' dalla società quando apprende che il presidente Pellegrini ha già deciso di cederlo a fine stagione per puntare su Gianluca Pagliuca.

L'Inter si risolleva nel finale di stagione. In campionato arriva una salvezza sudata, dopo l'approdo in panchina di Gianpiero Marini al posto di Osvaldo Bagnoli, ma a restare nella memoria è la vittoria della Coppa UEFA, la 2ª conquistata in carriera dal portiere milanese. L'Inter si impone con un doppio 1-0 sul Salisburgo, dopo aver avuto la meglio in semifinale nel Derby italiano con il Cagliari. Zenga è protagonista assoluto della gara di ritorno a San Siro, e blinda il successo con alcuni grandi interventi.

"Quella partita è stata la mia parata più bella. - afferma senza esitazioni - Sapevo che sarebbe stata l'ultima con l'Inter e doveva essere il finale perfetto del mio film: imbattuto, da vincitore, la gente che si spella le mani per il repertorio perfetto di un portiere. Tiri e uscite di ogni tipo: non sbagliai nulla".

Poi l'addio, per lui incomprensibile, dopo 473 presenze a difendere la porta nerazzurra e una fede che non si può cancellare.

"Di sicuro ce l'ho più con Pellegrini che con il nuovo allenatore Ottavio Bianchi, - dice a 'Sportweek' - che pure non mi disse una parola. Dopo 23 anni di Inter meritavo un rispetto diverso nel dirmi addio".

Zenga InterGetty

IL FINALE DI CARRIERA

Gli ultimi anni della sua carriera da calciatore Zenga è così costretto a spenderli lontano da quei colori che per lui erano come una seconda pelle: prima alla Sampdoria di Eriksson, con cui arriva in semifinale di Coppa delle Coppe nel 1994-95 e l'anno seguente deve andare sotto i ferri per la rottura del legamento crociato, quindi con il Padova, dove si trasferisce nel 1996/97. Per poi fare una breve esperienza nella MLS nordamericana con i New England Revolution.

In mezzo un possibile ritorno all'Inter da secondo portiere che non si concretizza.

"Ne parla con Moratti, Mazzola e Gianluca, una sera a cena alla 'Briciola'. Per lui non ci sono problemi, ma alla fine non se ne farà nulla".

Il ritiro arriva nel 1999, a 39 anni, dopo l'avventura a stelle e strisce, dopo il prestigioso riconoscimento di 'Portiere del decennio' assegnatogli dall'IFFHS nel 1997.

GLI ALTI E BASSI DA ALLENATORE

Smessi i panni del portiere, Walter Zenga ha intrapreso la carriera da allenatore, che lo ha visto girare il Mondo e ottenere risultati altalenanti. All'estero ha vinto il campionato con la Steaua Bucarest nel 2004/05 e Coppa e Scudetto con la Stella Rossa Belgrado nel 2005/06. Ha allenato anche in Turchia il Gaziantepspor, in Romania la Dinamo Bucarest, in Arabia Saudita l'Al-Nassr, negli Emirati Arabi Al-Nasr, Al-Jazira, Al Shabab e il Wolverhampton in Inghilterra.

In Italia il risultato più brillante l'ha ottenuto a Cagliari, dove nel 2019/20 ha salvato la squadra sarda piazzandosi al 14° posto. Positiva pure l'esperienza biennale a Catania (due salvezze consecutive nel 2007/08 e nel 2008/09, mentre le avventure con Palermo e Sampdoria si sono chiuse rispettivamente con un esonero e una rescissione consensuale. Nei primi anni si è seduto per un breve periodo anche sulla panchina della squadra milanese del Brera, in Serie D.

In mezzo anche tante presenze televisive, dapprima con il programma 'Forza Italia' con Fabio Fazio e Roberta Termali quando ancora giocava, poi come opinionista per diverse emittenti televisive. Si è prestato persino a fare il postino nel programma di Maria De Filippi 'C'è posta per te'.

Ma il calcio è rimasto il suo lavoro e la sua passione. Nel 2014 l'Inter lo ha inserito nella sua Hall of Fame. Smaltita la delusione per la mancata conferma da parte del club sardo, attende ora una nuova chiamata per ripartire.

Walter Zenga CagliariGetty Images

TRE MATRIMONI E CINQUE FIGLI

"Nella vita cambiano tante cose, ma la fede per una squadra mai", ha sempre affermato Zenga. Che se calcisticamente ha amato sempre l'Inter, ha avuto una vita privata sempre molto chiacchierata.

L'ex portiere si è sposato tre volte: con Elvira Carfagna, da cui ha avuto il suo primogenito Jacopo, che ha fatto anche una discreta carriera da calciatore, Roberta Termali, che gli ha dato Andrea (concorrente nell'ultima edizione del Grande Fratello Vip) e Nicolò, Raluca Rebedea, la sua attuale compagna, con cui ha avuto Samira nel 2009 e Walter Jr. nel 2012.

In mezzo anche altre due storie, una, che all'epoca fece scalpore con Marina Perzy (Bearzot lo cercò per convocarlo in Nazionale ma non lo trovò perché il portiere, già sposato, era con la sua amante), una più recente con l'ex compagna Hoara Borselli.

"La ricerca spasmodica di quello che non avevo avuto da bambino mi ha portato a fare degli errori.- ha ammesso Walter a 'Sportweek' -perché certe cose non le trovi semplicemente cercandole. Hoara, che pure moglie non lo è diventata, è stata per me più importante delle mie prime due mogli. Per i primi 38 anni della mia vita non ci ho capito nulla, ho iniziato a 43 e adesso con Raluca ho imparato cosa vuol dire costruire una famiglia. Almeno Walter Jr. e Samira li ho indirizzati anche io, mentre a Jacopo, Andrea e Nicolò ci hanno pensato solo le madri".

Sincero e pronto ad ammettere i suoi errori, in campo come nella vita. Anche per questo è amatissimo dai tifosi nerazzurri, che lo considerano sempre uno di loro. 

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