Giocatore ecclettico e dal grande dinamismo, forte fisicamente e duttile tatticamente, Antonello Cuccureddu è stato un precursore del calcio moderno e poteva ricoprire in campo svariati ruoli con eguale efficacia. Veloce, resistente e dotato di buona tecnica e di un destro molto potente che sapeva far valere nei tiri dalla distanza, sui calci di punizione e nei rigori, di cui era uno specialista, seppe imporsi nella Juventus diventandone un simbolo e una leggenda.
Arrivato a Torino da giovane promessa via Brescia, primo acquisto del Boniperti dirigente, vincerà in bianconero 6 Scudetti, una Coppa Italia e una Coppa UEFA segnando spesso goal decisivi. In azzurro, dopo aver giocato in Nazionale giovanile, sarà il primo sardo a giocare con la Nazionale maggiore e disputerà i Mondiali del '78 in Argentina.
Accostato da tanti ad Eusebio Castigliano, il mediano del Grande Torino, gli ultimi anni lo vedranno indossare la maglia viola della Fiorentina e sfiorare un altro Scudetto, prima di chiudere la carriera a Novara, in Serie C.
Nonostante il successo e la fama, manterrà sempre l'umiltà trasmessagli dai suoi genitori. Mito del calcio italiano, anche per quel cognome che agli occhi dei 'continentali' suonava troppo duro e strano per quell'epoca, dopo il ritiro diventa allenatore e ottiene buoni risultati in diverse piazze.
GLI ESORDI IN SARDEGNA E L'APPRODO AL BRESCIA
Nato ad Alghero il 4 ottobre 1949, Antonello Cuccureddu cresce in una famiglia umile e numerosa nella città catalana. A trasmetterli la passione per il calcio è soprattutto suo papà Pino, che di mestiere fa il bidello a scuola.
"In famiglia eravamo in cinque, tre maschi e due donne e il calcio era quasi una religione - rivela in un'intervista a 'La Nuova Sardegna' del 2022 -. Devo tutto a mio padre Pino, che mi ha insegnato che se hai passione, volontà, spirito di adattamento e sai sacrificarti, puoi concretizzare i sogni. Ho cominciato a giocare per strada con gli amichetti. Giocavamo in via Vittorio Veneto e a Sant'Agostino. I nostri allenamenti li facevamo tra i palazzi".
Antonello con la palla ai piedi dimostra di saperci fare fin dalla tenera età.
"Pensavo di essere il fenomeno del gruppo - ricorda - Un giorno mi permisi di ridere di un ragazzo che col pallone non ci sapeva proprio fare. Mio padre mi riprese in modo così deciso che non mi sono più permesso. Era altruista ma anche severo se serviva. Lui lavorava nel mondo della scuola, era bidello e con i bambini aveva a che fare tutti i giorni".
Presto il pallone diventa per Antonello qualcosa di più serio di un gioco. Entra a far parte della Rinascita, una piccola società algherese in cui proprio il padre è presidente. Qui viene notato dal Fertilia, che lo tessera a 17 anni. Con la maglia gialloblù vince il Campionato di Seconda Categoria regionale.
Nel 1967 la Torres ne acquista il cartellino per 2 milioni di Lire e lo porta in Serie C, dove è utilizzato da centrocampista puro e gioca come mezzala. Le qualità del ragazzo algherese sono indiscutibili, tanto che dopo appena un anno fra i professionisti il Brescia lo porta in Serie B, versando 20 milioni nelle casse della società sassarese.
L'ascesa di Antonello è rapidissima e il diciottenne si ritrova per la prima volta a giocare 'in continente', lontano dalla sua Sardegna. Tifa Juventus e il suo mito è Enrique Omar Sivori.
"Da ragazzo cercavo di imitarlo - ammette in un'intervista a 'Il Giornale' -, giocavo con i calzettoni abbassati come lui".
