Anche un campione legato indissolubilmente ad una maglia a un certo punto della sua carriera può aver voglia di fare nuove esperienze con un altro club e, magari, in un altro Paese. Accade così che a metà degli anni Novanta del secolo scorso Roberto Donadoni, prodotto dell'Atalanta e una vita con il Grande Milan, dopo aver vinto tutto con la maglia rossonera, varchi l'oceano per essere uno dei primi calciatori italiani a giocare nell'MLS.
A 32 anni il club rossonero lascia libera l'ala, nata a Cisano Bergamasco il 9 settembre 1963, di scegliere a suo piacimento la nuova destinazione. Donadoni guarda così con grande curiosità e interesse agli Stati Uniti, dove il progetto della MLS punta ad attrarre calciatori importanti dal vecchio continente per far salire il livello del calcio che si gioca in Nord America.
Il Milan chiude la stagione 1995/96 con il 15° Scudetto, conquistato sotto il segno di Fabio Capello in panchina e George Weah in campo, e Donadoni dà il suo consueto apporto alla squadra. Il centrocampista colleziona 23 presenze con un goal, l'ultima delle quali proprio nella sfida casalinga contro la Fiorentina, vinta 3-1, il 28 aprile, che consegna il Tricolore ai milanesi, prima di approdare negli States in forza a quelli che all'epoca si chiamano New York Metrostars e oggi sono i New York Red Bulls.
A New York Donadoni trova un altro italiano, il difensore Nicola Caricola, che aveva preceduto tutti i suoi connazionali trasferendosi nell'MLS già nel 1995. Con loro tentano l'avventura negli States anche Giuseppe Galderisi (inizialmente New England Revolution, poi Tampa Bay) e Walter Zenga, che l'anno seguente firma per i New England Revolution.
Prossima partita
In panchina per i Metrostars siede una vecchia conoscenza del calcio italiano, quell'Eddie Firmani, sudafricano naturalizzato italiano, che aveva militato da calciatore con Sampdoria, Inter e Genoa e aveva giocato anche in Nazionale azzurra (2 goal in 3 presenze) prima di passare alla panchina e guidare fra gli altri i New York Cosmos di Pelé proprio negli Stati Uniti.
Firmani lancia da subito Donadoni titolare il 4 maggio contro i Tampa Bay di Valderrama, e Roberto riceve dai tifosi un'accoglienza degna di un campione. I Metrostars, dopo il 3-3 dei tempi regolamentari, vincono agli shootout, una sorta di rigori in movimento che l'MLS ha scelto come soluzione per risolvere le partite terminate in parità.
L’accordo tra Donadoni ed il General Manager dei Metrostars Charlie Stillitano era già stato trovato nel febbraio del 1996; tuttavia, con il Milan di Capello in lotta per conquistare il quindicesimo titolo nazionale della propria storia, Silvio Berlusconi raggiunge un ‘gentlemen's agreement’ con la squadra americana per trattenere il ragazzo in Italia fino alla possibile conquista del tricolore
Donadoni fa in tempo a disputare appena 3 gare quando, richiamato in Nazionale da Arrigo Sacchi per gli Europei del 1996, deve interrompere bruscamente la sua avventura oltreoceano, appena cominciata. L'esperienza in Inghilterra con la maglia azzurra si rivela tuttavia più breve del previsto, e così il centrocampista fa ritorno negli Stati Uniti già a metà luglio, giusto in tempo per tentare di trascinare i Metrostars ai playoff.
Chiamato 'The Maestro', appellativo che anni dopo sarà attribuito ad Andrea Pirlo, Donadoni giganteggia in MLS. Nella gara di rientro contro i Dallas Burn sforna 2 assist per i compagni, mentre il 28 luglio contro i San José Clash ne fornisce ben 3. Il mese di agosto lo vede realizzare 3 reti, la prima contro i New England Revolution. La squadra fallisce tuttavia di poco l'accesso ai playoff, e la prima stagione americana di Donadoni si conclude con 17 presenze, 3 goal e 8 assist che gli valgono l'inserimento nella Top11 del campionato nordamericano 1996.
