L’Eintracht Francoforte è agli ottavi di finale della Champions League. Può risultare sorprendente, forse, ma in realtà non lo è. Perché si parla di una squadra che lo scorso maggio ha vinto l’Europa League, che ha intrapreso un percorso di crescita che in sei anni l’ha portata dalla salvezza allo spareggio contro il Norimberga fino all’essere tra le migliori sedici d’Europa alla prima partecipazione all’edizione moderna, 62 anni dopo la prima e unica apparizione in Coppa dei Campioni — quando arrivò fino alla finale di Glasgow, persa col Real Madrid in un clamoroso 7-3.
Il tutto senza avere grossi budget alle spalle, cedendo quasi in ogni sessione di mercato i propri migliori giocatori, ma sempre sostituendoli con nuovi talenti che in Bundesliga hanno trovato terreno fertile per sviluppare le proprie doti. Una squadra che potremmo definire “di passaggio”, che forse non sarà mai vista da tutti un punto d’arrivo - non avendo la possibilità di dispensare ricchi stipendi - ma che sa valorizzare come poche altre le risorse a propria disposizione.
A Francoforte sono cambiati i dirigenti, gli allenatori, i giocatori. Non è mai cambiata la filosofia, così come il supporto al club da parte di una delle tifoserie più calde d’Europa, che dà spettacolo con coreografie da urlo e cori al Waldstadion nei match casalinghi. Per non parlare delle trasferte: ricordate i 35mila al Camp Nou di Barcellona in Europa League? Ecco, le altre avversarie che che si sono trovate davanti l’Eintracht hanno trovato sotterfugi ed espedienti per far sì che ciò non si verificasse di nuovo.