Al Brescia lo allena 'Sandokan' Silvestri, ex tecnico del Milan e del Cagliari. E gli dà subito fiducia, tanto che con 23 presenze (più una in Coppa Italia) contribuisce alla promozione in Serie A delle Rondinelle, che si piazzano al 2° posto dietro la Lazio.
IL 'COGNOME SGRADITO' E IL PASSAGGIO ALLA JUVENTUS
Il ragazzo dal cognome particolare (così veniva percepito il suo all'epoca) attira immediatamente l'attenzione dei grandi club. Grazie ai buoni rapporti con il Brescia, la prima a provarci concretamente è l'Inter di Ivanoe Fraizzoli, appena approdato alla presidenza nerazzurra dopo l'era di Angelo Moratti.
"Per via del mio cognome - racconterà a 'Calcio2000' Cuccureddu nel 2011 - all'inizio intorno a me c'erano molte perplessità e scetticismo. Prima che mi prendesse la Juventus, fui contattato dall'Inter. Volevano che lo cambiassi, ma io decisi di tenerlo e così non se ne fece nulla. È giusto che ognuno tenga il cognome che la vita gli dà".
Successivamente Antonello, la cui quotazione di mercato è schizzata a 350 milioni di Lire, finisce nel mirino di Torino e Juventus, ma comincia anche la stagione 1969/70 con il Brescia, nel frattempo approdato in Serie A. Prima del campionato si gioca la Coppa Italia e guarda caso le Rondinelle sono inserite nello stesso girone della Juventus.
Cuccureddu è utilizzato a gara in corso contro l'Atalanta, mentre parte titolare nel terzo impegno, che il 7 settembre 1969 vede i lombardi impegnati a Torino con i bianconeri.
"Il pensiero di dover giocare contro i miei idoli non mi ha fatto dormire quella notte - ricorderà Antonello -. Avevo tutte le loro figurine: Anzolin Castano, Bercellino, Del Sol... C'era anche Bebo Leonardi, che poi ha allenato la Torres. Nel sottopassaggio che portava al campo li guardavo ammirato, vederli dal vivo era un'emozione forte. Il tecnico Silvestri negli spogliatoi mi disse che dovevo marcare Del Sol. Io, un ragazzino alle prime armi, non gli feci toccare palla...".
La Juventus vince comunque 3-1 la gara (a segno Leonardi, Haller e Furino per i bianconeri, l'ex De Paoli per i lombardi) ma a Boniperti, appena diventato amministratore delegato del club piemontese, non sono sfuggite le qualità del giovane centrocampista sardo. Tanto che il futuro presidente bianconero decide a fine gara di bloccare (a sua insaputa) Cuccureddu in vista del calciomercato autunnale.
"Nonostante la bella partita di Torino non fui convocato nella prima partita di campionato, nemmeno in panchina - dirà in un'intervista con 'Slide Sassari' -. Mi lasciarono in tribuna. E non capivo, accettai comunque la scelta del mister e seguii i miei compagni dalla tribuna. La seconda partita di campionato la stessa cosa. In tribuna. Non capivo davvero. Mi sembrava impossibile che non mi portasse nemmeno in panchina. E anche la terza domenica mi ritrovai nuovamente in tribuna".
"Ero talmente arrabbiato dentro, nonostante avessi sempre tenuto un atteggiamento dignitoso, che alla fine mi avvicinai da Silvestri e gli dissi: 'Mister, perché mi sta lasciando in tribuna?'. Mi rispose: 'Perché tu non sei né in campo, né in panchina, né in tribuna, tu devi andare a giocare con la Juventus'. Per la prima volta ho sentito le gambe tremare, non ho dormito per giorni. Ero stato trasferito alla Juve, la squadra per cui facevo il tifo, e non potevo giocare nemmeno una partita altrimenti non sarebbe stato valido il passaggio. Da quel momento la mia vita cambiò. Con la Juve ho giocato 12 anni".
