Madre natura è stata generosa con lui, donandogli un fisico da corazziere: un metro e 83 centimetri per 73 chilogrammi, che lo rendevano perfetto per il ruolo di difensore centrale, o, come si diceva agli inizi della sua carriera da calciatore, di stopper.
I risultati e le soddisfazioni importanti che Gianluca Festa è riuscito a ritagliarsi nella sua storia calcistica, però, sono esclusivamente il frutto della sua applicazione, determinazione e voglia di crescere e migliorarsi, che lo hanno sempre accompagnato, dai campi polverosi della Serie D degli anni Ottanta ai grandi stadi della Serie A.
Dallo Stadio Monteponi di Iglesias al mitico Wembley, dove ha disputato tre finali (una di FA Cup, due di League Cup), dall'Amsicora al Meazza, da Gianfranco Sanna, il leggendario bomber sardo, marcato ai tempi della Fersulcis, ad Alan Shearer, Thierry Henry e Ruud Van Nistelrooy, suoi avversari nel corso dell'esperienza inglese.
La carriera del difensore di Monserrato è stata lunga e prestigiosa, e lo ha portato a raggiungere grandi traguardi. È stato il prodotto del vivaio del Cagliari che ha girato di più il mondo (e ancora continua a girarlo da allenatore), ha calcato i campi più importanti d'Europa e ha affrontato i campioni più forti.
Lui l'ha vissuta tutta d'un fiato, diventando un idolo anche in Inghilterra, e decidendo a un certo punto di tornare dove tutto era iniziato, in quel Cagliari dove si era formato come calciatore e come uomo. Conclusa l'esperienza da calciatore nelle Serie minori sarde, ha quindi intrapreso la carriera di allenatore, che lo ha portato a guidare i rossoblù in Serie A e il Lamia nel massimo campionato greco.
GLI ESORDI CON IL CAGLIARI E LA GAVETTA
Gianluca Festa nasce a Monserrato, nell'hinterland di Cagliari, il 15 marzo del 1969.
"Mio padre era un operaio, faceva il falegname. - racconta al giornalista Vittorio Sanna, in un'intervista per il programma 'Second Life' per 'MAB Business TV' - È stato un esempio e ha sempre lavorato per la famiglia. Mi ha insegnato a non arrendermi mai e di ottenere il massimo facendo sacrifici, mettendoci passione ed entusiasmo. Questo è il segreto che mi ha permesso di intraprendere tante sfide".
Festa si innamora del calcio fin da bambino, ed entra giovanissimo nel Settore giovanile del Cagliari, con cui fa tutta la trafila, dagli Esordienti fino alla Prima squadra, in cui si affaccia nella stagione 1986/87, collezionando 3 presenze in Serie B. Non è un momento facile nella storia degli isolani, che attraversano anni di grosse difficoltà economiche e chiudono il torneo all'ultimo posto, retrocedendo in Serie C. Nella stagione seguente il giovane Festa, a 18 anni, è mandato in prestito in Serie D alla Fersulcis, storica società di Iglesias che aveva ottenuto 5 promozioni in 6 anni.
"Nel mio percorso nelle Giovanili - sottolinea - sono stato allenato da alcuni grandi del Cagliari: Mario Martiradonna, Nené e Reginato. Ho avuto anche Ignazio Argiolas ed Ermanno Cortis, e ho imparato tanto".
"Avevo esordito nel Cagliari, in Serie B, con Giagnoni allenatore. - ricorda Festa - Poi mi mandarono in prestito in Serie D con la Fersulcis. A Iglesias ho giocato con ragazzi che in parte lavoravano e in parte studiavano. Ed è stata davvero una bella esperienza, che mi ha formato tanto. Lì si vedeva davvero la passione per il calcio. Ai miei giocatori, quando sono diventato un allenatore, ho sempre detto che il mio motto era 'Never give up', 'Mai arrendersi'. Questa deve essere una delle caratteristiche principali di un calciatore. È facile quando le cose vanno bene esser tutti allegri, e quando le cose vanno male che è difficile tirarsi fuori. Ma devi continuare fino alla fine a cercare di dare il massimo. È questo che fa la differenza".
