Weston McKennie sa cosa significa avere delle responsabilità. Non solo perché a 18 anni ha lasciato il Texas e una metropoli come Dallas per trasferirsi in una città più piccola nell'ovest della Germania come Gelsenkirchen, dove lo Schalke 04 è la massima forma di intrattenimento. Il centrocampista classe 1998 gioca in Bundesliga da quattro anni e una delle doti che ha dimostrato è quella di farsi sempre trovare pronto, al posto giusto al momento giusto.
Nato a Little Elm, in Texas, una cittadina a 50 km a nord di Dallas, McKennie in realtà la Germania l'aveva già conosciuta: a cinque anni ci si era trasferito a Kaiserslautern con la famiglia a causa degli impegni militari del padre. Poi, il ritorno a casa, per unirsi all'academy dell'FC Dallas a 11 anni. Per la sua formazione calcistica, però, quei tre anni in Germania sono stati chiave. Li ha conosciuto il pallone. E lo hanno aiutato ad ambientarsi più facilmente quando ci è tornato per unirsi all'Under 19 dello Schalke. Rifiutando anche una borsa di studio alla Virginia University.
Come tanti suoi coetanei e conterranei, il texano ha dovuto scegliere tra il calcio e il football americano. In controtendenza, ha scelto il pallone. Nelle giovanili della franchigia di Dallas ha convinto tutti, giocando da centrocampista centrale a 16 anni insieme ai più grandi. Nel 2016 ha capitanato gli Stati Uniti Under 19 alla vittoria nella Slovakia Cup. E lì lo Schalke si è convinto a puntare su quel ragazzo che, da mediano, dimostrava di vedere la porta e avere un'attitudine del lavoro sopra la media.
Il suo percorso nelle giovanili del club di Gelsenkirchen è durato soltanto un anno. Nel maggio 2017 ha esordito in prima squadra e da lì non ha più lasciato andare la maglia Königsblau. Con Domenico Tedesco nella stagione 2017/18 ha giocato 22 partite, 13 delle quali da titolare, con in mezzo diversi acciacchi fisici. Lo Schalke ha concluso quella stagione al secondo posto, la migliore prima delle ultime due deludenti annate. Nelle quali, comunque, l'americano ha sempre saputo distinguersi. L'anno dopo avrebbe anche segnato un goal in Champions League, a Mosca, decisivo per battere la Lokomotiv.
Prossima partita
A causa dei frequenti problemi di infortuni che hanno assillato il club di Gelsenkirchen nelle ultime due stagioni, McKennie ha giocato da centrocampista centrale, da trequartista, da mediano davanti alla difesa, da interno. Nel centrocampo a due, a tre. Ha sostanzialmente ricoperto ogni ruolo possibile del centrocampo. In più, in un paio di occasioni ha fatto anche il terzino destro o l'attaccante, o il difensore centrale. Corsa a volontà, fiato da vendere, intensità e nessuna paura dei contrasti. In ogni posizione del campo.
“Ho già dimostrato di poter giocare sostanzialmente in ogni ruolo. Posso giocare ovunque, a parte in porta. A meno che me lo chieda il mister”.
Quando c'era un ruolo scoperto, gli allenatori si sono affidati a lui, da Tedesco a Stevens fino a Wagner. Ha sempre risposto brillantemente. Provava ad alzare il ritmo del gioco quando si abbassava, aggredendo sempre in avanti. Fisicità e dinamismo, i punti cardine. Sulla tecnica, forse, c'è ancora da lavorare, ma l'età (22 anni da compiere il 28 agosto) gioca a suo favore. In ogni caso, il vizio del goal ce l'ha, anche tra i professionisti. Con lo Schalke - quasi 100 presenze, la prima nel maggio 2017 - è già arrivato a 5 reti, mentre sono addirittura 6 quelle segnate con la nazionale.
Negli Stati Uniti è ovviamente diventato un volto noto. Non soltanto per l'amicizia con Pulisic e la rivalità tra i due nei derby tra Schalke e Dprtmund. Nello scorso maggio Kevin Garnett, leggenda del basket NBA, con un video sui propri profili social gli aveva fatto gli auguri per la ripresa della Bundesliga, con la sua maglia addosso. Per inciso, non è andata benissimo: lo Schalke post lockdown non ha mai vinto.
Ha fatto il suo esordio con Team USA nel novembre 2017 segnando al Portogallo campione d'Europa. Da lì non è più uscito dal giro. Inevitabilmente. Nella finale di Gold Cup persa contro il Messico ha anche portato la fascia di Capitano, a vent'anni. L'ha indossata anche nello Schalke: nonostante la giovane età è una delle figure chiavi in spogliatoio, insieme a giocatori più esperti come Mascarell e Stambouli (i capitani 'ufficiali').
Responsabilità, quella che si è preso anche lo scorso 30 maggio. Ha giocato contro il Werder Brema portando una fascia nera al braccio, che portava la scritta "Giustizia per George Floyd". È stato il primo sportivo a lanciare il messaggio antirazzista dopo l'assassinio di Minneapolis. In molti lo hanno seguito. L'arbitro gli ha chiesto di toglierla, lui si è rifiutato. Anche a costo di rischiare una squalifica, ha portato il messaggio. Sì, Weston McKennie sa cosa sia davvero la responsabilità.