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Zambrotta, Lippi e l'intuizione vincente: uno dei migliori terzini d'Europa

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"Tutto è partito da lì. Con i vari accorgimenti del mister e con tanto impegno in allenamento per migliorare in un ruolo che non era il mio, le cose sono migliorate giorno dopo giorno. Io ho sempre giocato sulla fascia e questa è una cosa che sapevo fare, il discorso era applicarsi soprattutto sulla fase difensiva e sul fatto di dover calciare soprattutto con un piede, il sinistro, che non era il mio. Ho cercato di lavorare tanto, come fa chiunque voglia migliorare e in allenamento cerca di applicarsi con il massimo impegno".

L'8 dicembre 2002 la Juventus scende in campo a Brescia. Il risultato non sorride ai bianconeri, che perdono 2-0 con goal di Schopp e Igli Tare, ma la partita del 'Rigamonti' segna il vero inizio della carriera di quello che diventerà uno dei terzini più forti d'Europa: Gianluca Zambrotta. Arrivato a Torino dal Bari come esterno offensivo, inizialmente viene schierato da Ancelotti a tutta fascia sulla destra. L'intuizione vincente invece sarà di Lippi, il tecnico insieme al quale Zambrotta qualche anno dopo salirà pure sul tetto del mondo. Ovviamente da terzino sinistro.

Nato e cresciuto sul lago di Como, Zambrotta inizia a tirare i primi calci al pallone mentre frequenta le scuole tessili. A lanciarlo in Serie B appena diciottenne è Marco Tardelli, allora allenatore della squadra lombarda. Subentra a un quarto d'ora dalla fine al posto dello storico capitano Ferrigno. Il suo Como batte 2-0 il Cesena ma in pochi quel pomeriggio possono solo immaginare che il ragazzino un giorno vestirà le prestigiose maglie di Juventus, Barcellona e Milan.

Anche perché il Como al termine della stagione retrocede in Serie C. Zambrotta resta sulle rive del lago di casa altri due anni, diventando presto un titolare inamovibile. Nel 1996/97 mette insieme 37 presenze con 4 goal e tre assist tanto da attirare le attenzioni di alcuni club di Serie A. Alla fine a spuntarla è il Bari. Il giovane esterno in Puglia cresce velocemente: 27 presenze il primo anno, addirittura 32 il secondo. Zambrotta segna, ma soprattutto corre avanti e indietro sulla fascia. Uno stantuffo instancabile che conquista tutti.

LA JUVE, IL CAMBIO DI RUOLO, CALCIOPOLI

La prima convocazione in Nazionale maggiore arriva il 10 febbraio 1999, quando l'allora CT Dino Zoff lo chiama per l’amichevole Italia-Norvegia. In estate poi arriva un'altra chiamata. Una di quelle che ti cambiano la carriera e la vita. A bussare alle porte di Zambrotta è la Juventus, che versa 27 miliardi di vecchie lire nelle casse del Bari. Gli inizi non sono facilissimi. Schierato come centrocampista esterno, Zambrotta alterna buone prestazioni ad altre meno buone. La prima stagione in bianconero si chiude sotto il diluvio di Perugia, dove la Juventus perde uno Scudetto che sembrava già vinto e di fatto saluta Ancelotti. In panchina torna Marcello Lippi, tecnico che a Torino ha già vinto tutto.

Zambrotta conquista molto presto il nuovo allenatore, viene schierato da mezzala e vince il primo di due Scudetti consecutivi. Nell'estate del 2002 però la Juve acquista Mauro German Camoranesi, giocatore che sulla carta ricopre il suo stesso ruolo e rischia di sfilargli la maglia da titolare. A trovare la soluzione giusta è Marcello Lippi, che cambia posizione a Zambrotta regalandogli una seconda vita calcistica.

"Mi ritrovai con un piacevolissimo problema: due grandi calciatori per un ruolo. Proposi a Gianluca di provare a giocare difensore esterno a sinistra, dicendogli che a mio parere aveva le caratteristiche perfette. In poco tempo calciava e crossava quasi meglio di sinistro che di destro".

Zambrotta di fatto si trasforma così in un jolly utilissimo, capace di giocare in più zone del campo assicurando sempre un rendimento altissimo.

"Non ho problemi particolari, mi adatto a tutto, ma fare parte di una difesa non è semplice. Bisogna muoversi in sintonia con i compagni, accorciare gli spazi, scalare le posizioni. Tutto più difficile, bisogna essere attenti e concentrati, ci sono più responsabilità perché uno sbaglio in difesa può anche essere fatale".

Schierato indiffendemente sia a destra che a sinistra, migliora sensibilmente anche in fase difensiva. I complimenti intanto si sprecano, tanto che qualcuno lo paragona addirittura a Roberto Carlos

"Mi fa un po’ strano sentire il mio nome vicino al suo. Lui ha caratteristiche diverse dalle mie e non voglio paragonarmi a lui. È sicuramente una cosa che fa enormemente piacere, che mi gratifica, ma io voglio cercare di essere me stesso senza confrontarmi con altri".

