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Il lato 'oscuro' di Ferguson: dalla lite con Beckham ai colpi proibiti a Ronaldo

Nella vita di un essere umano, 27 anni non sono un lasso di tempo considerevole. Discorso diverso, invece, se il riferimento si sposta alla carriera di un allenatore e, in casi del tutto eccezionali, se essa è costruita interamente o quasi attorno al nome di un unico club.

Alex Ferguson è diventato grande (e viceversa) grazie al Manchester United, esperienza difficilmente ripetibile che gli ha portato in dote anche il titolo di baronetto, con l'aggiunta dell'ambito 'Sir' davanti al nome: dal 1986 al 2013 sulla panchina dei 'Red Devils' c'era sempre lui, sinonimo di vittorie (38 trofei per l'esattezza) che l'hanno reso il tecnico più vincente della storia del calcio.

Quasi un trentennio di gioie ma anche di dolori, sia di natura pubblica che privata: impossibile, infatti, che in un periodo così lungo non accadano controversie e tutto fili liscio come l'olio, poiché il contrario sarebbe davvero anormale.

beckham ferguson 31122017Social Media

I retroscena che hanno accompagnato Ferguson durante l'epopea mancuniana sono molteplici e contrastanti, soprattutto per l'incogruenza con l'immagine da 'padre buono' (e non 'padrone') emersa negli anni in questione. Uno di questi è stato raccontato proprio dal diretto interessato nella sua autobiografia e vede protagonista David Beckham, colpito niente di meno che con uno scarpino nella parte superiore del sopracciglio sinistro.

"Tra me e lui c'era una fila di scarpe, David imprecò. Mi avvicinai a lui e presi a calci uno scarpino che lo colpì proprio sopra l'occhio. Lui naturalmente si alzò di scatto ma i compagni lo fermarono. Io gli dissi: 'Siediti, hai deluso la tua squadra. Puoi discutere quanto vuoi'. Il giorno seguente la storia era su tutti i giornali: fu allora che dissi al consiglio d'amministrazione che David doveva andarsene".

Quel gesto segnò l'inizio dei contrasti con lo 'Spice Boy' e, contemporaneamente, anche della fine della sua avventura al Manchester United: Ferguson chiese e ottenne dalla dirigenza la cessione dell'ex centrocampista, venduto a peso d'oro al Real Madrid dei 'Galacticos'. Altri dettagli di quella rottura li ha resi noti al 'Daily Mail' Tony Coton, preparatore dei portieri dello staff di Sir Alex dal 1998 al 2007.

"I giornalisti seppero dell'incidente e da quel momento (Beckham, ndr) metteva in bella mostra la ferita sul sopracciglio per farla vedere al mondo. Capii che si trattava di una mossa dei responsabili della comunicazione tesa ad incolpare Ferguson. L'allenatore era sempre disposto a sacrificare una delle sue stelle, se questo era necessario per mantenere il controllo: era il primo comandamento nel suo modo di lavorare". 

Nello spogliatoio di quel Manchester United, formato da tante primedonne, c'erano anche il discusso Roy Keane e il suo carattere forte, che andò a scontrarsi con la metodologia ordinata e attenta ai dettagli di Ferguson. Sempre Coton ha svelato il motivo che portò al divorzio con uno dei simboli della squadra nel novembre 2005.

"In estate Ferguson decise di istituire un ritiro in Portogallo e, consapevole della riduzione delle vacanze dei calciatori, ordinò che si provvedesse per l'allestimento degli alloggi riservati alle loro famiglie. Keane avrebbe preferito rimanere sulla costa e viaggiare ogni giorno per recarsi all'allenamento, poiché la villa a lui riservata non era dotata dei comfort propri di quella che avrebbe lasciato. Gli fu offerta un'altra sistemazione, rifiutata da Keane perché l'acqua della piscina era troppo fredda. Durante una grigliata, Keane volle parlare con Ferguson che però rimandò la questione. Un paio di settimane più tardi, Roy non prese parte alla tournée in Asia ufficialmente per 'problemi fisici'. In seguito fu ceduto al Celtic". 

La lista delle 'vittime' fatte da Ferguson non si limita ai soli Beckham e Keane: pure il destino di Ruud Van Nistelrooy fu segnato dopo un contrasto piuttosto netto con il tecnico, stizzito per il comportamento tenuto dall'olandese nella finale della Coppa di Lega 2005/06 vinta contro il Wigan, in cui rimase in panchina per l'intera durata dell'incontro vinto.

"Van Nistelrooy era sconvolto per non essere entrato, Ferguson fece subentrare Ronaldo, Evra e Vidic ma non lui. Così l'olandese cominciò a maledirlo. Ferguson non la prese bene ed anzi minacciò di prendere provvedimenti sussurando questa frase: 'E' finita. Nessuno può parlarmi così'. Dopo la vittoria si diresse negli spogliatoi e disse a Ruud che l'avrebbero venduto: aveva scelto il momento peggiore per esternare certe cose".

Cristiano Ronaldo Sir Alex FergusonGetty Images

Permaloso o, più semplicemente, sergente di ferro? Nel caso di Cristiano Ronaldo oseremmo avanzare il termine 'padre calcistico', colui che ha svezzato un ragazzo 18enne fino a farlo diventare la macchina da goal che conosciamo ora. Per riuscire nell'intento, Ferguson ha fatto uso di carota e bastone, alternando atteggiamenti paternalistici ad altri non proprio ortodossi, come quello descritto da Coton in queste righe.

"Ferguson diede subito a Ronaldo l'iconica maglia numero 7, facendo capire cosa pensasse di quel ragazzino. Sapeva, però, anche riconoscerne le debolezze e uno dei difetti di Cristiano era quello di cadere a terra troppo facilmente, come una bambola di peluche. Il tecnico voleva forgiarlo per renderlo più grintoso e incoraggiò i membri del suo staff ad ignorare le botte sistematiche ricevute durante gli allenamenti. Non era affatto un gioco e Ronaldo spesso non si rendeva conto di chi lo avesse colpito così duramente. Se non gli fischiavano fallo, alzava le braccia al cielo e cominciava ad imprecare in portoghese. Pian piano il 'messaggio' di Ferguson si insinuò nella mente di Ronaldo che capì".

Metodo discutibile che alla fine pagò i dividendi: il Manchester United vinse la sua terza Champions League nel 2008, trascinato da Ronaldo e dalla sua proverbiale esuberanza fisica, risultato diretto del 'bastone' che Ferguson seppe saggiamente dosare senza esagerare.

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