In Interregionale, campionato che in quegli anni aveva un livello molto alto, il giovane Festa è uno dei protagonisti, e dà un contributo importante al 3° posto finale della Fersulcis. Il Cagliari lo richiama nel 1988/89 e con l'arrivo dei fratelli Orrù alla presidenza e di Claudio Ranieri in panchina inizia la scalata.
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DALLA C ALLA SERIE A CON RANIERI
Sotto la sapiente guida del giovane tecnico romano, i rossoblù rinascono e con due promozioni consecutive tornano in Serie A. Festa è uno dei punti di forza della difesa con Mauro Valentini e Luciano De Paola e vince anche la Coppa Italia di Serie C nel 1988/89.
"Solitamente chi andava via in prestito, in quel periodo, non tornava mai al Cagliari. Ricordo che facemmo il ritiro precampionato del 1988 a Roccaporena (a Cascia, ndr). Io inizialmente ero tenuto in disparte dal gruppo assieme a 5-6 giovani. Pensavo mi mandassero di nuovo via. Le prime gare non ci faceva giocare, però pian piano dopo una settimana iniziò a inserirci in Prima squadra".
"Gli allenamenti erano durissimi: eravamo al Santuario del Pellegrino e c'era chi in salita vedeva realmente Santa Rita e qualche angioletto. Ogni tanto qualcuno perdeva conoscenza. Facevamo scatti in salita di 80 metri. Io ero giovane e davo il massimo, e molte volte in bagno piangevo perché non ce la facevo. Ma la mattina ero sempre carico e dopo la prima partita di campionato il mister mi ha schierato titolare e non sono più uscito".
"In quel Cagliari c'erano Bernardini, De Paola, Davin, Valentini, Coppola, Pulga, Cappioli, Provitali... Tutti grandi giocatori e persone di spessore", afferma il difensore.
Stopper fisico che si applica per fermare gli attaccanti avversari, Festa diventa presto anche un beniamino dei tifosi. Ha modo anche di giocare nel mitico Amsicora, lo Stadio dello Scudetto del 1970, quando il Sant'Elia è chiuso per i lavori di ristrutturazione in vista dei Mondiali di Italia '90. Poi è grande protagonista al Sant'Elia. Gli Sconvolts, gli dedicano addirittura un celebre coro:
"Pesta per noi, Gianluca Festa...", gli gridano.
"C'era il pregiudizio nei miei confronti che fossi uno che in campo menava. E in effetti menavo e a volte ne prendevo anche (ride, ndr). Ma le esperienze di vita ti insegnano tante cose, ti cambiano e ti fanno crescere".
I metodi di lavoro di Ranieri creano un gruppo vincente.
"Erano ragazzi che avevano fame, - sottolinea l'ex giocatore di Monserrato - avevamo voglia di affermarci. L'arrivo degli Orrù ha determinato la creazione di un ambiente famigliare, in cui Claudio Ranieri è stato determinante. Il mister è stato il collante, quello che ci ha dato tantissimo. Io se qualcuno parlava male di un compagno o dell'allenatore ero pronto a fare qualsiasi cosa. E il merito era di Ranieri".
Conquistata la Serie A nel 1990, la squadra isolana conquista una salvezza miracolosa, dopo un girone d'andata in cui sembrava già spacciata. Arrivano in squadra Matteoli e Pusceddu, che diventano suoi grandi amici, e i tre uruguayani Herrera, Francescoli e Fonseca.
"Con gli uruguayani non andavamo molto d'accordo. - rivela l'ex difensore - Loro tendevano a passarsi spesso la palla solo fra loro. Ed io, Matteoli, Pusceddu, non eravamo per niente soddisfatti. Capitarono anche delle risse. Però in campo, quando si è trovato l'obiettivo comune, eravamo amici per la pelle anche se non andavamo a cena insieme. Li ho sentiti da poco e mi ha fatto molto piacere. Lavoravamo tutti insieme per un obiettivo. Il resto, la vita fuori dal campo, non conta".
Nel 1992/93 l'arrivo alla presidenza di Cellino coincide, sotto la guida di Carlo Mazzone, con la conquista di uno storico 6° posto finale in Serie A che vale la qualificazione alla Coppa UEFA.
LE ESPERIENZE CON INTER E ROMA
Il nome di Festa finisce sul taccuino dei dirigenti di diverse grandi squadre, e ad aggiudicarselo nell'estate 1993 è l'Inter di Ernesto Pellegrini, che sborsa 9 miliardi di Lire per strapparlo al club rossoblù. Il roccioso difensore di Monserrato approda a Milano dopo 156 presenze totali in campionato con il Cagliari.