L'ESORDIO INDIMENTICABILE IN SERIE A
Il trasferimento alla Juventus in comproprietà diventa effettivo a inizio novembre del 1969 e Cuccureddu è ufficialmente il primo acquisto di Boniperti.
"Dopo di me arrivarono Gentile, Spinosi, Capello, Causio, Bettega...".
Antonello ricorda perfettamente il primo incontro con il dirigente bianconero avvenuto ad ottobre per siglare i contratti.
"Arrivai allo stadio con la mia Cinquecento - racconterà a 'La Nuova Sardegna' -. La squadra aveva appena finito l'allenamento. Mi accompagnarono negli spogliatoi, ero in imbarazzo. Io e Furino eravamo i più giovani di quella Juve in cui c'erano ancora Salvadore, Del Sol, Castano, Leoncini, Haller, insomma tutti quelli che erano stati per anni le mie figurine. Mi vergognavo ad entrare in quello spogliatoio, a mettere quella maglia, a vedere dal vivo quei campioni. Del resto avevo ancora 19 anni...".
"Poi sono andato in sede, Boniperti fu gentilissimo e mi fece il terzo grado. Mise il contratto sul tavolo dicendomi: 'Firma lì". Le cifre le decideva lui. Nel 1969 guadagnavo circa 200 mila lire a mese, importo che saliva con i premi".
Sulla panchina della Juventus siede in quel momento ancora l'argentino Luis Carniglia, ma i risultati negativi della prima parte di stagione e i rapporti non ottimali fra il tecnico e i giocatori inducono la società a dargli il ben servito a fine ottobre e a chiamare al suo posto Ercole Rabitti, con cui inizia la lenta risalita.
Proprio con Rabitti in panchina, Cuccureddu fa il suo debutto assoluto in bianconero a 20 anni appena compiuti il 12 novembre, nella partita di andata del 2° Turno di Coppa delle Fiere disputata a Berlino Ovest contro l'Hertha Berlino (sconfitta per 3-1).
Ma l'esordio più significativo e ricordato da Antonello è quello in Serie A, che per uno strano gioco del destino avviene proprio nella sua Sardegna, il 16 novembre, allo Stadio Amsicora, contro il Cagliari di Scopigno e di Gigi Riva.
"Ho esordito in serie A proprio con la maglia del mio idolo Sivori, la numero 10 - ricorda ancora con un po' di commozione -. E segnai pure... I rossoblù vincevano 1-0 grazie ad una rete di Domenghini, e la partita sembrava destinata a concludersi con un successo della squadra di Scopigno. La Juve attraversava un momento difficile, mi pare fossimo quartultimi, tanto che il pubblico ci urlava: 'Serie B! Serie B!'...".
"Ma all'89', su un cross da destra di Causio da calcio d'angolo, ci fu la deviazione di testa di Niccolai e il mio tiro al volo dal limite dell’area. La sfera si infilò sotto la traversa della porta di Albertosi.... Quando vidi la palla in rete ero incredulo, non stavo nella pelle".
"Cuccureddu... tiro... rete! - dice Sandro Ciotti in radiocronaca per 'Tutto il Calcio minuto per minuto' - Sugli sviluppi del calcio d’angolo, Cuccureddu, il ragazzo di Alghero, ha potuto raccogliere la corta respinta della difesa cagliaritana e indirizzare con un violento destro in fondo al sacco di Albertosi".
Il pareggio con il Cagliari darà nuovo slancio alla Juventus, che con Cuccureddu promosso a titolare inamovibile, nel ruolo di centrocampista, otterrà 12 risultati positivi di fila, arrivando ad essere il rivale più pericoloso per i rossoblù in chiave titolo.
"Poi quel Cagliari avrebbe meritatamente conquistato uno storico Scudetto - sottolineerà Cuccureddu -, ma per me fu una gioia indescrivibile e una specie di trampolino. Esultai, perché non avrei dovuto? Lo stadio era pieno e c'erano anche tanti nostri tifosi. L'immagine dell'amarezza dei sostenitori rossoblù che già pregustavano la vittoria non me la sono dimenticata".