Rispetto al brasiliano Zambrotta ha un tiro decisamente meno letale ma nel 2003, dopo la finale di Champions League tutta italiana persa contro il Milan, viene addirittura inserito tra i candidati per il Pallone d'Oro, vinto poi dal compagno di squadra Nedved.

"Devo dire che non me l’aspettavo. Quando hanno diramato l’elenco, ero a cena con Di Vaio ed ho appreso la notizia dalla televisione. La prima reazione è stata quella di chiedermi se ero proprio io quello Zambrotta che avevano nominato! È decisamente una bella sensazione e resterà un’enorme soddisfazione personale, anche se alla fine non dovessi riuscire a prendere neppure un voto".

Nell'estate del 2004 la Juventus cambia ancora, salutato Lippi sulla panchina arriva a sorpresa Fabio Capello. Sarà un altro biennio di successi, cancellati poi dallo scandalo di Calciopoli che segna anche la fine della storia di Zambrotta in bianconero. Un addio amaro e non senza polemiche.

"Mi hanno dato del traditore, ma quello davvero tradito sono io , anzi tutti noi che abbiamo sempre dato il massimo, in allenamento e in partita, e adesso ci troviamo con due scudetti in meno per colpe non nostre. Sì, sono tradito e deluso. Anche dalla nuova società, che non mi ha mai chiamato, non mi ha mai fatto capire di voler puntare su di me. Ci fu rammarico, perché nessuno venne a chiedermi di rinnovare il contratto, ritenevano che non servissi per ritornare in A. Io avrei preso in considerazione una permanenza, poi ho fatto le mie scelte e la cosa migliore era andare all’estero. E che lo dicano: con i soldi che ha preso dalle nostre cessioni, la Juve ha risanato molti debiti. Abbiamo dato una grande mano alla società".

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BARCELLONA, MILAN E L'ADDIO AL CALCIO

Zambrotta, reduce dal trionfo a Germania 2006, sceglie il Barcellona dove si trasferisce insieme al compagno Lilian Thuram. In blaugrana resta due anni, colleziona 85 presenze giocando insieme a campioni del calibro di Xavi, Iniesta, Ronaldinho, Eto'o e Messi ma vince solo una Supercoppa di Spagna prima di rientrare in Italia per vestire la maglia del Milan. In rossonero ritrova Carlo Ancelotti, suo primo tecnico alla Juventus. Ma dietro il prematuro addio al Barça si celano anche ragioni familiari.

"Giocavo nel Barcellona e avevo ancora due anni di contratto. Ma avevo dei problemi con Valentina, mia moglie, che aveva lasciato tutto per seguirmi e vivendo isolata, in una città non sua, era caduta in depressione. Così, avendo un'offerta da parte di un grande club ho colto l'occasione per tornare in Italia".

Gli anni al Milan gli regaleranno un altro Scudetto e una Supercoppa Italiana nel 2011, ma i tempi d'oro sono ormai lontani. Nel 2012, alla naturale scadenza del contratto con i rossoneri, resta senza squadra così nel 2013 accetta l'offerta del Chiasso dove ricopre il doppio ruolo di giocatore e vice-allenatore prima di intraprendere la nuova carriera da tecnico, sempre col Chiasso.

Poi un paio di avventure in giro per il mondo: prima in Cina sulla panchina del Delhi Dynamos insieme all'ex compagno Simone Barone, quindi allo Jiangsu Suning come collaboratore del suo ex tecnico Fabio Capello. Zambrotta è tornato in Italia come consigliere federale scelto dall'Associazione Italiana Calciatori, inoltre è stato nominato ambasciatore di Euro 2020, competizione che poi gli Azzurri vinceranno.

LA DELUSIONE DI EURO 2000 E IL TRIONFO A GERMANIA 2006

Dopo il debutto del 1999, Zambrotta entra in pianta stabile nel giro della Nazionale con cui partecipa a tre Europei e tre Mondiali tra tanti dolori e una grandissima gioia, ovvero il trionfo nella notte di Berlino del 2006. Zambrotta è uno degli assoluti protagonisti di quella splendida cavalcata e realizza anche un goal nei quarti di finale contro l'Ucraina. Una bella rivincita dopo le delusioni vissute in azzurro.

"Con la Nazionale non sono mai stato fortunato, soprattutto nelle grandi manifestazioni. Nel 2000, a Sydney, con la Nazionale olimpica, mi sono infortunato al menisco. Agli Europei in Olanda e Belgio ho dovuto saltare la finale a causa di una squalifica e ai Mondiali del 2002 mi sono procurato uno strappo nella gara con la Corea. La conquista della Coppa del Mondo del 2006 ha rappresentato l’apice, è la cosa più difficile in assoluto, è più dura rispetto anche rispetto alla Champions. La delusione più grande è stata proprio perdere la Coppa dei Campioni in finale”.

Altre delusioni arriveranno anche in Nazionale, con l'eliminazione al primo turno sia agli Europei del 2008 che ai Mondiali 2010. Il trionfo in Germania però resterà la pagina più bella della carriera di Gianluca Zambrotta. Semplicemente uno dei terzini più forti d'Europa.

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