"Quando arrivi a un certo livello le grandi società ti mettono gli occhi addosso e trasferirsi in una grande rappresenta per il calciatore un'opportunità di crescita professionale oltre che di maggior guadagno. - spiega Festa - È chiaro che per un sardo se il Cagliari fosse sempre una squadra che lottasse per l'UEFA e garantisse un certo guadagno, a parità di condizioni un sardo sceglierebbe il Cagliari".
La prima esperienza in nerazzurro con Bagnoli in panchina, però, dura poco, e Festa dopo 5 presenze fra campionato e Coppa UEFA in autunno finisce in prestito alla Roma, dove ritrova il suo mentore Carlo Mazzone. Festa disputa 21 presenze e segna al Tardini, contro il Parma, il goal della sua sicurezza, il suo primo in Serie A e da professionista, dopo il vantaggio iniziale di Abel Balbo.
I giallorossi chiudono la stagione al 7° posto, ma in estate il centrale sardo fa ritorno all'Inter, proprietaria del cartellino, questa volta per restarci. Con Ottavio Bianchi e Roy Hodgson gioca da titolare due stagioni, vivendo il passaggio del club al nuovo presidente Massimo Moratti, poi, dopo esser stato preso di mira dalla critica perché secondo alcuni avrebbe scarsa propensione al gioco a zona, ed esser stato relegato a riserva, nel gennaio del 1997 è ceduto in Inghilterra al Middlesbrough, non senza rimpianti.
"Mi è dispiaciuto salutare i compagni a metà campionato, - disse a 'La Gazzetta dello Sport - ero molto affezionato a questa squadra. Vi assicuro che l'aspetto economico è importante, ma secondario. Vado via con l'amaro in bocca perché non ho potuto dimostrare appieno il mio valore. L'ambiente si è fatto condizionare dai commenti di buona parte della stampa, che mi ha accusato di non saper giocare a zona. Però l'anno scorso l'Inter ha avuto la seconda miglior difesa del campionato, con il sottoscritto in campo e lo schieramento a zona. Ci si è fatti condizionare da quelle voci senza riflettere con calma".
"Se ho scelto la strada per l'Inghilterra, non è certo perché ultimamente stavo più in panchina che in campo o perché mi senta inferiore a qualcuno. Mi voleva anche il Manchester United. Non ho niente neppure contro mister Hodgson. L'allenatore ha addirittura facilitato la trattativa perché ha parlato bene di me con i dirigenti del Middlesbrough, che lo avevano contattato per un parere. Lo ringrazio, anche se in questa occasione ho capito una volta per tutte che non mi riteneva gran che utile alla causa".

LO SBARCO IN PREMIER LEAGUE
Festa lascia dunque l'Inter, con cui, a fronte di 88 presenze e 4 goal complessivi, non riesce ad alzare trofei. Approda perciò al Boro, dove trova in squadra un altro italiano, Fabrizio Ravanelli, e in un Paese, la Gran Bretagna, che soltanto 6 mesi prima aveva accolto il suo amico Gianfranco Zola.
A dispetto dei problemi linguistici e di ambientamento, il sardo riesce a inserirsi rapidamente nella nuova realtà e si trova a suo agio in un calcio molto fisico e maschio come quello che si gioca in Premier League negli anni Novanta.
Con le sue caratteristiche, Festa diventa negli anni un osso duro per i vari Shearer, Thierry Henry e Ruud Van Nistelrooy, gioca tre finali di Coppa, una di FA Cup (contro il Chelsea) e due di League Cup (contro Leicester City e Chelsea), dalle quali esce però sempre sconfitto, e ottiene una promozione in Premier nel 1997/98.
Dal 1997 al 20021, colleziona in tutto 171 presenze e 12 goal in tutte le competizioni, navigando con i biancorossi fra Premier League e Championship fra alterne fortune, e i tifosi lo eleggono una leggenda del club anche per il suo modo di intendere il calcio.
"Quando ti mancano le energie fisiche - dice nell'intervista a 'Second Life' - contano le energie mentali e il cuore, la passione per il calcio e per la vita. Ed io così intendo il calcio così. Per me fattore personale ed emozionale può diventare determinante".
