Luis Lulu OliveiraGoal

Luís Airton Oliveira, 'Il Falco' del goal: l'infanzia in Brasile, il Belgio e la consacrazione con Cagliari e Fiorentina

"Il falco va, senza catene, fugge agli sguardi, sa che conviene. E indifferente, sorvola già tutte le accuse, boschi e città". - Gianluca Grignani, Falco a metà (1995).

Arrivato in Italia nell'estate del 1992 da semisconosciuto,  Luis Airton Oliveira, per tutti 'Lulù',  nel giro di pochi anni diventa una stella della Serie A. Attaccante forte fisicamente e tecnicamente, veloce e dai grandi mezzi atletici,  si rivelerà uno spauracchio per le difese avversarie.

Fa grandi cose al Cagliari, dove compone una coppia da sogno con il panamense Dely Valdés, e alla Fiorentina, quando è impiegato da spalla di Gabriel Omar Batistuta e diventa 'Il Falco' per la sua celebre esultanza dopo ogni goal. Rossoblù e viola saranno anche le squadre più importanti della sua carriera, oltre all'Anderlecht, la realtà belga dove è cresciuto come calciatore.

Dopo una parentesi al Bologna, sempre in Serie A, scende di categoria, rivelandosi sempre un giocatore prezioso per le squadre che negli anni decidono di puntare su di lui. Gioca e segna nelle serie minori fino a 42 anni, per poi intraprendere la carriera da allenatore.

Brasiliano naturalizzato belga, con i Diavoli Rossi è escluso a sorpresa dai Mondiali del 1994, mentre disputa l'edizione successiva del 1998.

L'INFANZIA IN BRASILE E L'APPRODO IN EUROPA

'Lulù' Oliveira nasce a São Luís, capitale dello Stato del Maranhão, regione del Nord-Est del Brasile, il 24 marzo del 1969.

"Dove sono nato - racconta per '#100Rossoblu' di Galleria Progetti al giornalista Vittorio Sanna - il freddo non esiste. C'è la pioggia, ma anche d'inverno fa 25-30 gradi, e d'estate la temperatura raggiunge i 45 °C. Sono cresciuto in una famiglia numerosa con 7 figli, 4 maschi e 3 femmine e ho vissuto l'infanzia in povertà, come accade a tante altre famiglie brasiliane. Questo per me è stato uno stimolo in più che mi ha portato ad affermarmi".

"Posso dire che mangiavo una volta al giorno: io sceglievo la cena per andare a dormire sazio. Nonostante fossimo poveri, i miei genitori mi hanno sempre insegnato il rispetto per le persone". 

Oliveira si innamora presto del calcio e ancora bambino inizia a giocare in strada con gli amici, venendo poi tesserato nelle  Giovanili della Sociedade Esportiva Tupan.

"La passione per il calcio me l'ha trasmessa mio padre, che ormai non c'è più da diverso tempo. - racconta a 'Calcio2000' nel 2013 - Lui è stato un calciatore, come calciatori erano anche uno dei miei fratelli e una delle mie sorelle". 

"Quando io ero piccolo - dice - in Brasile non esistevano le scuole calcio, il mio campo era la strada, l'unica a decidere chi sarebbe andato avanti e avrebbe fatto carriera e chi invece no. Quando poi sono entrato nelle Giovanili della Sociedade Esportiva Tupan, segnavo molti goal, così spesso venivo chiamato a completare la rosa della Prima squadra".

"A volte l'allenatore mi portava in panchina e iniziavo a prendere confidenza. Facevo 15-20 minuti, un tempo. Un giorno l'attaccante titolare si fece male, e il mister, che era stato compagno di squadra di mio padre, gli disse che mi avrebbe fatto giocare. Lui non mi svelò nulla, per non farmi innervosire. Quando ho visto la formazione, sono andato in un angolo a ringraziare Dio".

Luis Oliveira Belgium World Cup 1998Getty Images

Luis Oliveira ha soltanto 15 anni ma la sua vita sta per cambiare per sempre.