La seconda stagione, quella 1997, parte con maggiori ambizioni, ma nonostante Donadoni giochi 32 gare, condite da 3 goal e 4 assist, predica un po' nel deserto: la compagine newyorkese, infatti, si piazza all'ultimo posto nella Eastern Conference, e l'obiettivo playoff è di nuovo mestamente mancato.
Tuttavia passa alla storia del campionato nordamericano quanto accade nella gara del 22 marzo 1997 contro i San José Earthquakes, che lo vede cimentarsi con i celeberrimi shootout. Vedendo il portiere avversario stendere un suo compagno di squadra, che lo precedeva nel tentativo di trasformazione, il centrocampista italiano prova a fare qualcosa di simile. Così parte di gran carriera e dopo due tocchi sposta il pallone con la suola e con una finta prova a ingannare l'estremo difensore Salzwedel, che tuttavia intuisce. Il portiere di San José arriva sulla palla, Donadoni prova allora a tuffarsi simulando un contatto ma l'arbitro dice che è tutto regolare, fra le proteste dell'italiano e soprattutto di Tony Meola, portiere dei Metrostars.
GettyDopo una stagione e mezzo fra alti e bassi, l'avventura statunitense del bergamasco finisce nel 1997. A 34 anni il richiamo del Milan, con Capello che lo corteggia a lungo, è troppo forte, e ad ottobre Donadoni fa ritorno in rossonero e firma un biennale fino al 30 giugno 1999.
"Per me tornare al Milan è una grande soddisfazione - dichiara a 'La Repubblica' - attorno a me sento fiducia. Torno a competere con i migliori, ricomincio con l'entusiasmo di 10 anni fa e molta esperienza in più. Torno da giocatore, questo è il mio ruolo: devo aiutare la squadra, dovunque Capello mi schieri, sulla fascia o da centrocampista centrale. Non mi sento sotto esame e accetto le responsabilità: ho ancora stimoli".
Quanto all'esperienza in MLS, Donadoni assicura:
"L'America è così bella che per me e Cristina (sua moglie, ndr) è stato difficile lasciare la casa nel New Jersey, ora che il mio inglese stava migliorando e io mi stavo abituando alle trasferte di sei ore d'aereo. Spazi immensi, tranquillità, relax, alta qualità della vita: se lo stress a New York è mille, a Milano è diecimila. E poi il soccer non è il circo che si pensa, tra 5 anni sarà all' altezza dell'Europa. Una nostra squadra di B negli Usa lotterebbe per lo Scudetto, ma a vedere i Metrostars venivano in 20 mila. Il problema è tattico, in campo io mi sentivo l'autista del pullmann che sistema i compagni. Però fino ai 16 anni il calcio è lo sport più praticato. Un giorno ho firmato autografi per tre ore di seguito, i ragazzini stavano in fila tranne uno che ha cercato di fare il furbo: ho scoperto che era italiano".
Il centrocampista racconta quindi come si è concretizzato il ritorno in rossonero.
"Mi ha chiamato Galliani verso la fine di settembre. Si è scusato per gli auguri di compleanno in ritardo e mi ha chiesto perché non tornavo. Sembrava uno scherzo, è diventata una proposta seria. Io ho accettato perché mi chiamava il Milan. Capello mi voleva già al Real Madrid, rifiutai perché non me la sentivo di affrontare il Milan da avversario. Stavolta Bulati, il responsabile della Major League, mi ha detto che potevo seguire il cuore anche se avevo ancora un anno di contratto".
Rientrato al Milan, Donadoni totalizza in due stagioni altre 24 presenze, riuscendo a vincere il secondo anno il 6° Scudetto della sua eccezionale carriera, prima di chiudere con una nuova esperienza estera, stavolta in Arabia Saudita, con la maglia dell'Al-Ittihad a 36 anni. L'avventura da giocatore negli Stati Uniti, pur breve e senza particolari acuti, contribuirà ad arricchire il suo bagaglio calcistico e culturale quando diventerà allenatore. I Metrostars, invece, dal 2006 si trasformeranno in New York Red Bulls, con il subentro alla proprietà del club della nota azienda austriaca.