Coloccini MilanGetty Images

Fabricio Coloccini, il 'nuovo Samuel' che fece litigare Milan e Boca Juniors

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Considerando il calcolo delle probabilità, prima o poi, in un numero di casi possibili, quelli favorevoli devono esistere. Eh sì, dando al fattore caso il nome di argentini, in un mondo pallonaro, ogni tanto in casa Milan si sono visti giocatori albicelesti lasciare un bel ricordo. Attorno, nel vorticante susseguirsi degli anni, una serie infinita di negatività. C'è chi è sbarcato a Milano da campione, tendente al fuoriclasse, abbattuto dalla sfortuna in rossonero (Redondo, ouch). Chi è stato attaccato da una rimonta di altri rossi (ma Crespo ovvio) e chi come Fabricio Coloccini, ha visto collegarsi ogni sorta di punti chiave per portarlo ad essere meteora e flop.

No dai, forse definirlo in questo modo è leggermente esagerato, ma nel calcistico mondo delle delusioni stranieri ci si attacca principalmente a quei due aggettivi, si sa. Coloccini è semplicemente stato un ragazzo arrivato troppo presto al Milan e ritornato in rossonero anni dopo in un mondo di miti e leggende, d'oro e di platino. Una situazione troppo grande anche per lui, timido in parte e guerriero in percentuale abbastanza alta.

Abbastanza appunto, perchè quei ricci in testa, la faccia pulita e il fisico possente non portavano nè da una parte nè dall'altra. Sembrava quasi uno di quegli attori che in tre secondi può cambiare espressione facciale ed impersonare qualcuno di completamente diverso. Una via di mezzo che nel Milan di inizio anni 2000, non poteva sfondare. Schiavo dei propri sogni, Coloccini, deciderà troppo presto di accettare l'Europa. Reiteramente, non rinuncerà, per principio, a riprovarci, più maturo e ancor meno timido, fallendo nuovamente nella sua decisione.

Quando si parla di Milan e di Coloccini nella stessa frase, allora, basterebbe evidenziare questo fatto, queste decisione sbagliate da parte dell'argentino, al momento sbagliato. In entrambe le sue esperienze rossonere, c'è stato qualcosa che ha evitato di renderlo uno dei pochi argentini a rimanere nel cuore dei tifosi rossoneri.

1999, IL NUOVO SAMUEL A MILANO

17 anni, 183 cm per 80 kg. I numeri di un ragazzo riccioluto. E per ogni riccio nessun capriccio, ma un sogno. Il sogno che hanno gli altri, i sogni che ha lui. Chi è vicino a lui, a Buenos Aires, negli alti ambienti del suo club, non ha il minimo dubbio. E' la grande promessa del calcio argentino, in un ruolo, quello di centrale, che ha appena sfornato il Muro, The Wall, W e S. Walter Samuel.

Occhi di ghiaccio e resistenza da diamante per lui, ma questa non è la sua storia. Anche se quella di Samuel si mischia a quella di Coloccini, l'erede designato al Boca Juniors. Mauricio Macri, presidente del Boca Juniors, lo dice qui e lo dice lì. E' buono qui ed è buono lì. Promesso sposo della Roma, Walterone lascerà Buenos Aires, ma in casa gli Xeneizes hanno già a chi affidarsi. Lui no, non partirà. Giurin giurel... Anzi no.

Le idee di Macri vengono spazzate via dai pensieri di Coloccini, disteso sul letto a guardare nel proprio futuro, tra i poster del Grande Milan e una sfera di cristallo che lo vede riccioluto a Milano, imparare dai grandi, diventare loro amico e magari sollevare trofei insieme. Quando Galliani e la dirigenza rossonera scelgono lui, non ha dubbi. Vuole l'Italia, anche se giovane, anche se inesperto. Non può lasciarsi scappare l'opportunità, perchè si sa, quei treni passano una volta nella vita. Per una volta, però, l'espresso sarebbe dovuto passare, lasciando scorrere la prima classe e il primo tentativo, per salire a bordo della seconda, anche se meno confortevole, meno ricca, meno rapida.

Il Boca Juniors tarda nel fargli firmare il primo contratto da professionista e lesto, ma non lestofante, il Milan lo porta in rossonero nel 1999/2000, dando vita ad una battaglia legale che per i piani alti del club argentino sarà la prerogativa assoluta. Si sentono presi in giro dalle squadre europee, tra un Samuel romano e un Cambiasso madridista. Volete i nostri big? Ok, ma regolarmente.

2000, GUERRA MILAN-BOCA

Mentre il Milan aspetta il transfer della FIFA per il passaggio di Coloccini in rossonero, il Boca Juniors si infuria. Macri bolle di rabbia e chiede un'indennizzo al Diavolo per chi, l'anima l'ha venduta, a quel Diavolo. Risposta immediata, ma troppo bassa per gli argentini, figlia di quel vecchio discorso riguardante l'etichetta di nuovo Samuel:

"Non ci può soddisfare l'offerta di 3,2 miliardi di lire del Milan. Ne vogliamo almeno 14. Sono cambiate tante cose. Intanto 4 anni fa il Real pagò 1,8 milioni di dollari per Cambiasso, allora 15enne. E con l' aumento dei prezzi di mercato avvenuto in questi anni, la quotazione di Coloccini è senz'altro superiore. Era l'erede di Samuel. E se la Roma ha pagato 42 miliardi di lire Samuel, la quotazione di 14 per Coloccini non è esagerata".