"Ho giocato bene e ho fatto doppietta. - racconta 'Lulù' - In tribuna c'era un procuratore, che era venuto a vedere la partita perché voleva portare in Europa un ragazzo, un mio compagno di squadra. Il giorno dopo davanti a casa mia si fermò un taxi. Era una cosa molto rara, dove abitavo io. Per spostarsi c'erano infatti gli asinelli, al più le carrozze. Difficilmente le auto. Dal taxi scende un signore vestito bene, in giacca e cravatta. Io in quel momento giocavo a pallone in strada con i miei amici e chiede dove abita mio padre. Uno dei miei amici mi avverte e incuriosito mi avvicino a casa. Vengo a sapere che era un procuratore e voleva portarmi via dal Brasile".

"Parla con mio papà e lascia un acconto per farmi il passaporto e comprarmi un po' di vestiti, perché non avevo assolutamente nulla. Solo pantaloncini, senza magliette e scarpe. Oltre a questo lascia la documentazione che dovevano firmare i miei genitori. Lì sorge un problema, perché mamma voleva che restassi e continuassi ad andare a scuola. Ma a me non è che piacesse molto studiare. I miei litigarono per causa mia. Avevo già il passaporto fatto e i vestiti presi, ma intanto il tempo passava".

"Un giorno mamma andò in chiesa la mattina e la sera. Tornata, mi prese da parte mentre giocavo e mi chiese dov'erano i documenti, e li firmò. Mio padre fece un urlo e ci abbracciammo tutti. Ho sempre pensato che sia stato il Signore a mettere la mano sul capo di mia madre e a dirle: 'Stai tranquilla, lascia che il ragazzo parta'. Così son potuto partire. Quando tornai in vacanza, qualche mese dopo, avevo cinquemila dollari da depositare in banca". 

"Quando arrivammo a Rio - prosegue Oliveira - ero vestito leggero con delle scarpe Superga blu che mi ero preso. Ma il procuratore mi disse: 'Andiamo a comprare la roba'. Mi prese una giacca grossa, un jeans e scarpe pesanti. 'Adesso si cambia clima: dove andiamo noi fa molto freddo e c'è la neve'. A Parigi prendiamo il treno per Bruxelles e vedevo questa cosa bianca che scendeva dal cielo. Ero un ignorante e pensavo fosse zucchero o sale".

"Arrivai in Belgio nel novembre 1985 e il ricordo nitido del gran freddo che sentivo per la prima volta. Durante il primo provino con l'Anderlecht non riuscivo nemmeno a correre da quanto ero congelato e l'allenatore delle Giovanili mi mandò ad allenarmi a Neerpede, il Centro di allenamento biancomalva, al coperto, su un campo sintetico. Dopo una settimana il procuratore andò via, e mi affidò ad un brasiliano che aveva un ristorante in Belgio. Mi prendeva dall'albergo e mi dava da mangiare da lui. Sentivo la musica brasiliana ed era bellissimo. Ma la sera, quando tornavo nella mia camera, avevo nostalgia di casa".

L'Anderlecht testa Oliveira in alcuni tornei in Spagna, Francia e Germania. Lui si mette in evidenza e viene così tesserato ufficialmente nel Settore giovanile del club.

"Siccome oltre a giocare non facevo altro e mi alzavo tardi la mattina, mi chiesero se volevo lavorare. 'Mi pagate?'. Chiesi. Loro dissero di sì, così inizialmente davo una mano ai magazzinieri del club per piegare la roba e darla ai giocatori. Poi mi dissero che serviva aiuto nel fare le pulizie allo stadio e negli spogliatoi dopo la partita del sabato. Ho fatto tutto questo senza problemi, per guadagnare qualcosa in più e portarlo a casa. Per me non è una vergogna. In campo segnavo tanto e li facevo impazzire con i miei dribbling e le mie finte".

I SUCCESSI CON L'ANDERLECHT IN BELGIO

Nonostante i problemi con la lingua (non conosce il francese) e con il clima, Oliveira riesce a farsi capire e apprezzare con il linguaggio universale del goal. Nel 1987 è aggregato alla Prima squadra e nel 1988 fa il suo debutto con la formazione belga. Gioca spesso da seconda punta o attaccante esterno, più raramente da trequartista. In 5 stagioni totalizza 96 presenze e 36 goal nel solo campionato, mettendosi anche in luce nelle coppe europee. 