In Sardegna non la prendono benissimo, e nella sua carriera Cuccureddu non indosserà mai la maglia del Cagliari.
"L'Unione Sarda il giorno dopo la partita titolò: 'Fizzu Malu', che significa 'figlio cattivo' in sardo. Non ci fu mai la possibilità di un trasferimento in rossoblù, perché la mia con la Juventus sarà una bellissima storia lunga 12 anni e Boniperti diceva sempre che ero uno degli intoccabili. Per me è stato come un secondo papà, ho imparato tante cose. Sono sempre stato tifoso della Juve, anche se il Cagliari veniva subito dopo".
Sempre nel suo primo anno in bianconero, appone la sua firma sul secondo Derby della Mole.
"Con il goal al Cagliari lo considero il più bello fra i 26 che ho segnato in Serie A - ha detto a 'Calcio2000' -, fu il goal che aprì le marcature nel primo derby che giocavo. Vincemmo 3-0 e fu una vittoria importante perché ci consentì di mantenerci nella scia del Cagliari capolista".
'JOLLY' E LEGGENDA BIANCONERA
Chiusa la prima stagione all'ombra della Mole con 26 presenze complessive e 4 reti, tutte realizzate in campionato, Cuccureddu diventa uno dei pilastri sui quali Boniperti costruisce la Juventus vincente degli anni Settanta. Il primo titolo arriva nel 1971/72 con Cestmir Vycpalek ma l'anno della svolta è il 1972/73, che vede i bianconeri impegnati su tre fronti: Campionato, Coppa dei Campioni e Coppa Italia.
"Lo Scudetto si decise all'ultima giornata - ricorda Antonello -. Il Milan capolista perse a Verona 5-3. Noi affrontavamo la Roma all'Olimpico ed eravamo sotto, ma Altafini pareggiò ed io segnai il goal del 2-1 che ci permise di superarlo. Per me furono emozioni indimenticabili e quella dell'Olimpico resta la vittoria cui sono rimasto maggiormente legato".
Anche in Coppa dei Campioni (9 presenze e una rete in trasferta, decisiva per battere in Germania Est il Magdeburgo 0-1) i bianconeri giungono in finale. Ma Cuccureddu contro l'Ajax non è fra i titolari, sacrificato per far giocare il tridente composto da Altafini, Anastasi e Bettega.
"La finale di Belgrado, contro l'Ajax, è la gara che vorrei dimenticare. Per scelte tattiche che poi si dimostrarono un errore io e Haller partimmo dalla panchina, quella decisione dell'allenatore mi pesa ancora. La sconfitta è stata l'amarezza più grande della mia carriera".
I bianconeri perdono anche la successiva finale di Coppa Italia contro il Milan e nella stagione seguente, a Roma, contro l'Independiente, la Coppa Intercontinentale, cui partecipano in sostituzione degli olandesi.
Proprio Cuccureddu, a inizio ripresa, ha l'occasione di portare in vantaggio i sui su calcio di rigore, ma incredibilmente fallisce calciando alto, in quello che resta uno dei suoi rari errori dagli 11 metri. Nonostante la superiorità territoriale degli italiani, sono così gli argentini a vincere con un goal di Bochini.
A livello personale, tolto il rigore fallito in Coppa Intercontinentale, il 1973/74 è l'anno in assoluto migliore per Cuccureddu, che a centrocampo è uno dei giocatori dominanti nel campionato vinto dalla Lazio e che vede la Vecchia Signora chiudere al 2° posto. L'algherese segna ben 16 goal in 35 partite giocate in totale, 12 in 26 gare in Serie A, di cui, per alcune giornate, è anche il capocannoniere.
Ma nel 1974/75 la Juventus cambia tanto e anche Cuccureddu deve adattarsi. Carlo Parola, il nuovo tecnico, schiera Scirea libero, sposta Spinosi nel ruolo di stopper e Gentile come terzino destro. Manca il terzino sinistro ed ecco che torna utile la duttilità tattica di Cuccureddu, che viene dunque tolto dal centrocampo per occupare il nuovo ruolo.
