C'è un momento, nelle storie più belle, in cui il racconto sembra vacillare, come se l'incantesimo stesse per spezzarsi. Anche il più grande dei castelli, costruito su fondamenta solide e con torri che sfiorano il cielo, può conoscere crepe che minacciano di incrinare la perfezione. È un destino che non risparmia nessuno, nemmeno il Manchester City di Pep Guardiola, una squadra che per anni ha incantato il mondo con il suo calcio poetico, metodico, devastante.
Ma ora, proprio loro, gli artisti del pressing alto, i maestri del possesso palla, i creatori di un gioco che sembrava un'opera d'arte vivente, sembrano aver perso il filo del racconto. I risultati non arrivano, il gioco non fluisce come un tempo. Sembra quasi che il meccanismo perfetto abbia iniziato a incepparsi. E così, ci si chiede: è solo un momento passeggero, uno di quei rallentamenti fisiologici che persino le grandi squadre attraversano, o siamo giunti alla fine dell'epoca d'oro del 'guardiolismo'?