Nel 1989/90 con i belgi raggiunge la finale di Coppa delle Coppe, nella quale entra negli ultimi minuti della finale persa contro la Sampdoria, e nel 1991/92 gioca regolarmente in Coppa dei Campioni (10 presenze e un goal alla Stella Rossa). Vince un campionato nella stagione 1990/91, due Coppe del Belgio e una Supercoppa nazionale.

Complessivamente le sue statistiche con i biancomalva salgono a 44 reti in 134 presenze. Nel 1992 Oliveira prende il passaporto belga e il suo nome inizia a circolare fra gli obiettivi dei club italiani. 

"Ricordo che mi voleva la Sampdoria - dice 'Lulù' - ma poi non se ne fece nulla. Un giorno il mio allenatore delle Giovanili, cui volevo un gran bene e sarò sempre riconoscente, mi disse che venivano a vedermi dalla Sardegna, dal Cagliari. E io mi chiedevo: 'Sardegna? Dov'è la Sardegna?'. In quella partita ho fatto subito goal dopo 15 minuti e abbiamo vinto 3-0".

Luis Oliveira Cagliari

IL CAGLIARI E LA CAVALCATA IN COPPA UEFA

In tribuna, a visionare Oliveira per conto della famiglia Orrù, proprietaria del Cagliari, c'è il Direttore sportivo Carmine Longo. Quando la società isolana passa nelle mani di Massimo Cellino, è l'imprenditore sardo in persona a recarsi allo Stadio Constant Vanden Stock.

"Ricordo una seconda volta di aver visto anche Cellino assieme a Longo. - rivela Oliveira - Mi disse che si trattava di lui il mio procuratore Sergio Berti. In breve tempo fu definito il mio passaggio in rossoblù".

Il Cagliari per assicurarsi il belga-brasiliano versa 6 miliardi di Lire nelle casse dell'Anderlecht. Al suo approdo nell'isola non conosce l'italiano, parla soltanto il francese, ed è il grande Enzo Francescoli a fargli da interprete con la stampa.

"Dice che arriva in una squadra giovane, che c'è un bell'ambiente e pensa che sarà bellissimo - spiega 'El Principe' ai media - Mi ha visto giocare più volte anche contro l'Argentina di Maradona e sostiene che sono un buon giocatore".

"Mi colpirono subito il mare, il sole e la gente. - ricorda 'Lulù' - Sembrava di essere tornato a casa in Brasile. I primi mesi sono stati duri, perché mentre in Belgio giocavo in una squadra che lottava per vincere trofei, il Cagliari era abituato a lottare per la salvezza. Ma in quel periodo eravamo una grande squadra e grazie all'aiuto dei miei compagni e dei tifosi sono riuscito a inserirmi bene".

All'inizio è un po' snobbato, perché ci si focalizza sulla partenza di Fonseca, passato al Napoli. Ma il giocatore di São Luís ripagherà Cellino per la fiducia accordata. Particolare è il rapporto con l'allenatore Carlo Mazzone, cui non piace il suo look eccentrico. Oliveira indossa infatti un voluminoso orecchino, e Sor Magara gli impone di toglierselo.

"Mazzone aveva la mania di urlare e mi diceva sempre di tagliarmi i capelli e di togliermi l'orecchino. Un giorno decisi di accontentarlo e me lo tolsi. Ma quella volta giocai malissimo e allora ho continuato a portarlo".

Il primo goal lo segna all'Inter il 13 settembre 1992. La prima stagione lo vede segnare 7 goal in 29 presenze in campionato, più 2 in 3 gare di Coppa Italia. Fra le sue vittime preferite ci saranno proprio i nerazzurri, il Napoli e la Juventus, grandi squadre contro le quali si esalterà spesso. A fine anno il Cagliari ottiene un 6° posto storico, che gli vale la qualificazione alla Coppa UEFA nella stagione successiva.