"A parte Facchetti, che fu l'apripista - affermerà - ai miei tempi i terzini non scendevano mai sulle fasce. Io e Gentile siamo stati dei precursori".
Antonello in realtà, pur giocando prevalentemente da quella stagione come laterale mancino, finirà per diventare il 'jolly' della Juventus e ricoprire all'occorrenza più posizioni: terzino destro, mediano, difensore centrale, persino ala sinistra, oltre a quella originaria di mezzala, fornendo sempre un ottimo rendimento. A fine stagione arriva un altro Scudetto, il 3° per 'Cuccu', come lo chiamano tutti alla Juve, ma le reti diventano 4 in 44 partite.
Nel 1975/76 arriva quello che può essere definito il suo record d'ecclettismo, con ben 7 maglie diverse indossate e altrettanti ruoli diversi interpretati: la 2, la 3, la 4, la 7, la 8, la 10 e la 11. Poi l'incontro con Giovanni Trapattoni nel 1976/77, che dirotta l'algherese sulla fascia destra e Gentile a sinistra, mentre Tardelli è avanzato a centrocampo. Una Juventus tutta italiana vince lo Scudetto vendicandosi del Torino e conquista la Coppa UEFA, primo titolo europeo della sua storia, battendo nella doppia finale l'Athletic Bilbao.
Cuccureddu partecipa alla magica cavalcata disputando tutte e 12 le partite e realizzando 3 reti: due da autentica bestia nera fra andata e ritorno dei quarti di finale ancora ai tedeschi orientali del Magdeburgo (vittorie per 1-3 nella DDR e per 1-0 a Torino), con cui sembra avere un conto in sospeso, e uno nell'andata della semifinale contro l'AEK Atene (4-1 per la Juve).
Il 'jolly' di Alghero, diventato ormai un simbolo della Juventus bella e vincente degli anni Settanta, sempre sotto la guida del Trap, vince ancora altri due Scudetti (1977/78 e 1980/81) e una Coppa Italia (1978/79), portando a 8 i trofei conquistati in bianconero.
"Il fatto di essere riuscito ad affermarmi a Torino con il mio cognome rappresenta per me un'enorme soddisfazione - afferma Cuccureddu a 'Calcio2000' - Posso dire di aver avuto alla Juventus dei padri prima che dei tecnici. A cominciare da Giovanni Trapattoni, passando per Ercole Rabitti, Cestmir Vycpálek e Carlo Parola".
L'esperienza di 12 anni con la Vecchia Signora si chiude per il 'jolly' sardo nel 1981, quando a 31 anni si trasferisce alla Fiorentina, dopo 438 presenze e 39 goal, che lo fanno entrare a pieno titolo fra le leggende della storia bianconera.
STAFF/AFP/Getty ImagesLA NAZIONALE FRA GIOIE ED ESCLUSIONI
La seconda maglia che Cuccureddu sentirà sua nel corso della sua carriera sarà quella azzurra della Nazionale italiana. Dopo aver giocato in Nazionale giovanile (3 presenze) bisognerà aspettare il 1975 e l'arrivo sulla panchina del tandem composto da Fulvio Bernardini ed Enzo Bearzot perché il jolly bianconero possa ritagliarsi il suo spazio.
E in maglia azzurra Cuccureddu è l'uomo delle prime volte: l'algherese diventa infatti il primo sardo a giocare in Nazionale maggiore e il primo sardo a disputare un'edizione dei Mondiali.
"Quando giocavo sapevo di avere una duplice responsabilità - rivela -. Non giocavo soltanto per me, ma per un'isola intera e per la mia città, Alghero. Per me è stato un grande onore essere il primo sardo a vestire la maglia azzurra".