"Al Boro - racconta della sua esperienza in terra d'Albione - mi considerano un'icona. Anche da poco ho fatto un'intervista in giardino con la maglia del Boro. Mi vogliono bene. Sono arrivato 6 mesi dopo Zola, che è quello che più di tutti ha lasciato una traccia importante. Lui ha fatto anche goal con noi, l'ho incontrato 2 volte in finale di Coppa col Chelsea, purtroppo ha vinto sempre lui e mi hanno annullato un goal. Due sardi che si giocano l'FA Cup a Wembley, davanti a 80 mila persone, è una cosa piuttosto rara, bellissima".
"Non era facile - sostiene Festa - andare in una Nazione che è la culla del calcio, dove i tifosi hanno una passione straordinaria per giocatori di certe caratteristiche. Ed io, devo essere sincero, ero uno di quei giocatori. Anche se non ero alto un metro e novanta come i loro difensori, avevo un bel fisico e dopo la prima partita si sono ricreduti, vedendo la mia elevazione e come giocavo d'anticipo".
"Non erano abituati al difensore che anticipava, né loro, né gli stessi attaccanti. Per me all'inizio è stato uno spettacolo, perché anche uno come Shearer, con me, non prendeva mai palla. Venendo dal gioco a uomo, ero abituato a marcare ovunque l'avversario. Fra le stupidaggini ricordo invece la semifinale di Coppa d'Inghilterra persa contro l'Arsenal nel 2001. Sarebbe potuta essere la mia quarta finale. Giocai una bella partita, marcando uno veloce come Henry, ma fummo eliminati per un mio autogoal".
Per tenersi in forma, Festa, non esita a praticare anche altre discipline sportive.
"Nella mia testa c'era l'idea di fare mie le caratteristiche di altri sport. Così mi sono allenato con maestri di arti marziali e ginnastica artistica. - ha rivelato - Lo facevo di nascosto dalle società, a volte esageravo 'cun genti macca' ('con gente pazza, ndr'), ma mi è servito molto dal punto di vista mentale. Le ore di allenamento in Inghilterra erano poche e si dedicava poco tempo alla preparazione mentale".
In Inghilterra il sardo si scopre anche difensore goleador, scoprendo un'attitudine che prima non conosceva.
"In Italia - scherza - quando ti dicono che sei scarso tecnicamente non provi nulla, lì invece magari me lo dicevano ugualmente ma non li capivo (ride, ndr)".
L'ultimo anno in Inghilterra è con il Portsmouth in Championship, nel 2002/03. Per il roccioso difensore un'altra bella esperienza. La squadra vince il campionato con un punteggio record di 98 punti ed è promossa in Premier League. A quel punto Festa ha 33 anni e deve fare una scelta di vita: o continuare a giocare in Inghilterra, oppure far ritorno in Italia.
IL RITORNO AL CAGLIARI E LE ULTIME STAGIONI
Il centrale di Monserrato sceglie la seconda strada e fa ritorno dopo 10 anni al Cagliari, il suo grande amore calcistico, che lotta in Serie B per ritrovare la massima Serie. Con Zola porta solidità ed esperienza al gruppo, che sotto la guida di Edy Reja (subentrato in corsa a Ventura) conquista la promozione al termine di un torneo lunghissimo con 24 squadre partecipanti.
"Avevo un'offerta importante - sottolinea - ma per amore sono tornato. Ho firmato un contratto in bianco con Cellino. Poi, quando ho visto la cifra, ho visto che era dieci volte inferiore a quella che avrei preso continuando a giocare in Inghilterra. Potevo fare lì altri 5-6 anni. Quando vivi all'estero idealizzi il posto dal quale provieni. La Sardegna ti sembra il posto più bello del Mondo, e per molti versi lo è, ma ci sono anche grandi problemi. Io sono venuto per amore del Cagliari, questo è il vero amore, e non me lo può negare nessuno. Molti si riempiono la bocca di belle parole, ma poi, magari prendono tanti soldi".
Festa dovrebbe restare al Cagliari anche in Serie A ma qualcosa con Cellino si spezza e alla fine il difensore riparte dai Dilettanti con la Nuorese, con cui fa un doppio salto dall'Eccellenza alla Serie C2. Continua a giocare fino a 40 anni, vestendo anche le maglie del Tavolara in Serie D e del Sanluri fra i Dilettanti.