"Fu bellissimo, - assicura Oliveira - per noi è stato come vincere il campionato".

Cagliari 1993-94 Serie AInternet

Nel 1993/94 saluta Francescoli e Oliveira forma una coppia magica con il panamense Dely Valdés. I due 'gemelli' rossoblù segnano 25 goal in due in campionato e danno spettacolo in Europa.

"In panchina arriva Bruno Giorgi, - ricorda l'ex attaccante - un bravo allenatore che oggi non c'è più, e con lui abbiamo fatto una splendida cavalcata in Europa fino alle semifinali".  

Fra le imprese più belle compiute dal Cagliari c'è una vittoria per 3-1 in Belgio, in un campo completamente ghiacciato, contro il Malines di Preud'homme. I rossoblù, per l'occasione in divisa bianca, fanno esaltare i tanti emigrati sardi accorsi in massa allo stadio per sostenere i loro beniamini.

"Era spettacolare, sembrava di giocare in casa. - dice Oliveira - Nel Malines c'era Preud'homme, che mi parava sempre di tutto e cui non ero mai riuscito a segnare. La nostra forza si è moltiplicata. Abbiamo vinto 3-1. Ha segnato Matteoli, poi ho segnato un goal bellissimo in pallonetto ed è arrivato il 3-1 finale di Pusceddu".

Ai quarti è addirittura la Juventus di Trapattoni a cadere. Marco Sanna marca a uomo e limita Roberto Baggio, che nel ritorno di Torino sbaglia anche un calcio di rigore 'generoso' concesso dall'arbitro. Il Cagliari tiene botta e dopo la vittoria di misura in casa stende ancora la Vecchia Signora imponendosi 2-1.

"All'andata facemmo 1-0 con goal di Dely Valdés, ma al ritorno concessero alla Juventus un rigore per un fallo inesistente su Ravanelli, che per fortuna Roberto Baggio calciò sul palo. Loro inizialmente vincevano ma noi riuscimmo a pareggiare e nel secondo tempo ho segnato il goal del 2-1 finale. Passammo il turno ed è stata una festa immensa".

In semifinale c'è un altro derby, contro l'Inter. Ma dopo il successo in rimonta in casa per 3-2, il Cagliari incappa in una sconfitta netta per 3-0 al Meazza e deve dire addio al sogno di alzare la coppa.

"All'andata segnai e fu bello rimontare due goal. Pensavamo di poter vincere la Coppa UEFA, ma l'Inter al ritorno è stata più brava di noi. Anche oggi qualche tifoso mi chiede se c'eravamo venduti quella partita. Ed io rispondo: 'Che io sappia no, succede a volte di arrivare scarichi ad un appuntamento. Metto la mano sul fuoco sui miei compagni, per me non ci fu nessuna combine' ".

Gli anni in rossoblù vedono il belga-brasiliano legare molto con l'ambiente e i compagni. E non mancano gli aneddoti.

"Al magazziniere, Mario Manca, facevamo tanti scherzi. - ricorda - In aereo lui spesso si addormentava e russava, e noi gli mettavamo un filo in bocca per disturbarlo. Era bellissimo. In più, prima delle partite in casa, gli davo sempre mille Lire da sistemare sotto il centro del campo, dove c'erano gli idranti, allo Stadio Sant'Elia. Perché facevo sempre goal".

"Spesso fra compagni cenavamo insieme. - racconta ancora Lulù - E una volta con Muzzi e Pusceddu siamo andati al bar dopo cena. Muzzi era un gran tirchio. Ma quella sera aveva deciso di offrire da bere a noi e ad una tavolata nel locale. 'È impazzito', dicevo io a Pusceddu. Al momento di pagare, tira fuori 50 mila Lire e dice al cameriere: 'Tenga anche il resto'. Alla fine ho scoperto che mi aveva rubato il portafoglio e pagava con i miei soldi (ride, ndr)".

Oliveira resta al Cagliari fino alla stagione 1995/96, vivendo anche le gestioni di Tabarez, con il quale agisce da esterno in un tridente micidiale con Muzzi e Dely Valdés, e Trapattoni. Diventa un beniamino e un idolo dei tifosi.