Coloccini fima per il Milan, ma la battaglia infuria. E' una guerra fredda, a distanza, ma anche calda, ravvicinata, perchè Macri, sbarcato in Italia nell'ambito dell'affare Samuel, fa sentire ai rossoneri la pressione politica delle sue decisioni. Mentre il ragazzo non trova spazio, il Diavolo viene incontro alle richieste, per evitare che il muro continui a rimanere saldo. Presidente, lo butti giù. La decisione? 5 milioni di dollari. Una via di mezzo.

Braida e Macri conversano di nuovo allegramente dopo le tensioni invernali e nella primavera del 2000, il Milan, non torna indietro:

"Con l'intenzione di evitare problemi con la FIFA, ha reso prioritario mantenere un buon rapporto con un club di prestigio come il Boca".

2001-2004, UNA NUOVA SPERANZA

Il Milan paga il Boca Juniors, indennizzo per Coloccini che nel frattempo guarda con occhi sognanti il mondo in cui si trova, senza però mai farne realmente parte. E' appena maggiorenne, quasi si inchina a Maldini, terrorizzato fuori dal campo. Dentro non ha la possibilità di picchiare come un fabbro ed essere alla pari dei suoi compagni, che provano ad inserirlo nel nuovo pianeta in cui la sua astronave colma di ricci è appena atterrata.

Una chioma che Coloccini suo malgrado sarà costretto a tagliare:

"Durante la preparazione, l’anno che sono arrivato, tutti mi dicevano di tagliarmi i capelli. Ma io non volevo, perchè li avevo sempre portati così. E quindi un giorno sono arrivati i senatori, con Ayala e Chamot, mi hanno fatto mettere seduto e mi hanno tagliato i ricci. Sembravo un altro!".

Episodio che è l'emblema del primo Coloccini al Milan, impossibilitato a dire di no, in un universo troppo grande rispetto alla sua giovane età, alla sua purezza. La società capisce quanto sia controproducente tenerlo in squadra senza farlo giocare, sopratutto dopo il caos e il rischio di vedere incrinati per sempre i rapporti con il Boca Juniors, riparati prima del punto di rottura definitivo.

Così per Coloccini inizia una lunga serie di prestiti, in patria prima, leggasi San Lorenzo, e dunque in Spagna, all'Alaves prima e all'Atletico Madrid poi. Chiudendo con il Villarreal. A quel punto, nel 2004, sa rispondere a tono ai compagni, sa come comportarsi, è pronto a far ricredere il Milan, vuole che puntino su di lui a tutti i costi, perchè ora è diverso, più sicuro, più deciso, più forte.

Fabricio Coloccini MilanGetty

2004, IL RITORNO DEL RICCIO

Ai più cinici piace ricordare che per quanto puoi essere bravo, ci sarà sempre qualcuno più bravo di te. Ed è vero che Coloccini è maturato, ha più consapevolezze e più frecce al proprio arco, ma nel 2004/2005 a Milano giocano ancora Maldini. E Costacurta. E Stam. E Nesta. E Simic. Non si può accusare Fabricio di aver fallito, ma più che altro di aver voluto a tutti i costi provarci. Nonostante una situazione che palesemente non poteva portargli immediati risultati. E dopo diverse stagioni da titolare, di aspettare anni in panchina il suo momento, neanche a parlarne.

Coloccini però era convinto del contrario:

"Sì, ho deciso per il Milan. So che si era interessata anche la Fiorentina, squadra che rispetto, ma ho conservato un ottimo ricordo del Milan e ho chiesto ai miei rappresentanti di definire i dettagli con la squadra che mi ha dato fiducia in tutti questi anni. Non ho ancora firmato, ma la decisione è presa. È una squadra con il massimo delle ambizioni e io sono un giocatore diverso da quello di quattro anni fa. Sono maturato molto. Mi sento pronto. Del mio passaggio in Italia ricordo soprattutto la classe in campo e la personalità di Maldini e Costacurta. Dove potrei giocare? Questo lo deciderà il mister".

Fuori dall'Italia ha cominciato a segnare, legnando come un fabbro ma risultando anche soave nel tocco, elegante, ballerino e killer. La sua consapevolezza, carta canta, è alle stelle. Ma tutta l'esperienza del mondo è nulla rispetto a quella dei suoi colleghi di reparto e sopratutto quella tecnica di Carlo Ancelotti, oltre un certo limite con le mani legate.

Coloccini torna a Milano per giocare cinque gare. Una in Serie A, tre in Coppa Italia, una in Champions League. Del senno di poi sono pieni tutti i contenitori, ma un passaggio alla Fiorentina, a posteriori, è ovviamente considerato come un rimpianto da parte degli addetti ai lavori. Perchè flop no, meteora no, ma riccioluto incapace di capire il momento, sì.

Si può fare una colpa ad Icaro per essere volato troppo vicino al sole? Questione di punti di vista. Almeno Coloccini non si è bruciato dopo il Milan. Nè ha bruciato i suoi ricci.

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