"Stimo Cellino però dal mio punto di vista in alcuni momenti non si è comportato bene. - spiega - Io avevo un contratto col Cagliari per la Serie A e sono andato via perché non sentivo piena fiducia attorno a me. Ho un buon rapporto con lui, sono andato anche a Leeds per cercargli di dare una mano. Fra noi tanti tira e molla ma non ho nulla da ridire. È uno che sa intervenire nei momenti giusti, dopo l'esordio in panchina in Serie A mi ha chiamato al telefono e abbiamo parlato a lungo, ma su tante cose non siamo d'accordo, ognuno va per la sua strada".
Quando si ritira Festa ha alle spalle 23 anni di calcio giocato, con numeri importanti: 177 presenze e 4 reti in Serie A, 65 presenze e 2 reti in Serie B, 112 presenze e 9 reti in Premier League e 65 presenze e 3 reti in Championship.

FESTA ALLENATORE: DAL CAGLIARI ALLA GRECIA
Appesi gli scarpini al chiodo, Festa intraprende la carriera da allenatore. Gli esordi lo vedono lavorare per il Settore giovanile del Cagliari sotto la gestione di Gianfranco Matteoli. Nel 2015, dopo il passaggio della società in mano a Tommaso Giulini, corona il sogno di allenare il Cagliari in Serie A, anche se in una situazione disperata.
La squadra è in zona retrocessione e nemmeno Zola e il ritorno di Zeman sono riusciti a tirarla fuori dalle sabbie mobili della bassa classifica. Festa, che nel frattempo aveva conseguito il patentino UEFA Pro, mette anima e cuore nel suo incarico e arriva a un soffio dall'impresa: 13 punti in 7 gare non bastano però a salvare il Cagliari.
"Avevo in mano la mia carriera. - ammette - Se lo salvavo cambiava tutto e non avrei faticato a trovar squadra. Era una situazione molto difficile, con una squadra psicologicamente a terra. In 7 partite facemmo 13 punti e per poco non ce l'abbiamo fatta. Mi sarebbe piaciuto guidare la squadra dall'inizio della stagione. Ma a fine campionato mi convocarono Giulini con Capozucca, avevo capito che c'erano altri progetti. Arrivò Rastelli e fu una scelta giusta, tornarono in Serie A con una stagione straordinaria".
In precedenza, quando ancora giocava, aveva fatto anche l'imprenditore, fondando assieme all'amico d'infanzia Andrea Picciau e al compagno di squadra ai tempi del Middlesbrough Christian Karembeu l'azienda di abbigliamento sportivo A-Line, con cui fece anche da sponsor al club isolano.
"Il mio amico Picciau mi coinvolse nella produzione di abbigliamento sportivo. Siamo riusciti a creare qualcosa di importante, purtroppo però non eravamo pronti all'enorme crescita e le cose non sono andate bene, anche se l'esperienza è stata utile e mi ha insegnato che le cose bisogna sempre seguirle in prima persona. Fare l'imprenditore non è facile. Entrarono soci stranieri e le cose non andarono bene e ne paghiamo ancora le conseguenze. Ma si va avanti".
Il proseguo della carriera da tecnico, invece, lo vede guidare il Lumezzane, il Como e il Larissa in Grecia nella stagione 2018/19. Anche in questo caso riesce a farsi amare dai tifosi, tanto è vero che dopo aver ottenuto una salvezza nel massimo campionato ellenico il club lo richiama al capezzale della squadra, penultima in classifica, nel marzo 2021. Per tentare un'altra impresa disperata, non la prima che lo vede protagonista nella sua lunga avventura nel mondo del calcio. Purtroppo non ci riuscirà.
Vanta anche due esperienze, le ultime, all'Apollon Smyrnis e, l'ultima, al Lamia, conclusa a novembre 2022. Con un sogno che resta sempre nel cassetto: poter allenare per una stagione intera il suo amato Cagliari.
"Guidarlo nel 2016 in B con la possibilità di vincere il campionato e riportarlo in Serie A sarebbe stato bello. Ma anche se dovesse finire così, nel senso che non ci sarà più occasione di tornarci, sono contento e sarò sempre un grande tifoso rossoblù".