Prima di lasciare la Sardegna nell'estate 1996 per trasferirsi alla Fiorentina di Claudio Ranieri, finisce anche al centro di alcune polemiche. Proprio in una gara interna con i viola, il 29 gennaio 1995, lanciato in contropiede, vedendosi di fronte il gigantesco portiere avversario Toldo in uscita si tuffa per evitarlo e non andargli addosso.

L'arbitro Pairetto concede però il rigore e i rossoblù vincono 2-0, fra le polemiche. Le moviole dimostrano infatti che non c'è stato contatto. Per diversi mesi Oliveira sarà tacciato di essere un simulatore e non sarà particolarmente tutelato dagli arbitri.

Nel novembre del 1995 in un Milan-Cagliari a San Siro 'Lulù' finisce a terra dopo uno scontro con Dejan Savicevic. Il montenegrino lo afferra per i capelli per tirarlo su e il belga-brasiliano in risposta gli morde un parastinco all'altezza del polpaccio.

L'attaccante del Cagliari finisce nuovamente nell'occhio del ciclone, ma risponde con i fatti sul campo e commentando l'accaduto dirà:

"Non sono mica diventato un cannibale, il mio è stato un gesto di difesa dopo che il milanista mi aveva colpito con una gomitata".

Luis Airton OliveiraGetty Images

LA FIORENTINA E IL MITO DEL 'FALCO'

Nell'estate del 1996 'Lulù', autore di ben 17 reti nella stagione precedente con la maglia rossoblù fra campionato e Coppa Italia, passa all'ambiziosa Fiorentina di Vittorio Cecchi Gori e di Claudio Ranieri, che per assicurarselo sborsa 9 miliardi di Lire più il cartellino di Giacomo Banchelli.

"A Firenze andavo a comporre un grande tridente offensivo con Rui Costa e Batistuta. - spiega Oliveira - Quella Fiorentina era una grande squadra che voleva vincere qualcosa. I primi mesi ebbi un po' di alti e bassi, ma era normale, perché a Cagliari tutti i palloni in attacco arrivavano a me, e in viola non poteva essere così. Poi però mi sono sbloccato ed è stato tutto in discesa".

Appena arrivato in forza ai toscani 'Lulù' vince anche il suo unico trofeo italiano, la Supercoppa italiana 1996, che vede i viola prevalere sul Milan. Anche a Firenze Oliveira segna e fa segnare e diventa 'Il Falco'.

"Mio padre aveva in casa dei falchi e dei galli da combattimento, e un giorno il mio compagno di squadra Sandro Cois mi chiese perché non mi inventavo un'esultanza particolare dopo aver segnato. Io ci pensai un po' e dopo aver fatto goal al Milan esultai imitando il volo del falco. Se prima quando segnavo facevo un cenno di samba, da allora dopo ogni rete esulto mimando il falco. Ancora oggi quando segno nelle partite amatoriali che gioco".

In poco più di 3 stagioni in viola (andrà via nell'ottobre 1999) l'ex Anderlecht mette insieme 26 goal in 116 presenze. 

IL CAMBIO DI RUOLO CON TRAPATTONI

Nel 1998/99 ritrova in panchina Trapattoni, e le cose non andranno benissimo. Il tecnico di Cusano Milanino gli chiede infatti di sacrificarsi per la squadra, ritagliandogli un nuovo ruolo da tornante. Il suo apporto realizzativo ne risente e Oliveira finisce per perdere il guizzo dei tempi migliori.

"Con Trapattoni ho avuto delle difficoltà, perché mi faceva giocare da esterno di centrocampo, schierando in attacco Edmundo accanto a Batistuta. Pur di giocare accettai di adattarmi. Chiudemmo il girone di andata in testa al campionato, ma a febbraio Edmundo ci lasciò per andare al Carnevale di Rio, e Batistuta s'infortunò. Allora il mister mi riportò in attacco, ma ormai, dopo esser stato utilizzato a lungo in un altro ruolo, avevo perso i movimenti...".

