Alexis Sanchez Inter 2019-20Getty Images

Greatest Hits: Alexis Sanchez, El Niño Maravilla

Una volta Alexis Sanchez ha detto che giocare scalzo, da bambino, ha inciso sul suo stile: “Saltello perché dovevo evitare le pietre”. La sua infanzia a Tocopilla, Cile, si riflette in tutto quello che è diventato: nel suo estro e nella sua capacità di adattamento a campionati, persone e moduli. Ha iniziato a lavorare a sei anni per portare a casa qualche spicciolo: lavava auto oppure, sul ring della strada, sfidava qualche ragazzino a boxare.

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“E’ la fame che gli ha permesso di diventare un vincente”, ha detto il fratello Humberto. Il calciatore che ha giocato più partite e segnato più goal nella storia della Roja, da piccolo, era chiamato ardilla - scoiattolo - per l’agilità nell’arrampicarsi sugli alberi a recuperare i palloni. Ma quando è arrivato a Udine, nel 2008, si è portato dietro solo l’altro soprannome: Niño Maravilla. Fin da subito si è capito che non c’era nulla di eccessivo in quelle due parole.

L’operazione dell’Udinese in realtà parte da lontano: Sanchez viene segnalato da uno scout nel 2006, quando gioca nel Cobreloa. Gino Pozzo decide di lasciarlo per un altro paio di anni in Sudamerica, prima al Colo Colo e poi in Argentina, al River Plate - tra gli allenatori che ha incrociato c’è anche il Cholo Simeone.

Quando atterra in Serie A ha 18 anni, una progressione palla al piede elettrizzante e un certo gusto per l’estetica del gesto tecnico: nelle prime due stagioni all’Udinese gioca prevalentemente a destra in un attacco a tre, ma l’arrivo di Guidolin segna, per Alexis, il primo upgrade: nella stagione 2011/12 lui e Di Natale fanno 40 goal, assist dell’uno, goal dell’altro e viceversa. Senza egoismi. 

Sanchez predilige il destro - così ha segnato il 74% di tutti i goal fatti finora nei vari campionati - ma è efficace anche di sinistro e di testa, nonostante l’altezza. Quando si è visto il meglio di Sanchez, in Italia? Ci sarebbero tante partite da citare, nel Greatest Hits che trovate su Dazn ad esempio c’è un goal al Cagliari che neanche ricordavo, 70 metri di campo a velocità assurda, doppio passo a dribblare Astori che lo affronta, portiere attratto fuori dai pali e poi infilato. Però alla fine non si può non dire Palermo-Udinese 0-7, perché uno stadio avversario che ti applaude è sempre la risposta definitiva.

Alexis Sanchez UdineseGetty Images

Tocopilla-Udine-Barcellona. "Alexis mi ha rubato il cuore”, questa è la firma di Pep Guardiola sul contratto che porta Alexis in blaugrana. In tre stagione cambierà tre allenatori, vincendo una Supercoppa Europa, un Mondiale per Club e la Liga 2012/13, quella dei 100 punti e dei 115 goal fatti.

Anche se in realtà il suo contributo, in termini puramente realizzativi, è più pesante l’anno dopo, tanto da arrivare a un centimetro dal regalare al Barca la seconda Liga consecutiva, all’ultima giornata, con un goal bellissimo contro l’Atletico Madrid. Dopo 15 minuti però Godin pareggia e si prende il titolo: chissà se alla Pinetina ne hanno mai parlato.

Alexis Sanchez Neymar BarcelonaGetty

Al Barca, Alexis impara a cavarsela anche a sinistra, elemento che gli tornerà molto utile nei primi anni all’Arsenal, in attesa dell’evoluzione finale che Wenger concretizza nel 2016 mettendolo al centro dell’attacco. In quella stagione, in Premier, segna 24 goal e serve 10 assist in 38 partite ed è decisivo anche in Fa Cup, prima in semifinale contro Guardiola e poi in finale contro Conte.

Il suo passato e quello che sarebbe diventato il suo futuro, insomma. In mezzo una parentesi di soli tre goal in Premier in una stagione e mezza allo United e un allenatore, Mourinho, che lo ha bollato come “un uomo triste, se non sei felice è difficile giocare ad alti livelli”. Per motivi che non dipendono da lui, è difficile che sia questa la stagione in cui ritrovare la felicità, ammesso che Mou abbia ragione. Ma come dice Wenger, l’allenatore che l’ha conosciuto meglio di tutti, “Sanchez ti fa sempre sperare che, prima o poi, farà qualcosa di speciale. Ti prende sempre in contropiede".

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