Com'è possibile che il Real Madrid dei Galacticos, con in campo Casillas, Raul, Van Nistelrooy e Robben tra gli altri, possa perdere 4-1 contro l'Al-Nasr, una squadra composta dai migliori giocatori dell'Arabia Saudita?
È possibile se in campo c'è Majed Abdullah, di anni 50, con il numero 9 sulle spalle. Tuttavia, per comprendere quello che in realtà è l'epilogo di questa storia, bisogna partire necessariamente dall'inizio.
Innanzitutto, chi è Majed Abdullah? Parliamo della vera leggenda del calcio saudita, l'idolo del Re Fahd e di un'intera nazione che grazie a lui ha raggiunto i vertici del calcio asiatico a fine anni '80, vincendo due Coppe d'Asia con l'Arabia Saudita.
Prossima partita
Lo chiamavano il Pelè del deserto, perché come Pelè è diventato un simbolo, un'istituzione, giocando per tutta la carriera con la stessa squadra, l'Al-Nasr, con la quale ha realizzato oltre 500 goal in tutte le competizioni. Raramente ha lasciato l'Arabia Saudita e praticamente mai l'Asia, se non per disputare i Mondiali del '94 negli Stati Uniti.
Era un talento assolutamente fuori categoria per quel tipo di calcio. A 17 anni giocava già in Nazionale e a 20 aveva già vinto più trofei di qualunque altro suo connazionale. L'ultimo titolo lo ha vinto a 40 anni da protagonista, duettando con un altro simbolo al suo pari, Hristo Stoichkov, autore del goal decisivo in finale.
Ovviamente Abdullah non ha mai giocato in Europa. Non ha voluto e non ha potuto farlo allo stesso tempo. In quel periodo, infatti, la monarchia saudita impediva ai calciatori di espatriare, perché considerati dilettanti e non professionisti. Abdullah è rimasto rinchiuso in una prigione dorata, che da un lato gli ha permesso di essere immortale, quasi una divinità, ma dall'altro gli ha impedito di misurarsi con i più grandi.
Social MediaGrande alla fine lo è diventato lo stesso, ma a casa sua. Inarrivabile il suo record di goal con l'Arabia Saudita: 71 in 116 partite. Nel 1994, quando ormai aveva 36 anni e si avviava verso la fine della sua carriera, si dice che fu il principe ereditario in persona a intervenire per far inserire Abdullah nella lista dei convocati per il Mondiale. Glielo doveva, per quello che è stato e per ciò che ha rappresentato. Glielo doveva l'intera Arabia Saudita, come ringraziamento.
Una sorta di omaggio, come quello tributatogli nel 2008, per la sua partita d'addio, giocata al King Fahd Stadium, lo stadio della nazionale intitolato a Re Fahd, uno dei principali estimatori di Abdullah. Per l'occasione viene invitato addirittura il Real Madrid, che incasserà 5 milioni di dollari per l'esibizione.
Un cachet che si rifletterà inevitabilmente sulla prestazione in campo dei Galacticos che, dopo essere passati in vantaggio con Robben, ne prenderanno quattro dall'Al-Nasr. Il protagonista assoluto, la star della serata, doveva essere solo uno: Majed Abdullah. E così è stato, tra applausi, abbracci e sorrisi.
Majed Abdullah concluderà di fatto la sua carriera senza segnare, ma con la consapevolezza di essere stato l'unico calciatore a giocare a 50 anni contro il Real Madrid, vincendo 4-1. Serve altro?