La Fiorentina chiude la stagione con il 3° posto finale, ma l'avventura in viola, maglia con cui inizia anche la stagione successiva, è praticamente al capolinea. E nel settembre del 1999 Lulù fa ritorno nella sua amata Sardegna.

L'ESPERIENZA COL BELGIO

Negli anni in cui è protagonista in Serie A, Oliveira gioca anche regolarmente con il Belgio, pur sentendosi fondamentalmente un brasiliano. Debutta con i Diavoli Rossi nel febbraio del 1992 trovando subito il goal in amichevole con la Tunisia, e ci resta fino al 1999, collezionando 31 presenze e 7 goal.

Nel 1994, dopo aver fatto tutte le qualificazioni, non viene però inserito dal Ct. Paul Van Himst, che pure l'aveva allenato all'Anderlecht, nella rosa dei convocati per la fase finale.

Gioca invece i Mondiali del 1998 in Francia. L'edizione è tuttavia poco fortunata per la Nazionale belga, che chiude con l'eliminazione al Primo turno dopo aver raccolto 3 pareggi contro Olanda, Messico e Corea del Sud.

IL RITORNO IN SARDEGNA E LA PARENTESI AL BOLOGNA 

Quando torna in Sardegna, nel settembre del 1999, 'Lulù' Oliveira ha 30 anni e non è al top della forma. Il Cagliari di Tabarez, che ha chiesto a Cellino di riportarlo in rossoblù, punta su di lui per conquistare la salvezza.

"Arrivai al Cagliari non al meglio - confesserà a 'Calcio2000' - perché sapendo di non essere più una prima scelta del Trap mi ero un po' lasciato andare. Ma il debutto fu comunque indimenticabile: entrai nel secondo tempo della gara in casa contro la Juventus, e perdevamo 1-0. Dopo pochi minuti dal mio ingresso in campo segnai un goal bellissimo, quasi da metà campo. Sarebbe stato il più bello della mia carriera, ma l'arbitro me l'annullò per un fuorigioco inesistente...".

Le cose per Oliveira e il Cagliari non vanno al meglio: dopo 5 sconfitte di fila Tabarez è esonerato e Cellino chiama Ulivieri, ma con il tecnico toscano alla guida la squadra isolana non riuscirà mai a risollevarsi dalle ultime posizioni e a fine anno retrocede in Serie B nonostante una rosa sulla carta valida. Contro la Reggina paga a caro prezzo l'irruenza: è espulso dopo soli 50 secondi per un brutto fallo ai danni di Pralija.

Va meglio in Coppa Italia, dove i rossoblù arrivano ancora una volta fino alle semifinali, venendo eliminati dall'Inter di Lippi dopo aver estromesso Parma e Roma. Per 'Il Falco' una stagione da soli 6 goal, 4 in campionato e 2 in Coppa Italia, per dare il suo saluto alla maglia rossoblù e avviarsi verso la seconda parte della sua carriera da calciatore. 

Nel 2000/01 passa al Bologna, ma in Emilia non trova il giusto feeling con l'ambiente e il tecnico Guidolin e non riesce a incidere: per lui soltanto un goal contro la Reggina in campionato in 19 presenze totali. 

Luis Oliveira celebrating Cagliari Serie A

CAPOCANNONIERE IN B E STELLA NELLE SERIE MINORI

Mantenendo fede al suo soprannome Oliveira negli anni Duemila inizia un lungo girovagare in varie realtà d'Italia, arricchendo il suo patrimonio calcistico. Nel 2001/02 scende in Serie B col Como, vincendo il titolo di capocannoniere del campionato con 23 reti, che contribuiscono al ritorno dei lariani in Serie A.

Non viene tuttavia confermato nella stagione successiva e si trasferisce al Catania, ancora in B. Con la Sicilia e i tifosi rossazzurri è amore a prima vista. In due stagioni 'Il Falco' vola 27 volte in 74 presenze fra campionato e Coppa Italia. Diventa capitano della squadra e idolo dei tifosi, che manda in estasi segnando una tripletta nel derby con il Messina. Ma alcuni screzi con la famiglia Gaucci fanno sì che venga messo fuori rosa nella parte conclusiva della stagione.

