Se c'è un episodio, che non sia un goal, rimasto impresso e incastonato nella mente di tutti i protagonisti in campo, gli addetti ai lavori e i semplici appassionati di calcio, quello è senza dubbio il colpo di tacco di Fernando Redondo. O meglio, 'El Taconazo', una giocata che ha appena compiuto 22 anni ma è come se fosse accaduta ieri. Ogni volta che la rivedi rimani impressionato, folgorato, innamorato, come se fosse la prima volta.
La maggior parte degli eventi immortali che il calcio ricordi sono legati a un goal. La 'mano de Dios' di Maradona, lo slalom contro l'Inghilterra o la rovesciata di Cristiano Ronaldo per non andare troppo lontani. Poi ci sono gli episodi drammatici come le lacrime di Ronaldo il Fenomeno il 5 maggio o l'addio di Totti, quelli clamorosi come la testata di Zidane o il calcio volante di Cantona. Ma il gesto di Redondo è qualcosa di diverso, di estemporaneo. In quel colpo di tacco c'è tutto, non manca niente.
E' geniale, perché il solo pensarlo lo è. Non è fine a se stesso, perché porta all'assist per il goal di Raul. Ed è pure drammatico, per chi l'ha subito ovviamente, al punto da rovinargli praticamente la carriera.
"Quel colpo di tacco ha praticamente ucciso Berg" .
Il Berg in questione è Henning Berg, terzino destro norvegese del Manchester United che quel 19 aprile del 2000 diventa il primo antagonista di questa storia. E' lui che va a coprire su Redondo sulla fascia, con l'intenzione di mandarlo verso il fondo. Il Real sta vincendo 2-0 a Old Trafford dopo lo 0-0 dell'andata nei quarti di finale di Champions. E' praticamente qualificato, deve solo gestire il risultato. Per questo motivo Berg va su Redondo quasi sicuro che la sua intenzione sia quella di tenere palla, cercare una carambola, prendersi un corner.
Non ha la minima idea di quello che sta per succedere, anche perché succede in una frazione di secondo, quella necessaria a Redondo per far passare il pallone sotto le sue gambe con un colpo di tacco e andarselo a riprendere prima che finisca sul fondo, servendo il più facile degli assist per Raul che a porta vuota non può fallire il 3-0.
La partita si conclude 3-2, il Real vola in semifinale e sconfigge il Manchester United campione d'Europa in carica a Old Trafford, dove non perdeva da due anni. Al triplice fischio, però, tutti hanno in testa soltanto una cosa. Compagni di squadra, avversari, persino l'arbitro. Tutti hanno in testa il 'taconazo' di Redondo e la sua capacità di essere maledettamente elegante, nonostante di fatto faccia il mediano. Ti porta via il pallone con una carezza e poi ci vuole una preghiera per portarlo via a lui.
"Cos’ha quel giocatore nelle scarpe? Le calamite?" , il commento di Sir Alex Ferguson.
"È stata una delle giocate più belle che ho visto su un campo di calcio" , le parole di Collina, arbitro dell'incontro.
"Lo ricorderemo anche tra 100 anni", la certezza di Savio.
Di anni ne sono passati ancora solo 22, ma intanto noi siamo qui a ricordarlo e a celebrarlo. In Spagna, i lettori di 'Marca' hanno eletto il 'taconazo' di Redondo come la giocata migliore nella storia del Real Madrid. Un riconoscimento non da poco, considerando quali sono i giocatori che hanno fatto la storia del Real e quante magie hanno inventato dalle parti del Berbabeu. Ma il tacco di Redondo, beh, è il tacco di Redondo. Per dove è stato fatto, a Old Trafford, nel teatro dei sogni. Per come è stato fatto, con la fascia di capitano al braccio.
Magari se lo avesse fatto Figo, o Ronaldo, per dirne due, non saremo stati qui a parlarne con la stessa enfasi. Invece l'ha fatto Redondo, l'equilibratore, il regista e allo stesso tempo mediano, il ricamatore e allo stesso tempo interditore. Elegante ma tremendamente efficace, come il suo colpo di tacco. Silenzioso, umile e concreto, nonostante giocasse nella squadra più forte al mondo.
Berlusconi dopo quel tacco ha deciso che era arrivato il momento di portarlo al Milan, l'ultima squadra della carriera di Redondo. In rossonero ha giocato poco e niente, perseguitato dagli infortuni, ma viene ricordato ancora oggi per un altro grandissimo gesto, stavolta fuori dal campo. Quello che ha fatto Mandzukic l'aveva fatto prima proprio Redondo, scegliendo di non essere pagato per il lungo periodo nel quale non ha giocato.
La sua carriera si è conclusa troppo presto, a soli 30 anni. Ma il ricordo del suo 'taconazo' rimarrà per sempre immortale. Nella mente di chi l'ha vissuto, nella mente di chi l'ha subito. Nella mente di tutti quelli che amano il calcio.