Daniele Mannini Brescia Serie AGetty

Udinese-Brescia 2004: quando un errore arbitrale poteva far ripetere la gara

Un errore arbitrale che poteva costare la ripetizione di una partita. Era il 2004, il Var era ancora sponsorizzato in televisione come 'moviola in campo' ed era lontanissimo dall'essere un'ipotesi concreta. Il processo Calciopoli non aveva ancora rivoluzionato il calcio italiano. Anche se quell'Udinese-Brescia nell'inchiesta ci sarebbe comunque finito, senza conseguenze. Era il 26 settembre 2004, al Friuli le Rondinelle vinsero 1-2 una delle partite più contestate di quegli anni.

A decidere quella partita fu un goal del giovane Daniele Mannini, ventunenne del Brescia che aveva esordito in Serie A giusto un paio di settimane prima contro la Juventus (tornato alla ribalta nel 2022 per il curioso ingaggio dovuto ad una passeggiata con il cane). Dopo il rigore di Andrea Caracciolo e il pareggio di Di Michele, al 32' il classe 1983 si involò verso la porta sguarnita per appoggiare in rete il suo primo goal in Serie A. Che scatenò una rissa feroce. Il motivo: la sua azione in campo aperto e a porta vuota nasce da uno scontro tra Giuseppe Sculli, attaccante del Brescia, e Morgan De Sanctis, portiere dell'Udinese, che rimase a terra tramortito dallo scontro. L'arbitro Antonio Dattilo di Locri non ravvisò alcun fallo, così i lombardi portarono a termine l'azione tra le proteste dei padroni di casa.

Ne nacque una rissa feroce, che coinvolse tutti i giocatori in campo. Anche diversi panchinari entrarono in campo per far valere la loro voce. Compreso l'allenatore del Brescia, Gianni De Biasi, che andò a parlare con Dattilo e poi finì in un bollente faccia a faccia con Jankulovski. Entrambi espulsi. II tecnico nel dopo-gara si sarebbe giustificato dicendo di aver reagito a un insulto.

“Dopo il parapiglia ero entrato in campo per sedare gli animi e sono arrivato fino a Dattilo. Poi ‘qualcuno' mi ha insultato e io ho risposto. Per tutta risposta mi sono trovato espulso”.

Dopo cinque minuti di tensione, l'arbitro riuscì a sedare gli animi e far riprendere il gioco, con De Sanctis che aveva ripreso il suo posto tra i pali. A fine partita il portiere rivelò che anche lo stesso Sculli aveva ammesso di avergli fatto fallo.

“Non stavo facendo la scena per perdere tempo e far fermare l'azione, avevo preso una grossa botta sulla schiena e non potevo riuscivo a muovermi. Stavo a terra da 10 secondi e l'arbitro se ne doveva accorgere o quantomeno i giocatori del Brescia dovevano fermarsi. Sculli mi ha confessato di aver fatto fallo e che non capiva perchè il direttore di gara non intervenisse”.

Nelle ore successive, l’Udinese presentò un reclamo ufficiale chiedendo la ripetizione della partita. I designatori Pairetto e Bergamo avevano ammesso l’errore. Giampaolo Pozzo, patron dei friulani, utilizzò parole dure per descrivere l'episodio.

"Chiederemo di far rigiocare la gara. In quarant’anni che seguo il calcio non mi era mai capitato di assistere ad un episodio simile. Basterebbe che l’arbitro riconoscesse l’errore tecnico e ci sarebbero i presupposti perché la gara possa essere rigiocata".

Dattilo, però, non riconobbe alcun errore. Il Giudice Sportivo decise di respingere il ricorso perché l’arbitro in un supplemento di rapporto mostrò la piena padronanza dell’episodio.

"Dalla mia posizione non ho rilevato alcun fallo, non ritenendo il portiere infortunato e, tenuto conto della velocità con la quale l'azione si è si svolta, ho concesso la rete”.

Nonostante la partita non sia mai stata rigiocata, a fine stagione l'Udinese sarebbe approdato in Champions League, mentre il Brescia sarebbe retrocesso in Serie B. Il match è anche finito tra le gare incriminate del processo Calciopoli, perché oggetto di commenti di Moggi e Giraudo in un’intercettazione. Nessuna delle due squadre subì penalizzazioni. L’arbitro Dattilo, invece, venne inizialmente condannato in primo e secondo grado per associazione a delinquere e frode sportiva. Nel 2015 è stato assolto.

Inoltre, quella partita partita costò a De Biasi la panchina dell'Udinese l'estate successiva. Fu proprio quell'episodio ad allontanarlo: la dirigenza scelse Cosmi per sostituire Spalletti. Ci sarebbe comunque arrivato nel 2009. E diede la sua versione dei fatti, affermando di essersi sempre pentito di quel momento.

“È nel mio carattere difendere sempre all’ennesima potenza i miei giocatori e lo feci anche quella volta. Mi resi conto della scorrettezza e la cosa si poteva risolvere sul campo tra i giocatori, ma fui espulso. Mi sono portato sulle spalle il peso di quell’episodio e ne ho pagato anche le conseguenze, perché io a Udine non ho mai potuto tornare a testa alta. Forse quattro anni fa fu decisivo per il mio mancato arrivo. Non sono mai stato il tipo che usa dei questi mezzucci per arrivare all’obiettivo, ma la frittata, ormai, era fatta. Tornassi indietro agirei in maniera diversa da subito”.

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