Carolina MoraceGetty

Carolina Morace e la Viterbese: un matrimonio storico durato due partite

Luciano Gaucci, pace all'anima sua, è sempre stato un personaggio particolare. Il repertorio è piuttosto vasto: dai nomi esotici portati al Perugia a cavallo del millennio, scommesse spesso azzeccate e qualche volta no, alla sua nota passione per il sesso femminile. Fuori dal campo, e fin lì tutto normale, ma anche dentro. Avrebbe voluto regalare agli umbri un centravanti donna, per dire: Birgit Prinz, tedesca. E una donna nel calcio maschile l'ha portata veramente, ma in panchina: Carolina Morace.

Seconda voce di Sky oggi, icona del calcio femminile italiano ieri. Centinaia e centinaia di reti messe a segno in Serie A, la maglia azzurra della Nazionale come seconda pelle, l'aura di leggenda di un intero movimento ad aleggiare ancor oggi attorno al suo nome. Eppure, nell'estate del 1999 Carolina accetta la sfida più improbabile della propria carriera calcistica: allenare una formazione maschile. La Viterbese, militante nel campionato di C1, decide di puntare su di lei. O meglio: a deciderlo è Gaucci, padre-padrone, proprietario non solo del Perugia ma anche dei laziali (e, in seguito, di Catania e Sambenedettese). Il regolamento glielo consente, del resto, e allora perché non abbandonarsi a un altro po' di istrionismo?

L'articolo prosegue qui sotto
Carolina MoraceGetty Images

La Morace arriva in un momento di entusiasmo generale, perché la Viterbese è stata appena promossa dalla C2 sotto la guida di Paolo Beruatto. Che però ha deciso di scendere nuovamente di categoria per provare a risollevare il Padova, nobile decaduta. Per la sostituzione si fanno nomi come quello di un giovane Andrea Mandorlini, destinato a stravincere la C2 con lo Spezia. E invece spunta lei, la trentacinquenne Carolina, reduce da un'esperienza sulla panchina della Lazio. Femminile, però.

La tifoseria è sorpresa. E pure un po' imbarazzata, probabilmente. Inizialmente non è che la prenda benissimo. Non capisce la scelta di Gaucci, non capisce perché mai una donna debba violare il sacro suolo maschile. Ma la scelta è fatta: il 21 giugno del 1999, Carolina Morace diventa ufficialmente il nuovo allenatore della Viterbese. Per il calcio italiano è un giorno che entrerà nella storia.

"Le donne ormai fanno i capi di Stato, non capisco lo stupore per questa notizia – dice Gaucci – Quando ho acquistato Nakata mi davano del pazzo, ma si tratta solo di competenza. Sono pronto a scommettere che per lei la serie C sarà soltanto il primo gradino. Sicuramente cercheremo di conquistare la B, poi si vedrà".

Alla presentazione ufficiale, il clima è già più disteso. Niente più polemiche, soltanto sostegno incondizionato: centinaia di sostenitori si presentano allo stadio con sciarpe e magliette, dedicando applausi e cori di benvenuto alla nuova guida tecnica. La quale, dal canto suo, dimostra di non aver perso l'ambizione che ne ha sempre caratterizzato la strepitosa carriera da calciatrice.

"La mia Viterbese affronterà la C1 con il modulo di Marcello Lippi, un 4-4-2 modificabile durante la partita. Sì, sono al debutto, ma ho un passato prestigioso, e qualcosa d’importante l’ho fatto, anche se questo non vuol dire che sia la più brava".

L'esordio in campionato nel girone B della terza serie, poi, è un sogno. Il 5 settembre al Rocchi si presenta il Marsala, che viene schiantato sotto un netto 3-1. Nella rosa della Viterbese c'è un certo Fabio Liverani, “uno di un'altra categoria rispetto a tutti gli altri”, come ha ricordato la stessa Morace a Sky qualche mese fa. E proprio il mancino va a segno, imitato dal futuro juventino Baiocco e da Testini. Tutto bello, tutto sereno. Oppure no?