"A Catania ero emozionatissimo, mai vista tanta gente in aeroporto per accogliermi. - dirà Oliveira a 'contra-ataque.it' nell'aprile 2020 - Venni messo fuori rosa senza fare nulla a nessuno. Questo mi ferì molto. Avevo un contratto basato sui bonus per i goal, e ne avevo già segnati 13 quando mancavano 7 giornate alla fine. Non so se questo sia vero, ma me l'hanno riferito di recente: nel passaggio della società da Gaucci a Pulvirenti mi fecero fermare a quella cifra". 

In estate passa così al Foggia, in C1, dove resta alcuni mesi senza incidere. A gennaio va al Venezia, ultima sua esperienza in Serie B (17 presenze e 5 goal). Scende ancora di categoria, giocando in C1 con la Lucchese (20 presenze e 3 goal). Tornato in Sardegna, indossa la maglia della Nuorese in C2. Con i verdeazzurri 'Il Falco' rinasce e segna 28 goal in due stagioni, trascinando la squadra ai playoff il primo anno.

Le ultime esperienze lo vedono protagonista in Serie D con il Derthona (17 goal in 35 presenze) e nuovamente in Sardegna, nel Campionato di Eccellenza con il Muravera, la squadra del paese di cui è originaria la sua ex moglie, in cui accetta l'incarico di allenatore-giocatore. Il centro del Sarrabus gli conferisce la cittadinanza onoraria, lui ripaga a suon di goal per due stagioni, la seconda delle quali lo vede nuovamente soltanto come giocatore.

Per due volte di fila il Muravera approda ai playoff, venendo sempre eliminato in semifinale. Oliveira, con la sua immagine, contribuisce a portare la squadra in alto nel panorama del calcio sardo.

OLIVEIRA ALLENATORE E... NONNO

Ritiratosi a 42 anni compiuti alla fine della stagione 2010/11, 'Lulù' prende il patentino UEFA A nel mese di giugno. Nel marzo 2012 torna a guidare il Muravera, questa volta come capo allenatore per le ultime 4 gare stagionali e viene confermato per la stagione 2012/13, in cui conduce la squadra del Sarrabus alla vittoria della Coppa Italia di Eccellenza e la Supercoppa regionale di categoria. La Lega Nazionale Dilettanti gli conferisce anche il premio di 'Miglior allenatore d'Italia per le squadre dilettantistiche'.

Nel 2014/15 accetta la proposta della Pro Patria, in Lega Pro, ma l'esperienza è sfortunta e termina con l'esonero dopo una sola vittoria in 11 gare. Nel 2015 'Lulù' si trasferisce a Malta, per allenare il Floriana, con cui si piazza al 5° posto in campionato. Fa quindi una nuova esperienza al Muravera nel 2017/18, allenando anche suo figlio Airton, l'anno seguente torna al Floriana ma Riccardo Gaucci lo esonera dopo una vittoria e appena 8 gare.

Dopo due anni di lontananza dalla panchina, trasferitosi in Veneto per dal 2020 guida la Juniores Nazionale del Campodarsego. Nella vita privata è stato sposato due volte e ha avuto 2 figli dalla prima moglie e 3 dalla seconda. Nonostante le due relazioni siano terminate con un divorzio, 'Lulù', che si è rifatto una vita con una nuova compagna, mantiene un bel rapporto con i suoi figli e ama i suoi nipoti.

"A Muravera, la mia seconda patria, ho fatto tre figli splendidi. Ora sono diventato nonno per la terza volta di tre maschietti. - ha rivelato a '#100Rossoblu' di Galleria Progetti - Speriamo che uno di loro possa fare un giorno come Lulù 'Il Falco' ".

Nella sua carriera da calciatore ha segnato oltre 250 goal, 215 fra i professionisti. 

"Dopo quello che mi hanno annullato nel 1999 - dice - i più belli sono quelli segnati col Cagliari in mezza rovesciata contro la Fiorentina nel 1992 e in Coppa UEFA a Torino con la Juventus. A Cagliari ho vissuto i migliori momenti della mia vita".

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