Debutta il 26 ottobre 1975 a Varsavia nella gara per le qualificazioni ad Euro '76 contro la Polonia, pareggiata 0-0. Partecipa anche alle Qualificazioni ai Campionati Mondiali e fa parte dei convocati di Bearzot e gioca i Mondiali di Argentina, disputando 5 gare, inclusa la finale per il 3°-4° posto persa con il Brasile.
"Da terzino in maglia azzurra ho un ricordo bellissimo: il duello, vinto, con Kevin Keegan, nella partita dì qualificazione ad Argentina 1978 - dirà al 'Guerin Sportivo' -. Keegan a metà anni Settanta era uno dei top player mondiali, oltre che Pallone d’Oro".
"Ai Mondiali, poi, fummo sfortunati nella partita con l'Olanda che valeva la finale - sosterrà -. E in quella Nazionale eravamo nove juventini, una cosa ormai irripetibile. Come il fatto di vincere una coppa europea, la prima UEFA della Juve contro l'Athletic Bilbao, con una squadra interamente italiana".
L'avventura in Nazionale del giocatore algherese si conclude sempre nel 1978. L'ultima gara disputata da 'Cuccu', la tredicesima, è il successo in amichevole contro la Spagna per 1-0 del 21 dicembre. Poi non sarà più preso in considerazione dal Ct. friulano.
"Bearzot era stato un vero padre per noi calciatori. Non discuto le sue scelte, certamente avrà avuto le sue ragioni. Però un discorsino mi avrebbe fatto piacere. In fondo il mio contributo l’avevo dato...".
GLI ULTIMI ANNI E LO SCUDETTO SFIORATO A FIRENZE
Dopo la Juventus, la carriera di Cuccureddu prosegue in riva all'Arno con la Fiorentina.
"Credevo di chiudere la carriera alla Juve - racconterà -. Invece rimasi invischiato in una trattativa con la Fiorentina che avrebbe dovuto portare Vierchowod alla Juve, ma ciò non avvenne. E quando la dirigenza bianconera pretese il mio ritorno a Torino, da Firenze dissero di no".
"A Firenze ebbi subito un infortunio in allenamento al collaterale che mi penalizzò il primo anno, quello in cui arrivammo vicini al titolo, costringendomi a diversi mesi di stop - ricorderà il giocatore di Alghero - In generale ho fatto 3 anni buonissimi e sfiorammo anche lo Scudetto, vinto proprio dalla Juve tra tante polemiche. Da cui io mi tenni alla larga".
Antonello resta in viola fino al 1983/84, totalizzando 42 presenze senza reti fra campionato e Coppa Italia. A causa di svariati problemi alla schiena accusati l'anno precedente, scende in Serie C2 per chiudere la sua carriera agonistica con la maglia del Novara (22 presenze) all'età di 35 anni.
Antonello Cuccureddu / defensacentral.com
LA CARRIERA DA ALLENATORE
Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, Cuccureddu intraprende la carriera da allenatore con discreto successo, ottenendo buoni risultati anche se nelle Serie minori.
Alla fine degli anni Ottanta torna alla Juventus, guidando la squadra Primavera dal 1988 al 1995. Sotto la sua guida i giovani bianconeri conquistano il prestigioso Torneo di Viareggio, lo Scudetto di categoria nel 1993/94 e la Coppa Italia nel 1994/95.
I primi due con Del Piero giovane promessa, prima che esplodesse definitivamente con la Prima squadra. Il 30 settembre del 1990, in sostituzione dello squalificato Maifredi, ha anche modo di fare l'esordio in Serie A.
Chiusa l'esperienza in bianconero, guida negli anni Novanta l'Acireale in Serie C1 e per un breve periodo la Ternana in B, prima di ottenere le prime soddisfazioni sulla panchina del Crotone, che nel 1999/00 porta alla storica promozione dalla C1 alla B con 4 giornate di anticipo.
"La città e i tifosi del Crotone sono sempre rimasti nel mio cuore - dirà sempre Cuccureddu -, quella fu un'annata straordinaria".