No, in realtà, perché l'incantesimo dura poco. Una donna nel calcio dei maschi continua a fare una strana impressione. Vince al debutto, mostra un buon calcio, ma i critici non sono convinti fino in fondo. Qualche articolo pungente sui quotidiani locali, qualche commento piccato in televisione e, tutt'a un tratto, l'armonia viene a mancare. "Spero che l'atteggiamento nei miei confronti cambi", si lamenta Carolina. Ma non cambia. E così l'8 settembre esce un comunicato firmato dai giocatori della rosa, dalla Morace e dalla tifoseria: stop ai rapporti con i giornalisti.

“L’allenatore, lo staff tecnico, i calciatori e il tifo organizzato hanno deciso di adottare un silenzio stampa indeterminato nei confronti di tutte le testate giornalistiche locali. Riteniamo che i biechi attacchi personali rivolti all’allenatore della squadra e alla società comparsi sui giornali, denotino un bassissimo profilo umano e professionale che noi non condividiamo. Tali bassezze sono di intralcio al nostro lavoro e minano la serenità dell’ambiente”.

Carolina MoraceGetty Images

Difficile immaginarlo, ma è l'inizio della fine. La settimana prosegue sotto il segno della tensione e si conclude nel modo peggiore. Il 12 settembre la Viterbese va a far visita al Crotone, destinato a conquistare il raggruppamento centro-meridionale in carrozza, e le prende di santa ragione: 5-2 il risultato finale. Prima della partita l'attrazione è Carolina, premiata con una targa e applaudita anche dalla tifoseria di casa. Durante i 90 minuti non funziona nulla. E dopo è ancora peggio. Gaucci non gradisce, chiede spiegazioni, pretende di inserirsi in questioni tattiche. La goccia che fa traboccare il vaso è la sua intenzione di stravolgere lo staff tecnico, accettato a fatica al momento della firma: via la vice Lavagnoli e il preparatore atletico Perrone, dentro un assistente (maschio) più esperto.

Per la Morace, che per accordarsi con la Viterbese aveva posto come condizione proprio quella di poter lavorare con i suoi due collaboratori, è troppo. Carolina prende e sbatte la porta, presentando le dimissioni dopo appena due partite. Il club si stupisce e, attraverso un comunicato, prende le distanze dalle motivazioni dell'addio.

''Perplessità vengono espresse sulle motivazioni addotte dalla Morace che deriverebbero dal presunto licenziamento del vice allenatore Betti Bavagnoli e del preparatore atletico Luigi Perrone. La società dichiara che non è stato assunto alcun provvedimento di licenziamento nei confronti dei predetti collaboratori''.

I riflettori si accendono ancora una volta sulla città, sulla squadra, su Gaucci. Molti sperano che la Morace possa ripensarci, ma la scelta è fatta: l'addio è definitivo. E Carolina, più di vent'anni dopo, lo spiegherà così a 'Radio Sportiva'.

“Gaucci era un personaggio vulcanico, istrionico, particolare, con grande personalità. Con me si è comportato come con qualsiasi altro allenatore, dando consigli su chi schierare e chi no. So che ero molto stimata perché sono stata una dei pochi, forse l'unica, a non aver accettato i suoi consigli. L'addio alla Viterbese? Voleva mandare via il mio preparatore, mi opposi dicendo che altrimenti me ne sarei andata anche io e così feci”.

Quella Viterbese, nonostante le turbolenze iniziali, vivrà una stagione difficilmente dimenticabile. Sotto il segno del quattro. Quattro, come gli allenatori che si susseguono in panchina, come in una trottola impazzita: dopo la Morace, Giorgio Roselli, Paolo Stringara e infine Maurizio Viscidi. E quattro come il quarto posto finale che i neopromossi laziali conquistano nella regular season. Il sogno della promozione in B si spegne però ai playoff contro l'Ascoli, che con un doppio playoff vola in finale, poi persa nel derby contro l'Ancona.

L'esperienza alla Viterbese, quella doppia partita ufficiale, rimane invece l'unica della carriera della Morace nel calcio maschile. Il futuro è unicamente a tinte rosa: l'anno dopo Carolina viene chiamata a guidare la Nazionale azzurra, poi vola in Canada e nel 2018/19 siede sulla panchina del Milan femminile. Senza troppi rimpianti per un'avventura nata sotto il segno dell'entusiasmo e conclusasi troppo rapidamente.

Pubblicità