Lasciata la panchina pitagorica all'inizio dell'anno successivo, nel 2002/03 allena in Libia l'Al-Ittihad, mentre nel 2004/05 torna in sella guidando l'Avellino in C1, ma viene sollevato dall'incarico prima della fine del torneo, non potendo dunque prender parte alla promozione della squadra.
Nel 2005/06 rieccolo in Sardegna al timone della Torres. La stagione a Sassari è entusiasmante e Cuccureddu guida i rossoblù fino alle semifinali playoff, perse con il Grosseto. Nel novembre 2006 la successiva avventura lo vede proprio alla guida dei toscani. Subentra in corsa ad Allegri e li risolleva dai bassifondi della classifica fino alla storica promozione in Serie B (la seconda in carriera con 2 squadre diverse) il 13 maggio 2007, grazie ad un successo per 1-0 sul Padova.
Negli anni successivi guida ancora, con alterne fortune, Perugia, Pescara, il suo Alghero per un breve periodo fra i Dilettanti e nuovamente il Grosseto, sulla cui panchina nel 2013/14 fa la sua ultima esperienza.
LA SCUOLA CALCIO AD ALGHERO
Ottenuta l'assegnazione dei campi di gioco di Maria Pia, ad Alghero, attraverso una dura battaglia legale, Antonello Cuccureddu gestisce attualmente una Scuola calcio nella sua città natale (Antonello Cuccureddu 1969), nella quale cerca di insegnare ai più giovani tutti i valori importanti per diventare un calciatore, ed allena la squadra degli Esordienti.
Oltre al calcio si diletta a fare il nonno con le nipotine.
"Desirèe e Alessandra sono i miei amori - dice a 'La Nuova Sardegna - con loro mi sciolgo e non finirei mai di coccolarle".
Sua moglie Ivana l'aveva conosciuta a Torino, e i due si sono uniti in matrimonio e hanno avuto due figli, Luca, che gestisce assieme ad Antonello l'impianto sportivo di Maria Pia, e Antonella, che lavora come dipendente di un'agenzia immobiliare.
"Ho conosciuto mia moglie a Torino, al ristorante da Ilio dove andavamo sempre a mangiare con alcuni compagni di squadra - racconta 'Cuccu' -. Il titolare era juventino. Ho visto Ivana seduta ad un tavolo vicino al nostro. Ero titubante ma ho preso coraggio e mi sono avvicinato. Mi hanno riconosciuto e da lì è partito tutto. Ivana faceva la fotomodella, bellissima, sono stato fortunato. Allo stadio sarà venuta una volta, ma quando davano le partite in tv ed io giocavo lei le guardava".
Di recente ha fatto il giro del web una sua foto, scattata dal figlio, che lo ritrae tracciare le linee del campo di gioco in terra battuta per i suoi ragazzi.
"Mi diverto sempre, anche a disegnare le linee - ha assicurato l'ex bianconero al 'Corriere della Sera' -. Non lo faccio sempre io, a volte lo fa mio figlio. Il traccialinee funziona sempre benissimo. Stendiamo il filo prima sull'area, poi sulle linee laterali, quindi si traccia e si passa sopra con la calce. Se non piove, dura due settimane".
I successi con la casacca bianconera e le battaglie in Nazionale non hanno scalfito minimamente quell'animo nobile che lo ha sempre caratterizzato e l'umiltà che i suoi genitori gli hanno insegnato. La passione e l'amore per il calcio di uno dei miti della storia bianconera, il cui nome figura anche nella Walk of fame bianconera allo Stadium, con tanto di stella dedicata allo Stadium, sono rimasti immutati nel corso dei decenni.
"Adesso i giocatori sono dei divi, io sono stato e sarò sempre una persona normale - assicura al 'Corriere della Sera' -. Ho iniziato a 15 anni con mio padre, senza fare la scuola calcio, ora sono io che insegno ai bambini, soprattutto ai più piccoli".